21 - Redemption

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Quella villa era la più grande della zona e si trovava sulla curva tra Norwood Park e Norwood Gardens. Le mura rossicce, le tegole ampie, spiccava tra tutte. Eppure, a detta di Randy era comunque diversa da quella dei Graham.

Entrando dopo Simon Burke, si trascinò dietro la valigia contenente i propri vestiti e si guardò attorno con fare circospetto. Poi si fermò nell'ingresso costellato di fiori freschi, si specchiò lungo le pareti di destra e di sinistra e storse le labbra, considerando quell'arredamento una tanto tetra quanto moderna trasposizione di Versailles.

Non emise un fiato, ma arricciò il naso, infastidito dall'odore dei petali e osservò i suoi doppi fare altrettanto. Si rendeva conto di essere il solo a trovare strana tutta quell'opulenza, anche perché Gabriel continuava a comportarsi come niente fosse.

Lanciò un'occhiata fugace nella sua direzione e lo vide gesticolare, sorridere, attaccare il proprio cappotto vicino alla porta d'ingresso. Così deglutì.

Fu allora che notò Simon indirizzarsi verso il piano di sopra con un debole:

«Seguimi».

Rimase senza parole. Aprì e chiuse la bocca come un pesce, aggrottando le sopracciglia. «Spero che dopo mi farai vedere dov'è il bagno, perlomeno» sbuffò.

E lui ridacchiò, disse: «Certo, lo farò più tardi, non preoccuparti». Gli fece un cenno con la mano per essere seguito, poi mosse qualche passo lungo le scale. «È solo che al momento devo lavorare con Gabriel.» Fece spallucce, precedendolo. «Non c'è alcuna necessità che tu sia presente.»

Avrebbe voluto afferrarlo per il collo e buttarlo giù dalla rampa, tuttavia si limitò a stargli dietro. «Immagino che io non possa essere presente fin quando non venga esplicitamente chiamato» borbottò, abbassando di poco le palpebre e osservandolo attraverso le ciglia rossicce.

«Esattamente» annuì. Poi, raggiunto il primo piano, gesticolò e si voltò a guardarlo. «È meglio così, Randy. Dopotutto hai accettato di trasferirti per non essere d'intralcio a Gabriel, dico bene?»

«Dici bene» confermò a mezza bocca, sentendo quelle parole pesargli sulla punta della lingua.

Sollevò il mento in segno di sfida, fermo a un paio di gradini di distanza, e afferrò i manici della valigia con entrambe le mani. Corrugò la fronte, infine si mosse in avanti e fece battere i tacchi sul legno.

Arrivato di fronte a lui, la posò in terra, a un passo dalle sue scarpe, e chiese: «Qual è la mia stanza?».

Simon sollevò una mano per indicargli la seconda porta sulla destra e non si scomodò neppure a raggiungerla di persona. Disse: «Prego, Randy Morgan, è tutta tua».

Sentendosi chiamare in quel modo, con nome e cognome, roteò gli occhi infastidito. Sapeva bene che si trattasse di un riferimento al famoso R.M. di cui Gabriel non aveva scritto una sola parola, ma se lo tenne per sé e, mordendosi la lingua, afferrò la valigia per poi avanzare verso la stanza con passo fermo.

«Grazie mille» sbuffò. Fece per passargli accanto quando si trovò la strada sbarrata dal suo braccio teso e strabuzzò gli occhi, aggrottò di nuovo le sopracciglia, lo fulminò con lo sguardo. «Cosa c'è adesso?»

«Sono serio, non scendere» sibilò. «Non ti dirò tutto ciò che generalmente si dice a un ospite, Randy Morgan: questa non è casa tua.»

«Che paura» mormorò ironico, accennando un ghigno con fare strafottente. Restrinse perfino lo sguardo e fece spallucce. «Se può tranquillizzarti, non ho comunque intenzione di farlo.» Sollevò di poco la valigia e disse: «Devo mettere i miei vestiti nell'armadio, detesto le pieghe.»

Invisibile (fake)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora