Testa china e occhi spenti, gambe all'altezza dello stomaco e mento appoggiato sulle ginocchia.
Battito irregolare e un leggero tremolio alle mani.
Ero in un angolo remoto della mia stanza, cercando di farmi il più piccola possibile, non volevo che mi vedesse."Anika, dove sei?" Sentivo i passi farsi pian piano più vicini e il battito del cuore aumentava.
"Anika diamine, arriveremo in ritardo" non mi importava, io non ci volevo andare.
Cercai di farmi sempre più piccola.La maniglia della mia stanzetta rosa Barbie si abbassò e una donna dai lunghi capelli castani, con un abito a fiori fece capolineo guardandosi attorno.
Quando mi vide incrociò le braccia al petto "Anika, dobbiamo andare!" Fece per venirmi in contro ma io iniziai a scuotere il capo in segno che non volevo andare.
Una lacrima solitaria iniziò a rigarmi il viso fino a scendere alle labbra, e sentii con la punta della lingua quanto fosse salata.
"Per favore, non hai più cinque anni!" Mi implorò mia mamma.
Con il palmo della mano asciugai la lacrima che mi solleticava la guancia.
Il mio corpicino esile si alzò in piedi, e mia mamma rilasciò un sospiro di sollievo.
La guardai truce, non volevo andare a scuola.
Non volevo che i miei compagni mi prendessero di nuovo in giro, o che mi rubassero la merenda.Facevo prima media, e nel giro di due mesi avevo perso 8 kg, non mi piaceva mangiare, non più. Perché volevo essere accettata anche io.
Mi incamminai verso la porta a testa bassa per poi uscire dalla mia stanzetta con mia mamma dietro.
"Ti passo a prendere io sta sera, va bene?" Mia mamma si mise alla mia altezza e mi sistemò le trecce.
"N-Non voglio" piagnucolai.
Perché si ostinavano a mandarmi a scuola? Io non volevo. Io avevo paura.
"Ma Anika, non puoi non andare a scuola!" Si che posso.
Sin dall'elementari mi hanno presa in giro.
Dicevano che ero troppo robusta, e che non potevo giocare con loro, così stavo sempre in un angolo a guardare gli altri divertirsi.Mi ricattavano con cose della serie 'se domani non ci porti le caramelle ti faremo passare i peggiori anni della tua vita' così io puntualmente il giorno dopo mi presentavo con tantissime caramelle, senza mangiarne neanche una.
Quando tornavo casa mamma e papà mi chiedevano dove avevo messo tutte quelle caramelle, e io puntualmente ogni volta dovevo mentire.Come potevano dei bambini avere così tanta cattiveria in corpo? Non lo so, eppure io non avevo mai fatto nulla di male.
Ho sempre desiderato condividere i miei giochi con gli altri bambini, anzichè rubarmeli per poi romperli.'Non puoi giocare tu!' Dicevano, e io mi chiedevo il motivo. Cosa avessi fatto di male.
Andando avanti con gli anni era sempre la stessa storia, ormai ero in terza media, ma io continuavo a essere sola.
'devo farmi accettare' mi dicevo.andai in bagno per vomitare i miei pensieri e il mio dolore.
Così misi di nuovo, l'indice e il medio in gola, fino a farmi salire il vomito, e vomitai il cibo precedentemente mangiato.
La testa iniziò a girarmi così mi appoggiai al muro.
Io non sono così, io non voglio essere così, ma devo, o le persone non mi accetteranno mai.
In un istante le lacrime iniziarono a rigarmi il viso.
Cos'ho che non va?
Perché qualsiasi cosa io faccia non va mai bene?Andando avanti con il tempo, gli insulti e le prese in giro diventavano sempre più pesanti.
'Cessa'
'Tua mamma avrebbe dovuto abortire'
'Sei inutile'
'Fossi tuo padre ti rinnegherei come figlia'Non capisco perché c'è così tanto accanimento nell'insultarmi,
Sono la più debole, sono la più fragile, e loro se ne approfittano.Non ho mai parlato di tutto questo ai miei genitori, sto passando momenti critici anche in casa, e non voglio sentirmi anche io un peso.
Hanno già tanti problemi per la testa,non posso esserne uno anche io.L'unica mia salvezza era mia sorella Iris, mi difendeva sempre da tutto e tutti, ma nell'ultimo periodo, anche lei si stava allontanando da me, lasciandomi nel mio tunnel di paure, di insicurezze.
Mi alzai dal pavimento freddo e guardai la mia figura allo specchio.
Gli occhi color verde ormai rossi per via dello sforzo di vomito e le lacrime, i capelli lunghi e castani un po' spettinati, che scendevano lungo i miei fianchi e un enorme vuoto dentro me.
Forse avevano ragione, forse non valevo nulla, forse dovevo farla finita qua.
Ormai non mangiavo più, e quando lo facevo, subito dopo andavo a vomitare il tutto.
Lo faccio perché vorrei essere accetata, vorrei andare in giro senza avere il terrore di essere presa in giro, vorrei essere una adolescente normale, ecco tutto.
Non mi sento bene in mezzo alle persone, mi sento sempre inferiore agli altri.
Mi sento come se la terra da sotto ai piedi fosse mancata.
Come se fossi sotto tante macerie, da sola, il dolore è tanto, ma so che devo riuscire ad uscirne o le macerie mi schiacceranno fino al punto di uccidermi.Mia mamma ha intuito qualcosa in tutto ciò, è tanto preoccuopata, però mi limito a dire che sono solo un po' stanca per via della scuola.
Lo vedo il suo sguardo quando guarda il mio esile corpo, ormai stremato.
Mi prega con lo sguardo di raccontarle cosa succede, e io un po' per la paura di sentirmi un peso, non proferisco parola.Mi sta accanto pur non sapendo cosa succede, mi sta accanto nonostante in casa ci siano tanti altri problemi.
Una volta le chiesi se si fosse mai sentita sbagliata, o se qualcuno glielo avesse fatto credere.
Mi rispose di si, ma che quel periodo non durò molto, perché sua mamma, nonché mia nonna le diceva sempre una frase:"Siamo sicuri che sei tu ad essere sbagliata, o sono le persone che ti circondano che te lo fanno credere?"
E mia mamma con questa frase capì molte cose, facendosi forza e andando avanti.
Quello che penso ora è che non ne vale la pena andare avanti, ma ho una vita e devo lottare.
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Il contrario dell'amore
RomanceOcchi profondi come l'abisso, che ti fanno battere il cuore alla velocità della luce, e allo stesso modo te lo fanno cessare. Un miscuglio di mistero, casini e follie. Steven è un imprevisto continuo, tu non saprai mai come comportarti con lui, lui...