Passarono un paio di giorni. Avevo fatto sapere a mia madre che stavo bene – perlomeno fisicamente – tramite la mia migliore amica. Mi chiamava a tutte le ore del giorno, ma non osavo premere il tastino verde. Finché una mattina decisi di tornare a casa, non perché mi mancasse o ne avessi la voglia, ma per il semplice motivo che non volevo dare ulteriore disturbo a Harry, sebbene lui si dimostrasse più che disponibile.
Come aprii il cancello di casa mi venne come un senso di nausea. Suonai il campanello e quando mia madre aprì la precedetti prima che mi gridasse contro tutti i problemi che le avevo causato e risposi alle domande che sicuramente mi avrebbe posto: «Non ti ho risposto perché non avevo nulla da dirti. Sapere che sono viva e vegeta ti dovrebbe bastare, no?», dissi entrando in casa e togliendomi le scarpe. Poi la guardai in faccia: «Sono tornata per restare. Ma se non vuoi accettare che adesso il mio cuore appartiene ad un ragazzo che non è Jake, mandami via tu.»
Lessi nel suo sguardo ancora una volta un immenso malumore, un sentimento amaro, ma iniziavo a non farci più troppo caso. Rimase inerme davanti alla porta, mentre io mi dirigevo verso le scale.
Ero tranquilla, o meglio, stremata da quel lungo pianto di pochi giorni prima. Avevo davvero sofferto abbastanza.
Quel giorno io e Harry saremo andati a fare un giro a Chester, tanto per distrarsi un po' da quell'enorme casino. Ci demmo appuntamento non lontano da casa mia. Mi aspettava appoggiato al cruscotto della sua auto scura, a braccia conserte; lo trovai incredibilmente attraente. Gli andai in contro, mi abbracciò e mi baciò sulla fronte.
«Come l'ha presa?», domandò mentre metteva in moto la macchina.
«Posso soltanto immaginarlo. Non ha detto una parola.»
Sdrammatizzò: «Non l'ha fatto o gliel'hai impedito?»
Sorrisi: «Direi la seconda.»
Durante il viaggio ascoltammo canzoni come Treasure di Bruno Mars, di quelle che non ti fanno pensare alle cose negative, che ti liberano la mente. Cantavo a squarcia gola e salutavo i passanti fuori dal finestrino, davanti all'espressione divertita di Harry, che probabilmente era più stupito di quanto lo fossi io di me stessa. Ero rinata, quell'esperienza mi aveva insegnato molto, ad andare avanti per la strada della felicità, superando ogni ostacolo.
Quando arrivammo un paparazzo ci venne in contro. Invece di evitarlo come avevo fatto tutte le volte prima, mi ero messa in posa affianco a Harry sorridendo.
Mano nella mano percorremmo le vie di Chester, guardandoci intorno, salutando le persone che guardando Harry bisbigliavano cose come: «E' lui, Harry Styles. E quella dev'essere la sua ragazza, sì.»
«Shopping?», propose, dando un'occhiata ad un negozio che non sembrava proprio alla mia portata in termini di denaro.
Mi avvicinai alla vetrina e contemplai quei modelli unici. Ma poi quando lessi il prezzo mi girò la testa: «Ehm... Io non ho tutti questi soldi, Harry.», ammisi imbarazzata.
Rise, sembrava divertirsi.
«Cosa vuoi te? Io mica sono una One Direction.», mimai le ultime due parole.
«Credi davvero che io ti porti a fare shopping facendoti pagare? Sei la mia ragazza adesso.», disse prendendomi per mano e conducendomi all'interno del negozio. Amavo quando mi faceva sentire così sua.
Appena lo vide la commessa esclamò: «Harry Styles?»
«Ciao.», la salutò con un gesto della mano.
«Posso aiutarvi in qualche modo?», disse anche se in verità intendeva “Posso aiutarti?”.
«Diamo solo un'occhiata, grazie.», mi sforzai di non risponderle male.
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Rebirth † || h.s
FanficTratto da un capitolo : "Lui mi scrutò, guardandomi dalla testa ai piedi: «Becky Greene?». Mi chiesi come fosse possibile che sapesse il mio nome. «Sarebbe ridicolo se ti chiedessi se sei Harry Styles.», feci una risatina isterica. Anche lui rise:...