Lava me ab iniquitate mea

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E mentre il mio animo riverberava l'auspicio di poter scrivere tutto quanto mi fosse insinuato negli orecchi, le palpebre mi tradirono, ed iniziarono a farsi sempre più pesanti: lentamente caddi fra le braccia di Morfeo. 

Nel sonno ebbi un'esperienza onirica come mai prima d'allora, e la sua flebile voce da Virgilio non terminò mai d'accompagnarmi. 

Mi trovai a fluttuare in cielo, a temperature siderali ma che non avvertivo; riuscivo solo a vedere vividamente i pori della mia pelle cristallizzarsi a poco a poco, formando piccoli strati di ghiaccio tutt'attorno alle braccia, alle mani; questo era ciò che mi faceva pensare ad un'atmosfera raggelante, ma personalmente non percepii in me alcun simulacro. Quelle mani poi parevano non essere le mie, bensì più minute. Si chiudevano in un pugno morbido e le loro carni mi parevano duttili e tenere, molto più di quanto fossi abituato. Del mio corpo vidi solo quelle, poiché ero estasiato da ciò che mi si manifestava dinanzi: il cielo era dipinto di un ceruleo corallo, che sullo zenit andava ad intorbidirsi tanto da sembrare un gorgo oceanico. Sopra la mia testa, lontane, si stagliavano ampie distese di cirri dall'aspetto setoso, mentre sotto di me, altrettanto distanti, torreggiavano gargantueschi costoni di montagne bianche, nubi tanto grandi che il solo osservarle destava in me forte inquietudine.

La voce intanto mi parlava, e mi bisbigliava di cose al di là rispetto il comune orizzonte di bene e male. Le ricordo vagamente, e cerco di riportarle nel modo quanto più verosimile qui di seguito: 

"Voi conoscete dello spirito solo le scintille: 

ma non avete occhi per quell'incudine ch'è lo spirito,

 e nemmeno per la crudeltà del suo maglio. 


Non vi mostrerò la sua Volontà, 

giacché essa è l'elemento assolutamente più infimo di ogni essere umano: 

solo io posso vederlo. 

Gli uomini lo nascondono più di quanto essi non nascondano i propri genitali, 

a tal punto che si può dire 

molti di voi non sappiano dove allignano le radici dell' Essere proprio. 


Voi conoscete solamente l'orgoglio del vostro spirito, 

e così non sareste capace di sopportare le intime sue afflizioni. 

Voi non siete aquila: e chi non ha ali non deve mettersi al di sopra degli abissi. 


Voi vi riducete ad agognare bellissime danze e suoni d'estasi, 

e queste visioni paiono consolarvi. 

Avete chiesto più volte di unirvi ai suoi affanni supremi ed inespressi. Occorre allora che io saldi il mio debito..."

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