Capitolo VI

50 5 0
                                    

Carlo ha trovato casa, pomeriggio si trasferisce. Un po' mi dispiace, con la sua presenza in casa non ho avuto tempo di pensare neanche un po', non ho avuto tempo di essere triste.

Oggi ho lezione e devo sbrigarmi se non voglio arrivare tardi, non voglio fare una cattiva impressione già all'inizio. Prendo una fetta biscottata al volo, integrale ovviamente, devo tenermi in linea, e scappo. Prendo la metro, c'è un guasto. Cazzo, questo proprio non ci voleva. Arriverò tardi sicuro, e nel frattempo cerco di pensare a una scusa che possa ancora salvarmi dal fare una cattiva impressione.

Arrivo in facoltà con mezz'ora di ritardo, sospiro, non ha senso entrare, mi sa che oggi ho perso la lezione. Ho il fiato corto e mi siedo un po' su una panchina per riprendere il respiro. "Non dovevo mettere i tacchi" penso, "sarei stata più veloce ad arrivare". In realtà so benissimo che sarei arrivata comunque tardi, mezz'ora è mezz'ora! Me ne farò una ragione.

Una mano si agita a pochi metri da me, mi volto per vedere se c'è qualcuno dietro di me, non mi conoscono in molti qui, è raro che ci sia qualcuno che mi saluti.

"Ti sei già dimenticata di me?"

Stefano. Occhi verdi, capelli spettinati, sguardo strafottente. Si, è lui.

"Non ricordo il tuo nome.." faccio la vaga, non voglio che pensi che dalla prima volta che l'ho visto non faccio altro che pensare a quel momento.

"Non posso credere che tu abbia dimenticato il mio nome, vuol dire che non ho lasciato abbastanza il segno su di te.." e invece si, eccome se l'hai lasciato, hai lasciato un solco, di quelli che difficilmente vanno via.

"Devo rimediare.." dice "vieni con me!"

"Dove andiamo?"

"Ti lascio il segno." E continuo a pensare che questo ragazzo non ci stia totalmente con la testa, ma lo seguo. Non è da me fidarmi di pazzo, ma lo seguo.

Mi porta in un negozietto, di quelli tutti al buio e con la musica a palla, di quelli che ispirano tutto tranne che fiducia. Continuo a chiedergli: "dove mi stai portando?" e lui continua a dirmi di seguirlo e di fidarmi di lui.

Entriamo nel negozio, entra prima lui, io sono più diffidente. È piccolissimo, tutto al buio, musica a palla e due tuoi pieni di tatuaggi al bancone. Ci avviciniamo, e uno dei due tatuati chiede: "Allora, chi di voi due deve fare il tatuaggio?" e Stefano risponde prontamente: "lei!"

"Io?! Un tatuaggio? Ma sei matto non se ne parla assolutamente. E se mi fa male?"

"Non ti farà tanto male."

"E se me ne pento?"

"Non te ne pentirai."

"Non puoi saperlo! Metti che mi tatuo un delfino e poi penso che invece tatuarmi una farfalla sarebbe stata una scelta migliore. Che faccio in quel caso? No, non se ne parla."

"Tranquilla, per questo non c'è problema, quello l'ho già scelto io. Non hai scuse devi farlo!"

E non so perché mi faccio convincere e 10 minuti dopo sono già sul lettino con il tatuato alle mie spalle pronto a marchiarmi a vita. Non volevo un tatuaggio, non so cosa mi sto per tatuare e non so dove, ma sono qui e lo sto facendo. Perché? Dov'è la vera Azzurra? Dov'è l'Azzurra razionale?

Due ore dopo siamo fuori, non so cosa mi sono fatta tatuare, ma ho una spalla che mi brucia e non vorrei essere da nessuna parte se non a casa in questo momento.

Continuo a dire: "Allora? Cosa mi hai fatto tatuare?" e lui continua a rispondermi: "Stavolta ho lasciato il segno, quando arriverai a casa capirai e non scorderai più il mio nome." E mi lascia così alla stazione della metro. Se ne va senza salutare, senza darmi un altro appuntamento. Se ne va così, senza preavviso. È folle e imprevedibile. Lui è fuoco e io sono acqua, lui è caldo io sono fredda, lui è giorno io sono notte.

Torno a casa, getto la borsa a terra e corro subito davanti allo specchio a togliere la benda del tatuaggio. Tolgo la benda: Stefano 3335434098. Il suo nome e un numero di telefono. Mi sono fatta tatuare il suo nome e un numero di telefono. Mi siedo per riprendermi da quello che ho appena visto. È matto, è matto però ha lasciato il segno.

AzzurraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora