Dopo aver salutato Levy entro nella mia classe di filosofia andando a sedermi in uno dei pochi posti liberi rimasti. Notando che il prof non è ancor arrivato tiro fuori dallo zaino con molta calma il libro e un quaderno pronta a prendere appunti.
Studiare e conoscere cose nuove mi è sempre piaciuto ma nella vecchia scuola ero troppo impegnata a fare la snob per farmi accettare per avere tempo da passare sui libri, una medito delle mie passioni più grandi. Dopo il disastro successo l'estate del mio ultimo anno lì in quella scuola, sopravvivere e non venire sbranata dalle snob è stato invece il mio unico pensiero fisso. Ero passata da popolare a emarginata nel giro di mezzo pomeriggio.
Scaccio via i vecchi pensieri non appena la sedia accanto alla mia si scosta per lasciare posto a un ragazzo. Senza guardarmi minimamente o parlare con nessuno dei presenti si siede e in rigoroso silenzio scrutando fisso davanti a sé, quasi come se io non esistessi.
Indossa dei jeans neri e una maglietta rossa, ma la cosa strana sono: la sciarpa bianca con questo caldo e i capelli di un inaspettato e singolare colore rosa.
Accortosi del mio fissarlo mi mancia un'occhiata di sfuggita tornando subito però a guardare altrove e a disagio inizia a spostarsi, come un'anima in pena sulla sedia. Sinceramente visto il suo comportamento non esattamente amichevole sono indecisa tra il presentarmi o lo smettere di guardarlo.
Ancora meditando sul da farsi, il professore entra in classe dissolvendo il mio dilemma interiore, e senza ulteriori indugi perché in ritardo inizia a spiegare quella che da oggi sarà la prima lezione di filosofia dell'anno.
Con un sigaro spento che esce dal taschino della camicia bianca una barba lunga marrone e i capelli del medesimo colore pettinati indietro il professor Wakaba racconta le tesi e le antitesi di Kant riuscendo, da vero professionista qual è, ad attirare e intrigare ognuno dei presenti.
Tutti a parte me. Ovviamente la lezione a mezz'ora dall'inizio, è nel vivo e si sta svolgendo senza problemi, ma il ragazzo accanto a me è senza alcun dubbio alcuno il possessore di tutta la mia attenzione.
Dopo aver aspettato altri cinque minuti buoni nel vano tentativo di seguire il discorso dell'insegnante mi rassegno miseramente, e strappando silenziosamente un foglio dal mio quaderno inizio a mettere in atto il piano B.
"Ciao" scrivo sul pezzo di carta con la penna blu che nel frattempo ho estratto dell'astuccio, è un messaggio breve con accanto una piccola stellina stilizzata ma sono fiduciosa e senza altri indugi e ripensamenti faccio scivolare il biglietto nel lato del banco in cui, intento ad ascoltare la lezione, c'è il ragazzo silenzioso, così soprannominato da me.
Dopo aver lanciato un'occhiata al foglio e poi a me finisce per distogliere subito i suoi bellissimi occhi verdi dal mio visto tornando a guardare davanti a sé.
Iniziando a fare disegnini sul quaderno aperto, aspetto e aspetto nervosamente nella vana speranza che lui mi risponda, ma nel momento esatto in cui finisco di colorare il mio pupazzo di neve inizio a poco a poco perdere le speranze.
Un "ciao" scritto con un'ortografia pessima accompagnato da quello che sempre il disegno di una piccola fiamma mi finiscono davanti agli occhi.
Prendendo il figlio tra le dita mi volto facendogli un sorriso che imbarazzato guarda solo di sfuggita. Forse è un ragazzo timido penso tra me e me. O forse è un totale stronzo che mi sta ignorando e provando a scaricare il più velocemente possibile.
Non demordendo riprendo in mano la mia penna.
"Sono Lucy, piacere di conoscerti! Se non mi hai mai vista prima è perché sono nuova" scrivo accompagnando il tutto con delle piccole faccine sorridenti. Soddisfatta e dopo aver lanciato un'occhiata al prof per sicurezza passo il foglio al mio compagno di banco, che questa volta senza indugi dopo aver letto la mia presentazione inizia a scrivere di rimando.
"Piacere di conoscerti Lucy, io sono Natsu"
Sgrano gli occhi alla sua risposta, quindi è lui Natsu? medito il Natsu che stava cantando poco prima. Possibile?
"Hai una bella voce" scrivo con tanti punti esclamativi passandogli il foglio. Questo modo di comunicare inizia veramente a divertirmi, è come chattare ma con l'altra persona che ti sta davanti così puoi vedere dal vivo le sue reazioni.
Diventando tutto rosso abbassa la testa come se lo avessi colpito.
"Mi hai sentito?" e non posso far altro che sorridere dopo aver letto il suo messaggio.
"Si" rispondo estasiata "hai una veramente una bellissima voce" scrivo rimarcando questo punto.
"Grazie" asserisce di rimando diventando ancora più rosso, ma senza ripassarmi il foglio e coprendo il messaggio col braccio inizia a scribacchiare qualcos'altro. "Hai un cellulare?" vedo alla fine dopo che si è spostato.
Senza riprendere il foglio annuisco sempre tenendo d'occhio il professore. Farmi beccare a non seguire il primo giorno di scuola non è esattamente una grande idea.
"Mi dai il tuo numero?" continua scrivendo nel suo modo tutto strano ma al contempo comprensibile. Senza annuire di nuovo prendo il foglio dalle sue mani facendolo scattare all'indietro quando, per sbaglio le nostre dita si toccano. Allibita dalla sua reazione lo scruto, ma lui continuando a guardare fisso davanti a sé fa finta di niente. Il rossore sulla sua faccia però è il chiaro segno del suo imbarazzo.
Forse medito è solo timido.
Scrivendo con un'ortografia perfetta gli passo il mio numero e lui indicando con la penna rossa il grazie soprastante mi lancia l'ennesima occhiata di sfuggita.
Nel momento esatto in cui sto per riprendere il foglio e fargli un sacco di domande da brava ragazza ficcanaso e curiosa quale io sono suona la campanella segnando la fine dell'ora, e senza avere nemmeno il tempo di chiedergli qual è la sua prossima lezione o di salutarlo lo vedo sparire in un attimo, svanendo com'è arrivato: in silenzio senza dire una parola.
Quel giorno non lo vidi più e nemmeno quel pomeriggio, seguita da tutta la sera ebbi mai un suo messaggio, assolutamente niente. Niente finché non lo rividi per caso il mattino dopo.
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Like parallel worlds
RomanceE che dio mi aiuti ma "singolare" non si avvicina minimamente al termine che, dopo averlo conosciuto, ho associato a lui. Perché quella lezione di filosofia mi ha fatto capire sin da subito che noi eravamo "come mondi paralleli" abbastanza vicini da...