Capitolo 29.

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Questo capitolo vorrei dedicarlo a mia mamma.
Mia madre, Cristo iddio.

Non l'ho mai supportata.
In realtà non mi va di parlare di lei ad un pubblico così vasto (rappresentato alla fine da me stesso).

Tranquilli, non è che mi nego la realtà non parlando con me stesso di mia madre, è una cosa a cui penso spesso veramente, ma non è reale quello che penso.
La mia storia è vera soltanto per me, come la storia di mia madre è vera soltanto per lei. È per questo che non riusciamo a comunicare efficacemente.

Ragazzi, non sapete cosa non darei per non avere un complesso di Edipo e avere una madre figa.
E invece no, ho la madre cessa e il disgusto nei suoi confronti.
Che poi, poverina eh, mi dispiace un sacco vederla abbattuta per le mie mancate dimostrazioni di affetto. Ma è obbligatorio dimostrare dei finti sentimento soltanto per rincuorare una povera persona? No.

Bugie a fin di bene, si dice.
Ne ho dette magari in vita mia, ma solo quando era qualcosa che almeno superficialmente pensavo sul serio.
Vabbeh se non mi stai seguendo non importa, tu nemmeno esisti e io vorrei parlare d'altro.

Più dai importanza a qualcosa e più questa si farà presente nella tua esperienza. Negativa? Positiva? All'oggetto del tuo pensiero non importa il giudizio che gli dai. Non puoi scappare. Non puoi chiudere un pensiero fuori dalla tua vita. Non volontariamente, perché lo rafforzeresti, non involontariamente perché prima o poi un flash lo farà riemergere.
Un pensiero si può "sconfiggere" soltanto sul nascere, e nemmeno puoi dire di aver combattuto in quel caso.

L'unico modo di fuggire dai pensieri è quello di spegnerli del tutto.

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