Un peso sulla coscienza

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La porta del dormitorio si aprì e Tikki tacque. Emma non li vide subito, impegnata com'era a stropicciarsi gli occhi assonnati, ma quando lo fece sbatté le palpebre e si fece indietro per rifugiarsi nella penombra.

«Tutto bene?» domandò.

Adrien non trovò la voce per risponderle, ma Tikki le volò incontro e le posò un bacio sulla guancia. «Non preoccuparti, è un discorso da grandi.»

«Guardami.» ribatté Emma. «Sono grande, adesso. Faccio cose da grandi, penso cose da grandi, probabilmente mi uccideranno come ucciderebbero i grandi.»

Il suo sguardo si incupì, Adrien la vide puntare gli occhi verso il pavimento, gli parve di vederli umidi.

«Nessuno ti ucciderà.» le disse facendo un passo verso di lei. «Te lo prometto.»

Lei rimase in silenzio, ancora a capo chino, ma accennò un sorriso.

«Certo, forse hai ragione.» disse, ma fu un sussurro incerto e quasi rassegnato.

«E forse hai ragione anche tu.» aggiunse Tikki. «è arrivato il momento di trattarti da grande.»

Emma li guardò, ma poi tornò subito a rabbuiarsi e si sedette accanto ad Adrien.

Lui e fece spazio, ma non si scostò di troppo, preoccupato dall'idea che lei potesse pensare che non la volesse lì. Quando il braccio di Emma sfiorò il suo non si scostò, invece fu lei a farlo, stringendo le braccia a sé come se questo potesse aiutarla.

«Mi dispiace che tu sia finito qui, pensavamo che avresti potuto aiutarci.» ammise sottovoce, incapace di guardarlo in volto.

Adrien inclinò il capo, di nuovo privo di ogni certezza. Emma era esitante, lo vedeva dai suoi gesti, dal modo in cui ancora evitava il suo sguardo.

Anche Tikki pareva confusa, ma quando le volò ancora davanti la ragazza non si scostò.

«Di che cosa stai parlando?» le domandò.

Plagg rimase ancora in silenzio; evidentemente non aveva nulla da dire né da domandare, ed era stato tanto tranquillo che negli ultimi minuti Adrien si era quasi dimenticato della sua presenza.

«Devo fare una confessione.» continuò Emma, ora le lacrime le si erano adagiate nell'angolo dell'occhio, pronte a scivolare via, ma Adrien riusciva a vederle scintillare anche attraverso la frangia scompigliata.

Tikki si posò sul suo ginocchio e la guardò con il musetto in su. «Riguarda quello che è successo a lui?» domandò. E ad Adrien non sfuggì l'occhiata che lei mandò nella sua direzione.

«Anche.» rispose Emma. E non gli diede il tempo di chiedere altro, perché iniziò a spiegare.

«Abbiamo scoperto che esisteva una magia del sangue capace di chiamare un consanguineo da un altro mondo, allora l'abbiamo eseguita. Io sapevo che quello che poteva aiutarci eri tu, ma abbiamo messo comunque il sangue entrambi. Pensavamo che non avesse funzionato, quindi ce ne siamo andati, ma le guardie ci hanno raggiunti ed hanno preso Hugo.»

Quello, pensò Adrien, era un altro nome che grazie ai diari di Marinette gli era molto familiare; un altro masso che si appese al suo cuore e provò a trascinarlo a fondo con forza, facendogli male.

«Credo che se non avessi voluto a tutti i costi mettere anche il mio sangue forse l'incantesimo avrebbe funzionato prima, tu saresti arrivato e magari avresti potuto salvarlo.» confessò Emma.

Adrien si morse il labbro e strinse i pugni.

Tikki scosse il capo. «Non è colpa tua, non pensarlo mai.»

Nella tela del ragno - Il cacciatore di magia - INCOMPIUTADove le storie prendono vita. Scoprilo ora