I Tiranni e il ragazzo

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Il braccio bruciava ancora come se fosse avvolto dal fuoco, quando Hugo e i soldati arrivarono in vista del castello. Il ragazzo non aveva prestato molta attenzione al viaggio e si era lasciato guidare dagli altri; nessuno di loro lo avrebbe lasciato indietro, lo sapeva bene, e poteva fidarsi del fatto che lo avrebbero riportato dai loro signori anche a costo della loro vita.

Per lenire il dolore pulsante e continuo gli avevano dato semplicemente del liquore, che lui aveva mandato giù ignorando il bruciore alla gola. Era così che si faceva, quando le ferite erano profonde e non le si poteva ancora medicare, ma nel momento in cui arrivarono ai piedi della Roccaforte Hugo stava giusto pensando che fosse totalmente inutile.

Le mura erano alte, il vento soffiava forte anche attraverso i pochi alberi che separavano il castello dal dirupo. Non c'era un ponte levatoio, bastava tutto il resto a difendere i due sovrani dagli abitanti di quel mondo.

Hugo imboccò la scalinata assieme agli altri, il portone incombeva su di loro, alto diversi metri e decorato con spuntoni metallici. Si dischiuse cigolando davanti a loro, trascinato dalle guardie. Entrarono nel cortile, non c'era quasi nessuno ad aspettarli, quindi attraversarono anche la porta interna e percorsero il corridoio.

Numerosi arazzi erano disposti lungo tutte le pareti, raccontavano storie di guerra, di rapimenti e di dolore. Ad Hugo non erano mai piaciuti. La porta della sala del trono era già aperta, alcuni servi erano all'interno e in loro attesa. Hugo non vedeva l'ora di potersi togliere l'armatura, ormai madida di sudore e maleodorante a causa del sudore. Sentiva la testa come immersa in una grossa vasca di acqua e quasi non riusciva più a distinguere le parole di coloro che aveva attorno, ebbe l'impressione che se non si fosse seduto al più presto avrebbe perso i sensi.

I re erano lì, seduti sul trono, e li osservarono entrare con i loro identici e severi occhi scuri, i capelli intrecciati dietro la nuca allo stesso modo, uguali al punto che se non fosse stato per le loro tuniche sarebbe stato impossibile distinguerli.

Il Primo Re era sempre vestito di rosso, il mantello intrecciato ed appoggiato alla spalla e gli stivali alti, l'altro indossava una tunica blu, entrambi portavano due corone tanto uguali da sembrare la stessa vista allo specchio. Ormai la somiglianza tra i due re non stupiva più Hugo quanto aveva fatto nei primi periodi in cui era stato lì con loro e qualcuno, prima ancora che lui li incontrasse, gli aveva raccontato che nel mondo da cui proveniva poteva esserci un solo re, ma che il loro sovrano si era rifiutato di salire al trono senza il fratello ed aveva cancellato da quel posto chiunque non concordasse.

I Cavalieri che erano con Hugo si fermarono sull'uscio, invece lui prosegui fino ad arrivare ai piedi della piattaforma su cui erano stati issati i troni.

Alle pareti non c'erano arazzi, ma una fila di mezze colonne che proseguiva tutto attorno alla sala, che dividevano in spicchi la parete svettando verso l'alto e richiudendosi sopra di loro a ridosso della pietra che delimitava l'edificio. In alto, proprio al centro, dove le colonne ricurve di intrecciavano e roteavano intrecciandosi le une alle altre, una grande vetrata lasciava entrare una gran quantità di luce. Mentre Hugo contemplava l'ondeggiare del pulviscolo in silenzio, in attesa di sentirsi dire che fallimento fosse stato, il sovrano vestito di rosso infranse il silenzio, rizzandosi sulla sedia e facendo un cenno ai Cavalieri perché lasciassero la stanza.

«Andate pure.» disse loro l'altro, come se avesse bisogno di confermare le intenzioni del fratello.

Poi si voltò anche lui verso Hugo, che dovette premere la mano contro la parte anteriore dell'armatura per costringersi a restare in piedi, tanto gli girava la testa.

«Dimmi,» fece il sovrano in blu. «Dov'è la ragazza?»

Hugo chinò il capo, le ginocchia non gli tremarono più solo per la stanchezza.

Nella tela del ragno - Il cacciatore di magia - INCOMPIUTADove le storie prendono vita. Scoprilo ora