Capitolo 2

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Londra non è bella come la descrivono. 

Sarà che il mio cuore è rimasto in Ohio e non la sento casa mia, ma quando la gente corre frenetica accanto a me, non sento altro che fastidio. Mia madre mi ha convinto a fare un giro in centro, convinta che me ne sarei innamorata, ma non è stato così. I grandi edifici e tutti questi turisti, mi provocano una terribile irritazione. Quando ci sediamo da Starbucks mi guardo intorno e sospiro, mentre mia madre, tutta eccitata, non smette di parlare di tutte le cose che potremmo vedere in questo posto. 

"Madison, mi stai ascoltando?" mi chiede, riscuotendomi dai miei pensieri. 

"Scusami, il jet-lag mi ha distrutto, possiamo tornare a casa?" la imploro, stanca di tutto questo trambusto. "Possiamo tornare la settimana prossima." le propongo. 

"Ne sei sicura? Ci sono un sacco di posti meravigliosi che potremmo vedere!" osserva la cartina poggiata sul tavolino, indicando alcuni punti. 

"Solo... Non oggi." sospiro.

"Va bene." Sbuffa, rassegnata, ripiegando il pezzo di carta e infilandolo in borsa. 

Dopo aver percorso qualche strada affollata, torniamo alla macchina e mia madre guida fino a casa, in periferia. 

Qui è decisamente più calmo, e mi sento più a mio agio, senza tutta quella gente. 

La casa è bella e più grande di quella negli Stati Uniti, la mia camera è vuota e ancora piena di valigie; nonostante siamo qui da 3 giorni non ho ancora avuto le forze per disfare i bagagli. 

Per ora tutte le nostre cose non ci sono state recapitate, e sento che quando arriveranno, sprofonderò ancora di più nel senso di malinconia che già mi riempie il corpo. 

Ho davvero voglia di tornare a casa. 

Sono stesa sul letto da una buona mezz'ora, quando il mio telefono vibra e sullo schermo compare un messaggio da parte di Paul. Sorrido e subito leggo il contenuto. 

Mi manchi, piccola Maddie! Com'è l'Inghilterra fin ora?

Non è l'Ohio, questo basta per renderla un posto in cui non voglio stare. 

Digito velocemente, mordendomi il labbro inferiore.

Pochi minuti dopo, ricevo una sua chiamata su skype. 

"Maddie, ciao!"

"Paul, sono così contenta di sentirti." Sorrido, e la familiarità della sua voce mi rasserena. 

"Mi dispiace per come la stai prendendo, cerca solo di abituartici e fartene una ragione."

"È passato troppo poco tempo." Faccio una pausa. "Non dipende da me."

"Prova a fare qualcosa, uhm... Tipo cercarti un lavoro, cose così. Manca ancora un po' prima dell'inizio della scuola. È un buon modo per tenerti impegnata." Ha ragione, ed è una buona idea. 

"Ci proverò, e ti terrò informato. Piuttosto cambiamo discorso: come vanno le cose laggiù?" chiedo, impaziente di pensare ad altro. 

"È tutto così monotono, non ti perdi niente." ridacchia, dall'altro capo del telefono. 

Continuiamo a parlare per più di mezz'ora, finché non mi addormento, ancora con il telefono attaccato all'orecchio, sognando l'America. 

Il giorno dopo mi ritrovo a camminare tra le strade della periferia, seguendo il consiglio di Paul. Ho già lasciato il mio numero di telefono in diversi negozi di alimentari e di dischi, ma dubito che mi richiameranno. Forse per loro una diciottenne americana non è abbastanza per lavorare nei loro stupidi negozi, penso fra me e me.

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