28.

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Niccolò era entrato in cucina e mi guardava con aria strana e io maledicevo Elena

-Ma niente amore, è pronta la colazione- dico cercando di mentire, non volevo dirglielo ancora perché sentivo che era un falso allarme

-Sei una pessima attrice sai?- dice sedendosi e iniziare la sua colazione continuando a fissarmi nella speranza che gli dicessi qualcosa. Ero in un certo senso preoccupata poiché era la prima volta che accadeva e probabilmente non volevo dirglielo anche per il fatto che credo si sarebbe arrabbiato, volevo solo accertarmi prima di parlargliene ma a quanto pare mi sbagliavo. Elena e Marco erano usciti, e io e Niccolò eravamo soli. Aspettavo che si facesse una doccia e nel frattempo stavo in camera mia pensando al modo più calmo possibile per dirgli del mio ritardo

-Allora cosa devo sapere?- dice entrando in camera facendomi sussultare, aveva ancora i capelli bagnati e stava prendendo una sua maglia dal cassetto

-Dovresti asciugare i capelli- dico - ti conosco e non vorresti mai ammalarti- aggiungo poi

-Giulia, dimmi subito cosa devo sapere- mi risponde poi con tono severo, mi metto seduta più comoda e prendo un respiro profondo mentre lui si passa l'asciugamano tra i capelli

-Prometti di non arrabbiarti o dare di matto- gli dico osservandolo bene

-Prometto, su adesso parla- dice velocemente, si siede accanto me stile sirenetta e mi guarda

-Ho un ritardo- dico a voce bassa ma abbastanza che lui potesse sentirmi. Seguirono dei momenti di silenzio. Niccolò sbianca guardando per pochi secondi nel vuoto

-Cosa vuo dire che hai un ritardo?- dice calmo, troppo calmo che quasi mi spaventa

-Un ritardo è un ritardo Niccolò- sbotto, mentre lui rimaneva tranquillo io mi innervosivo. Niccolò si alza dal letto camminando avanti e indietro per la stanza - di qualcosa- aggiungo poi, non diceva nulla si spetinava solo i capelli

-Di quanto è il ritardo?- mi chede poi fermandosi a guardarmi

-Sono solo tre giorni- fa un sospiro pesante e poi si siede di nuovo accanto a me

-Dici che..?- ferma subito la domanda guardandomi incuriosito

-Non credo, a meno che.. - mi fermo a pensare alle ultime volte in cui siamo stati assieme

-Sono sicuro, ho fatto la massima attenzione- dice leggendomi nel pensiero - aspetteremo il necessario e poi si troverà una soluzione- continua poi lasciandomi un bacio sulla guancia. Ero contenta che non avesse dato di matto, anche perché gli avevo spiegato che era la prima volta che mi accadeva ed ero preoccupata almeno quanto lui.

I giorni passavano e con loro l'ansia e la preoccupazione aumentavano, ancora nessun segno del ciclo. Stavamo da Niccolò, ero stesa sul divano e guardavo Niccolò intento a preparare del caffè. Era incredibile di quanto fosse premuroso, da quando gli ho detto del ritardo faceva tutto lui: dal rifare il letto la mattina fino a preparare la cena e sistemare il tutto dopo. Mi piaceva questo suo lato premuroso, non era solito comportarsi così

-Che ti va di fare oggi?- mi chiede, era una bella giornata e faceva anche abbastanza caldo, segno la primavera era alle porte

-Che ne dici di portare Spugna in spiaggia?- gli chiedo, Spugna sentendosi nominare alza la testa dalla sua cuccia cominciando a scodinzolare. Dopo aver preso il caffè prendemmo tutto il necessario per far giocare Spugna, salimmo in macchina pronti per partire in direzione della spiaggia.

Amavo guardare Niccolò giocare con Spugna, sembrava un bambino e non mi sarei mai stancata di guardarlo. La spieggia questo pomeriggio era un po' movimentata: c'era qualche coppietta appartata, chi come noi aveva portato a giocare il suo amico a quattro zampe e qualche famiglia che faceva giocare i propri bambini. Ero seduta su un tronco, mi soffermai a guardare una famiglia. Il loro bambino su per giù aveva intorno ai tre o quattro anni, aveva visto Spugna e voleva in tutti i modi cercare di accarezzarlo, Niccolò avendo notato il piccolo si avvicino con Spugna mantenendolo per il collare in modo che non saltasse addosso al bambino: era estremamente dolce, il modo in cui parlava a quel bambino dai capelli ricci e biondi mi sciolse il cuore, a differenza mia Niccolò più ci sapeva fare. Guardavo la scena intenerita, immaginando una probabile famiglia con lui: immaginavo me e Niccolò con il nostro bambino o la nostra bambina, qui in spiaggia a giocare assieme a Spugna, magari io che rimprovero Niccolò per essere troppo permissivo, e immaginavo.. immaginavo tante e tante cose se questo ritardo si fosse trasformato in una gravidanza. Immaginavo la paura e il timore di non essere all'altezza o di non sentirmi pronta, però poi sorridevo perché sapevo che Niccolò mi sarebbe stato affianco, sempre.
I genitori del bambino riconobbero Niccolò e gentilmente gli chiesero di poter fare una foto con lui e poi era possibile fare una foto al piccolo Cristian assieme a Spugna dato che ormai erano diventati amici

-Sai che Spugna è amico di Capitan Uncino?- dice il bambino con voce piccola ma tremendamente dolce a Niccolò che si finse sorpreso

-Ma sai che non lo sapevo?- gli risponde mostrandogli un enorme sorriso - ti piace Pete Pan?- gli chiese poi e il bambino annuì

-Lo sai, tu sembri lui- gli toccò i capelli e per poco Niccolò non dava di matto, chiunque lo conoscesse gli ripeteva che assomiglia tantissimo a Peter Pan, solo più moderno e tatuato. I genitori del bambino e io guardavamo la scena divertiti, ormai Niccolò era stato sequestrato dal piccolo Cristian e a lui non sembrava che gli dispiacesse

-Ti faccio vedere una cosa- si sbottona la felpa togliendola successivamente, si abbassa nuovamente all'altezza del piccolo mostrandogli il braccio dove aveva il tatuaggio di Peter Pan, ho sempre adorato quel tatuaggio perché pensavo che in un certo senso lo rappresentasse. Cristian non appena vide il tatuaggio gli si illuminarono gli occhi, cominciò a toccarlo ancora incredulo all vista del disegno sulla pelle di Niccolò che nel frattempo mi guardava e potevo giurare di aver visto i suoi brillare per un istante. Dopo poco salutammo il piccolo Cristian e i suoi genitori, Spugna si era messo seduto accanto ai miei piedi e Niccolò si siede accanto a me sul tronco

-Non sapevo ci sapessi fare con i bambini- gli dico guardandolo

-Di solito non sono così, non so perché ma mi è venuto..naturale- piega le spalle guardandomi poi e mi sorrise mostrandomi delle adorabili fossette

-Nic, se fosse vero come.. Come la prenderesti?- gli chiesi intimorita

-Non saprei- mi risponde e dal suo tono potevo sentire tutta la sua sincerità - ci sono tanti fattori da valutare- continua e io annuivo distrattamente

-Non ti chiederei mai di abbandonare la tua carriera- guardo verso il mare e il sole che iniziava a tramontare creando nel cielo varie sfumature di rosso e arancione

-Questo è uno dei fattori, credo- fa un sospiro - e poi ci sarebbe anche la paura- continua osservando anche lui il bellissimo tramonto avanti a noi, era ancora più bello con quella luce ad illuminarlo il volto

-Di cosa hai paura?- gli chiedo poi curiosa

-Paura di non essere un buon esempio, paura di crescere troppo in fretta, paura di non sentirmi pronto- era strano di come fossimo in sintonia, entrambi avevamo la paura che faceva il suo gioco ed entrambi avevamo paura di non sentirci abbastanza. Da parte sua c'era la paura di dover crescere, infondo lui è il mio eterno Peter Pan

-Se fosse vero, saresti un ottimo papà-

Cercami dove il mare finisce-ULTIMODove le storie prendono vita. Scoprilo ora