Chapter 3 - motorcycle

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Arrivai nella sala pranzo seguita da Frida Shallow. Sì, la chiamavo anche così.
Povera Veronica, doveva subirsi tutti i nomignoli che le assegnavo...però mi divertivo, e tanto.

Mi guardai intorno.
Tutto era perfettamente in ordine, nulla era cambiato. C'erano i soliti ragazzi con i vassoi vuoti che facevano la fila per prendere da mangiare, c'era il gruppetto della musica che discuteva sempre su quale tono produrre una canzone, c'erano gli sfigati che si guardavano intorno spaventati, c'erano quelli che non sapevano vestirsi...e poi c'ero io.
Colei che aveva tutto sotto controllo.

Feci un sorriso guardandomi intorno e poi mi avvicinai ad un tavolo vuoto. Mi sedetti e posai lo zaino vicino a me.
Presi il telefono e notai le notifiche dei messaggi. Ma che succede? Sono impazziti tutti?
Più di mille messaggi. Ogni adolescente di questa scuola era andato fuori di testa per l'arrivo dei nuovi ragazzi.

Ancora non capivo, ma chi erano queste persone? Che avevano fatto di tanto importante nella loro vita?

Continuai a fissare lo schermo del cellulare per oltre cinque minuti, successivamente alzai lo sguardo notando l'espressione di Eva Peron.

<<Che hai? Sembri sconvolta..>> mi chiese leggermente preoccupata.

<<Guarda...>> girai il telefono mostrandole tutti i messaggi degli studenti della scuola.

<<Oh mio dio.>> disse spalancando gli occhi per poi guardarsi intorno.

<<Veronica, ma si può sapere chi sono questi?!>> le chiesi insistentemente.

<<Vedi...loro sono del Southside.>>

La guardai dritta negli occhi.
Non potevo crederci.
Non dei ragazzi del Southside.

<<Stai bene?>>

<<Sì, torno subito.>> dissi alzandomi, presi lo zaino e mi diressi verso la presidenza.

Aprì la porta senza nemmeno preoccuparmi di bussare.

Il preside alzò lo sguardo e mi guardò.

<<Lo sai che devi bussare prima?>>

<<Lo sa che non possono entrare dei ragazzi del Southside qui dentro?!>> ribattei all'istante.

<<È soltanto per un periodo..>> disse scrutandomi.

<<E perché proprio qui?>> chiesi ormai senza pazienza.

<<Perché ho dato la disponibilità, ora fuori signorina Blossom.>>

Sbruffai per poi uscire all'istante.
Ormai avevo davanti due opzioni e un'unica scelta: cercare un'altra scuola per quelle pesti oppure affrontare i loro visi e la loro puzza.
Pensai per qualche minuto guardando il vuoto. Non mi tiro mai indietro..
Quindi decisi di affrontarli.
L'unica cosa che potevo fare al momento era aspettare il loro arrivo.
E come farlo? Semplice: andando in bagno per ripassare il rossetto rosso sulle labbra.

Entrai nel bagno e appoggiai lo zaino sul lavandino, lo aprii e presi il borsellino che conteneva i trucchi.
Alzai leggermente la testa e mi guardai allo specchio. Il mio sguardo era possente, ero talmente sicura di me che qualsiasi cosa guardassi poteva all'istante spezzarsi.
Aprii il mio borsellino per poi afferrare il rossetto rosso.
Tolsi il cappuccio esterno e iniziai a passare la mia arma sulle labbra.
Con esso indosso ero più che perfetta.

Qualche istante dopo riposai tutto nello zaino che rimisi sulle spalle, mi guardai intorno e uscii dal bagno.

Tutti mi guardavano mentre stilavo per il corridoio come una modella.
Notai Veronica uscire dalla sala da pranzo e venirmi incontro.

La ragazza si avvicinò e mi sussurrò all'orecchio: <<Sono arrivati.>>

Spalancai gli occhi e sentii il mio corpo ricoperto da energia negativa.
Ero pronta alla battaglia, un'altra, l'ennesima.
Perché un'altra? Ecco, io stavo già affrontando la mia guerra interiore.
Certe volte combatto da sola contro i miei demoni senza avere l'arma necessaria per sconfiggerli.
Infatti non avevo molte speranze di vincere...avevo bisogno di essere salvata, da sola non credevo di poter farcela. Perché la battaglia interiore era molto più complicata rispetto a quella esteriore contro qualcuno.
Dovevo imparare. Imparare a sopportare il dolore, imparare ad abituarmi a quest'oscurità che mi stava divorando dall'interno come un verme in una mela.
Quest'oscurità che cercava di evadere dal mio corpo, ma io non avevo bisogno di farla uscire...avevo bisogno di placarla per sempre, di soffocarla, in modo da impedirle la rinascita.

Mi incamminai velocemente verso l'entrata seguita da una massa di ragazzi che sembravano dei bambini curiosi alla ricerca di nuovi giochi e nuove scoperte.
Appena mi fermai, notai, attraverso la porta trasparente, il nuovo gruppo di scimmie non evolute avvicinarsi alla scuola.
Non potevo credere ai miei occhi, erano quelle persone che avevo visto la mattina stessa mentre camminavo per andare a scuola. Infatti si potevano intravedere le moto nel parcheggio.
Guardai attentamente il gruppetto, tutti indossavano delle giacche di pelle strane con delle t-shirt di colore scuro e dei jeans orrendi.
Quello che sembrava essere il capo indossava anche una camicia intorno al bacino e si potevano intravedere le bretelle che penzolavano vicino al tessuto dei pantaloni, aveva anche un cappellino abbastanza strano che non sapevo definire bene. Inoltre era accompagnato da un gruppo abbastanza ampio dove potevo notare anche delle facce femminili. Le ragazze, invece, avevano delle strane capigliature e usavano dei foulard accompagnati da dei cerchietti.
Indossavano delle collane e dei bracciali. Non raffinati come i miei, ovvio.
Ma sicuramente mezzi decenti.

Continuai a fissarli finché non entrarono nell'edificio.

Il capo mi guardò per poi girarsi verso i suoi compagni.

<<E così voi sareste?>> chiesi incrociando le braccia.

<<I Serpents.>> rispose deciso il ragazzo dal cappellino strano che iniziava ad assomigliare sempre di più ad una corona.

Serpents...
Rimasi a fissarlo per qualche istante per poi scrutare i suoi compagni. Una di loro mi guardava in modo strano, aveva...qualcosa di familiare, ecco.
Notai il foulard indossato male e la riconobbi subito, la ragazza del bagno.
Ma come faceva ad essere già qui?
La scrutai per capire meglio i suoi dettagli.
Il suo viso era tondo.
Aveva i capelli mori e mossi che arrivavano fino a sotto le spalle, occhi celesti che facevano contrasto e la pelle chiara quasi come il latte.
Sopracciglia folte e simmetriche che, con la loro precisione, ti conducevano a guardare più in basso notando un naso a patata.
Esso, a sua volta, ti portava a guardare le labbra carnose e rosa.
Il fisico era ben bilanciato e quella camicia che indossava in vita metteva in risalto le sue curve.
Dovevo dire però che l'eyeliner lo sapeva mettere.
Ma scrutando il suo corpo notai la sua mano intrecciata ad una diversa, quella di un'altra persona.

Give me a red lipstickDove le storie prendono vita. Scoprilo ora