Chapter 4 - cursed eyes

284 16 3
                                    

Seguii con lo sguardo il braccio dell'altra persona che mi condusse poi al suo viso.
Un'altra ragazza.

Sospirai in un primo momento continuando poi a fissare le loro mani.

<<Che stai guardando?>> mi chiese in modo scontroso la ragazza dagli occhi celesti.

Alzai la testa.

<<Nulla.>> risposi fulminandola con lo sguardo.

Perché stavo guardando le loro mani? Semplice. Anche io desideravo una persona al mio fianco, che mi teneva la mano durante le lunghe passeggiate, che mi sistemava il rossetto dopo un bacio pieno di passione, che mi aiutava a scegliere i vestiti o che mi dava suggerimenti su cosa fare durante un momento difficile.
Ma io, nonostante tutto il dolore che provavo, tenevo dentro un piccolo segreto. Un segreto che nascondevo ormai da anni. Uno di quelli che non riuscivo ad accettare perché poi, se l'avessi fatto, sarebbe risultato difficile e avrebbe complicato la mia vita...come se già non lo fosse per via di mia madre.
Comunque pensavo fosse più di un semplice segreto, era un qualcosa che faceva parte del mio carattere, del mio essere.
A me piacevano le ragazze, sì...proprio così.
Infatti appena vidi la giovane donna, che teneva per mano la ragazza scontrosa, mi venne un colpetto al cuore, ma non uno di quelli che ti facevano male...no, anzi, era uno di quelli che te lo accendevano e te lo facevano impazzire. Era quella scintilla che scattava ogni volta che qualcuno si guardava negli occhi, perché tutto iniziava da uno sguardo, un gesto, una parola.
Bastava un semplice "ciao" per far risvegliare il tuo corpo, sentivi le farfalle nello stomaco, la tua mente iniziava a vagare libera e le tue gambe tremavano senza controllo. E questo, si chiamava amore...almeno lo credevo fino a quando vidi le due darsi un bacio sulla guancia.
All'improvviso la mia mente si offuscò per via di quell'orribile immagine che si formò davanti ai miei occhi. Non potevo crederci. Il mio cuore si era acceso per una ragazza già conquistata da altre persone, almeno pensavo ciò.

Guardai le due tenersi ancora per mano.

<<I vostri nomi? Razza di scimmie?>> chiesi quasi svogliata per un semplice motivo: dovevo proteggere me stessa e i miei sentimenti.

<<Johnson. Elizabeth Johnson.>> mi rispose la ragazza dagli occhi celesti guardandomi in modo antipatico.

Successivamente mi girai verso la sua, quella che sembrasse, fidanzata.

<<E tu?>> chiesi facendo un piccolo sorrisetto antipatico.

<<Antoinette Topaz.>> rispose la ragazza dai capelli rosa.

Antoinette Topaz...
Era un nome stupendo, musica per le mie orecchie.
Lei aveva un qualcosa di speciale, aveva quel modo innocente di guardare il mondo, quel modo di parlare e quel modo di camminare che mi trasmetteva pace e timidezza...sì, non sembrava ma Antoinette, secondo me, aveva una certa timidezza. Qualcosa la frenava, ma non riuscivo a capire cosa.
Fatto sta che era bellissima, la sua pelle poco più scura e liscia, i suoi occhi marroni nel quale mi ci perdevo, le sue labbra carnose nelle quali volevo affondare, i suoi capelli color rosa che assomigliavano tanto a quel colore che si vedeva raramente durante i tramonti e cavolo...era la prima volta che vedevo qualcuno vestirsi decentemente.

<<E tu sei...>> mi guardò Antoinette.

Presi un bel respiro.

<<Hi. I'm Cheryl Blossom, AKA Cheryl Bombshell, which means i need no reasons. I simply am. Feel free to tremble.>> feci un sorrisone nel mio stile porgendole la mano per poi ritirarla evitando il contatto.

La ragazza dai capelli rosa mi guardò facendo un sorrisetto...non tremava, stranamente.

<<Benvenuti alla Ambraham Lincoln High School.>> disse Veronica avvicinandosi poco dopo.

La guardai roteando gli occhi e poi tornai a guardare i Serpents.

<<Lasciate ogne speranza, o voi ch'intrate.>> dissi guardando il loro capo con aria di sfida.

Egli roteò gli occhi per poi guardare il suo gruppo.

<<Mi raccomando, ricordatevi ciò che vi ho detto: nell'unità, c'è forza.>> disse il ragazzo con il cappellino strano guardando ogni persona della sua squadra.

Le due ragazze, ovviamente, annuirono stringendo sempre di più le loro mani mentre tutti gli altri iniziarono ad andare in direzioni diverse.

Guardai Antoinette per un momento per poi girare i tacchi e camminare via.
Cosa potevo fare al momento? Fingere di odiarla, ecco tutto.
Dovevo fingere come sempre per cercare di mantenere questo piccolo segreto, dovevo tenere il mio sguardo innamorato sotto controllo e far in modo che nessuno lo notasse per poi cercare di leggermi dentro. In quel momento mi sentivo super vulnerabile. Ma da dove arrivi ragazza dai capelli rosa? Perché hai questo effetto su di me? Chi sei realmente?
Mi chiesi continuando a camminare nei corridoi.
Strano l'amore, vero?
Una cosa astratta capace di guarirci o di distruggerci. In questo caso, entrambi.
Quella ragazza mi aveva scombussolato completamente.
Just a touch of your love is enough
To knock me off of my feet all week
Mi bastava solo questo, cara Antoinette Topaz.
Volevo tanto scoprire nuove cose su di te, volevo leggerti dentro e capire cosa provavi, cosa pensavi, cosa decidevi di fare.
Ma ancora non ti conoscevo affatto.

Dopo le lezioni uscii dalla scuola e iniziai a camminare verso il mio bar preferito non tenendo conto dell'orario, probabilmente mia madre si sarebbe arrabbiata come al suo solito, ma dopo ciò che era successo questa mattina volevo soltanto un po' di pace e tranquillità.

310 West 40th Street, New York NY
Appena arrivata alzai lo sguardo notando la solita scritta del Dear Irving.
A Manhattan non mancavano certo salotti raffinati in cui andare a sorseggiare cocktail, ma solo uno era stato concepito per viaggiare nel tempo. Ispirato al film "Midnight in Paris", le sue accoglienti sale erano dedicate a figure storiche vissute in differenti epoche. Nella JFK room – dedicata a John Fitzgerald Kennedy –eravamo ancora negli anni '60, mentre nella sala di Maria Antonietta sembrava di sedere accanto all'aristocrazia parigina dei tempi andati.

In ogni sala, l'arredamento era caratterizzato da dettagli decadenti, ma era quel tocco personalizzato in più che mi faceva sentire viziata e coccolata. Per esempio, i cubetti di ghiaccio erano intagliati a mano, su misura per il drink che avevo preso. Per ordinare un secondo giro, bastava suonare il campanello che c'era sul tavolo, e una cameriera accorreva premurosa. Così accogliente, il Dear Irving era particolarmente apprezzato dai soliti sfigati dei fidanzatini e da piccoli gruppi di amici che volevano celebrare un'occasione speciale.

Give me a red lipstickDove le storie prendono vita. Scoprilo ora