CAPITOLO 11

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«Sto bene. Ho detto che sto bene.» Bröna si portò la mano tremante alla tempia e lasciò che Quinn le posasse lo stetoscopio per l'ennesima volta sul petto.

«Respira» ordinò lui. Gli occhi grigio chiaro del Principe demone si fissarono sulla leonessa in un'espressione carica di rimprovero. Era stato chiamato d'urgenza dopo una forte crisi di Bröna e aveva dovuto mollare tutto per correre ad assisterla. Non era la prima volta, né sarebbe stata l'ultima.

«Ho – ho detto che sto bene» borbottò lei, prendendo fiato e fissando i suoi movimenti precisi e professionali.

Quinn le aveva sempre messo un po' di soggezione. Non tanto perché era il Principe demone del Michigan e quindi regolava una ricca schiera di demoni sul territorio condiviso con suo fratello, quanto più per quello sguardo gelido e i canini leggermente appuntiti.

Ogni volta che lui la guardava, Bröna sudava freddo e sentiva il cuore risalirle in gola. Non ci aveva mai fatto l'abitudine, nonostante lo conoscesse da che ne aveva memoria. Le sembrava sempre sul punto di trascinare qualcuno nel proprio inferno personale, sempre in bilico tra una finta quieta e la dannazione. Forse era proprio questo che trasudavano i demoni. Lei, in fondo, conosceva solo lui.

«Stai così bene che sei svenuta» la rimproverò il demone dottore, passandosi l'attrezzo attorno al collo e lasciandolo ciondolare lì. «Forza, fammi un bel respiro.» Si arrotolò le maniche del camice bianco e posò le fredde mani sulla schiena della giovane.

Bröna venne attraversata da un brivido, sbuffò scocciata ma come sempre seguì le direttive di Quinn.

Non era mai riuscita a contrastarlo, né a ribattere alle sue sgradevoli e affilate battute. La sua enorme stazza la faceva sentire una preda ancor prima di esserlo, un po' come quando un tenero agnellino incrocia per sbaglio un lupo: sa già che è fregato, anche se si stanno solo guardando.

Alto quasi due metri, dalla pelle olivastra e il fisico asciutto ma estremamente muscoloso, Quinn portava bene i suoi mille anni. Ad occhio sembrava aver superato la trentina da poco. Era veramente un uomo affascinante, carismatico ed erotico. Il viso dai lineamenti maschili e la mandibola squadrata erano valorizzati da occhi con un taglio allungato e labbra carnose.

Era l'incarnazione del peccato della lussuria. Era il desiderio che ti spinge verso il baratro della perdizione, la brama che si annida in ogni essere umano e che sboccia nel vizio, nell'indecenza.

Sprizzava sesso da tutti i pori. E ne era consapevole. E ne abusava. Per lui in fondo era un gioco.

Quando il demone si alzò le posò una mano sulla testa. «Hai la pressione bassa, sei disidratata e denutrita... allora, devo arrabbiarmi?» Gli occhi grigi, quasi bianchi, fiammeggiarono dietro il lungo ciuffo di capelli neri che gli copriva metà faccia. Era un periodo talmente carico di lavoro che non era nemmeno riuscito a prendere appuntamento dal barbiere.

Bröna avvampò e subito cercò con lo sguardo Arthur che era rimasto tutto il tempo appoggiato allo stipite della porta, braccia conserte ed espressione severa. Non sapeva più che fare con la sorella. Le preoccupazioni che gli dava a volte gli toglievano perfino il sonno.

Ravviandosi i capelli nero pece, Quinn aprì la borsa medica ed estrasse alcune ampolle. Il ciuffo gli copriva l'occhio tanto che a casa, in solitudine, usava una spilletta. Poco virile ma molto efficace in mancanza di tempo. «Vorrei prendessi queste per un ciclo di tre mesi: mattina e sera.»

Bröna fissò il blister che le aveva messo in mano con sospetto. «Che intrugli sono? Roba demoniaca?»

«Vitamine. Le ho prese nella farmacia qua vicino» rispose seccato, facendola arrossire. «E se ci mangiassi e bevessi dietro qualcosa mi faresti un favore. Sai, le ragazzine viziate devono sfamarsi per continuare a fare i loro capricci.»

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