CAPITOLO 24

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Arthur afferrò da uno dei tanti camerieri che passavano tra i tavoli un flute con dello champagne tracannandolo quasi tutto d'un fiato.

«Sembra che tu abbia problemi con la nuova arrivata» esordì Penelope, strappandogli di mano il bicchiere e posandolo sul primo tavolo a tiro. Lui le rivolse un sorriso di scuse. «Ma bere non ti aiuterà a risolverli.»

«Sinceramente a me pare che i problemi li abbia lei» se ne uscì Maia, schioccando la lingua sul palato e guardando verso il punto in cui era sparita Vell da ormai diversi minuti. «Mi è sembrata una reazione decisamente esagerata per qualche minuto di chiacchiere insieme a noi, insomma... nemmeno ti stessimo scopando in pubblico.»

Arthur si lasciò sfuggire una risata secca e scosse il capo. «Non credo che sia quello il problema. Anzi, penso non gliene potrebbe fregare di meno. Purtroppo è tutto molto più complicato.»

Le tre si scambiarono uno sguardo e la prima a spezzare quel silenzio fu Thalis: «Raccontaci, Simba. Abbiamo abbastanza tempo per annoiarci con le tue storie.» Affondò le mani nei capelli, pettinandoseli con cura. Era un piccolo vizio che aveva sin da bambina, soprattutto dopo che lui e Duba glieli avevano tagliati corti come un maschio. A ripensarci, Arthur si sentì un vero infame. Da piccolo si era comportato da vero bullo.

A quella proposta così genuina però non riuscì a resistere. In realtà aveva bisogno di parlarne con qualcuno e nessuno poteva capirlo meglio di loro, così vicine al suo mondo atipico nel mare dell'atipicità dei sovrannaturali.

Non ci mise molto così a snocciolare loro tutta la storia, anche se una volta finito il racconto si sentì stremato, peggio di una lunga sessione di boxe. L'arrivo di Vell, intrecciato alle loro vite, aveva dato vita a delle situazioni scomode, spiacevoli e al contempo bizzarre. C'erano stati momenti duri, altri più dolci ma per lo più si era accorto che il senso di impotenza che aveva nei confronti di quella femmina gli stava corrodendo l'anima. Non riuscire ad aiutarla come avrebbe voluto era un tarlo fisso che continuava a grattare nel fondo dei suoi pensieri.

E quando credeva di aver fatto qualche passo avanti, succedeva come quella sera, che subito si ritrovava a farne ben il doppio indietro.

«Arty, lasciatelo dire... è una situazione del cazzo.» Maia era da sempre la più franca tra le tre. Niente peli sulla lingua e la delicatezza di uno scaricatore di porto, in compenso, se ti prendeva in simpatia potevi pur stare certo che si sarebbe fatta in quattro per aiutarti in caso di bisogno.

«Ecco, io... non so... mi dà l'idea di una tipa che non si amalgamerebbe bene con le altre tue ragazze» borbottò Thalis, guardandolo dispiaciuta.

«Ma no, no... in realtà va molto più d'accordo con loro che con me.»

Trascinando una sedia lontano da un tavolo, Maia si accomodò e prese a massaggiarsi un piede nudo. Si era sfilata le décolleté imprecando sotto voce e si era ripromessa che quella sarebbe stata l'ultima volta in cui avrebbe messo simili trappole ai piedi. «Sarà. Ma la sua reazione di prima in realtà mi fa credere che sia una tipa poco elastica. Non ce la vedo proprio in un harem.»

Arthur sospirò. Era esausto. Pian piano si erano accumulati un quantitativo di problemi che sembravano non dargli respiro, si sentiva schiacciato al suolo. Il ruolo di Magister era soffocante, i problemi che ne derivavano a volte erano davvero difficili da gestire; inoltre aveva l'obbligo di essere un buon Erus degno del titolo di King, senza contare i problemi legati a Bröna che erano l'eterno sottofondo dei suoi pensieri.

Stancamente si stropicciò gli occhi, domandandosi se fosse il caso di tornare a casa prima. Forse Vell gli avrebbe rimproverato anche quello. «Credo che il suo passato l'abbia segnata più profondamente di quanto sembri.» Scosse il capo. «È così ovvio, in fondo... ha passato l'inferno.»

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