Capitolo 1

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Serrò le palpebre, in un lungo sospiro, adagiando, con una delicatezza che non gli apparteneva, i gomiti sulle ginocchia.

Abituato ad un tenore di vita tanto vacillante quanto solitario, poche cose da egli potevano essere inserite nella sezione delle "certezze".

Ai suoi occhi, l'indomani si tramutava sempre più in un'incognita indecifrabile ed enigmatica, così, col passare del tempo, smise di chiedersi cosa avrebbe fatto il giorno dopo.

Difatti, non era certo di poter arrivare integro a fine mese, di trovare da solo, per l'ennesima volta, lavoro, - e non venir licenziato a causa del suo temperamento diversamente pacato -

Non sapeva neanche chi sarebbe stato il prossimo malcapitato che, per un motivo o per un altro, si sarebbe scontrato con la sua rabbia incessante, la quale mai smetteva di incendiargli il petto.

A dirla tutta, non aveva alcun motivo o sicurezza per pensare che, effettivamente, un domani ci sarebbe stato per lui.

Nè una ragione per farlo.

Si raddrizzò appena col busto, e mentre picchiettava le dita sul lenzuolo candido, si domandò quando si fosse rassegnato alla sua condizione, quando avesse smesso di credere in un futuro migliore.

Sarà che il processo del famoso "farci l'abitudine" è particolarmente lento e illusorio, a tal punto che quando davvero ci hai fatto l'abitudine, è troppo tardi per fare un passo indietro.

L'alone violaceo e ancora lievemente rialzato, che inesorabilmente macchiava la pelle chiara del suo zigomo, non era altro che l'ennesima prova di quanto, la sua esistenza, fosse precipitata in un infinito vortice di sconfitte.

Ma neanche nei casi peggiori avrebbe mai ammesso a qualcuno di aver da sempre - e consapevolmente - intrapreso una via burrascosa, la quale non gli aveva addossato null'altro che guai e pentimenti.

L'impenetrabile corazza d'orgoglio che lo avvolgeva da capo a piedi in una presa stretta e ferrea, superiore in resistenza anche all'acciaio, era tutto ciò che sembrava restargli e dava un minimo senso ai suoi respiri.

Ma proprio come quando "ci fai l'abitudine", in quel momento non si rese conto che cosa in egli stesse per mutare e fosse pronto a sbocciare con naturalezza, con genuina spontaneità, come un girasole.

E nell'identica maniera, vi era l'altra faccia della medaglia, non si accorse, infatti, neanche di come un imminente pericolo fosse nocivamente prossimo alla sua persona.

Improvvisamente il suo corpo sussultò, conducendolo ad inarcare la schiena, quando percepì un tocco freddo percorrere questa dal basso verso l'alto, scuotendolo dall'insieme aggrovigliato che erano i suoi pensieri.

"Hai le dita gelide, razza di idiota" voltò il capo quel poco a sufficienza per scrutare con la coda dell'occhio quello che era un sorriso dolce e accennato, quasi distratto.

"È la tua pelle che sembra essere perennemente bollente" una tenue risata giunse alle orecchie del biondo, suscitata da quel continuo borbottare, giorno e notte "io sono solo temperatura ambiente" proferì divertito, mentre con l'indice seguiva la forma di quello che era uno dei molteplici graffi impressi sull'epidermide di Katsuki, frutti di una notte colma di lussuria e travolgente passione.

"Sei compiaciuto da ciò che mi hai fatto?" stavolta fu il turno per Bakugo di sorridere, ma alcuna innocenza traspariva da quel lieve ghigno, mentre lentamente si avvicinava all'altro, sistemandosi a gattoni sul materasso.

Quel poco di lenzuolo che lo copriva a partire dall'addome in giù, scivolò via in una carezza, e la luce soffusa della lampada posta sul comodino si adagiò sul suo corpo scultoreo, mentre le ombre andavano a definirlo maggiormente.

Le iridi dell'amante dalla chioma accesa, talmente tanto da rimembrare alla mente una fiamma, percorsero con lentezza tale incanto, non riuscendo ad immaginare al mondo cosa più bella.

Egli, non era che traboccante di uno sconfinato desiderio: quello di poter rivivere ancora e ancora tale attimo fuggente.

Nulla, difatti, avrebbe reso Kirishima più gioioso del restare lì, sino alla fine dei tempi, sdraiato su quel letto troppo piccolo per due persone, ma troppo grande per una sola.

Sarà che le cose sembrano tutte più grandi, quando le si affronta da soli.

"Che c'è, non parli più?" ampliò quell'iniziale sorrisetto, Katsuki, con tono soddisfatto, mentre ad ormai un palmo dal suo viso scrutava quelle che parevano essere perle d'ossidiana, incastonate negli occhi del rosso.

"Pensavo non aspettassi altro" si decise a rispondere Eijiro, risvegliatosi da quello stato di trance, sfiorando la punta del suo naso con la propria, ricordando di quanto egli si lamentasse della sua continua parlantina.

Bakugo inarcò un sopracciglio a tale risposta, soffermandosi, quasi involontariamente, ad osservare le sue labbra piene, seguendo la forma dell'arco di cupido.

"Effettivamente..." sussurrò, per poi sdraiarsi di fianco a lui, nella propria limitata metà del materasso, rivolgendogli le spalle.

"Quindi mi dai ragione?" Kirishima seguì ogni suo movimento con lo sguardo.

"Scordatelo." la risposta giunse secca e chiara.

"Dai" sollevò nuovamente gli angoli delle labbra, il rosso, sistemandosi meglio sul letto, coprendo entrambi con premura.

"Ho detto di no." si preoccupò di scandire bene, Bakugo, mentre percepiva le sue palpebre pesare e risentire delle ore di sonno mancate, relative alle notti precedenti "vuoi litigare ancora?" gli sfuggì uno sbadiglio.

"Il finale poi è lo stesso?" osò, Eijiro, ridendo di un divertimento sincero, non riuscendo a far a meno di apprezzare la sua presenza.

Quello scherzoso battibecco, in qualche strano modo, gli sembrò qualcosa appartenente alla quotidianità, come se da anni si cimentassero nello stuzzicarsi a vicenda.

"Finisce che ti prendo a pugni" affondò il proprio volto nel cuscino "se ci tieni a tenerti tutti i denti in bocca, dormi" la voce risultò appena ovattata.

Avvolse dolcemente il suo fianco con il braccio, Eijiro, quasi in un movimento automatico.

"Buonanotte, Tsuki" e chiuse gli occhi.

un girasole a dicembre | KIRIBAKUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora