"Una" in un sussurro, una nuvola di fumo si disperse nell'aria circostante, la quale gelida lo pungeva sul viso quanto un ago.
"Due" da ore aveva perduto la cognizione del tempo: osservare ciò a cui il sole aveva lasciato spazio, dopo esser tramontato, era abbastanza ipnotico da allontanarlo dai suoi caotici pensieri.
Quella distesa di puntini luminosi, che impreziosivano l'oscura notte come un gioiello, come potevano essere così meravigliosamente tanti?
Dovevano avere una fine, una conclusione, prima o poi.
Tutto ce l'ha, è nella natura delle cose.
Il pensiero che le stelle avessero il privilegio di rasentare l'infinito, infastidiva e incuriosiva Bakugo al tempo stesso, a tal punto da portarlo a contarle una ad una.
Davvero quelle sfere incandescenti credevano di averla vinta così facilmente? Avevano decisamente beccato l'essere umano sbagliato.
Era disteso su di una panchina all'angolo di un desolato parcheggio, il braccio destro a sostenere da dietro il suo capo, le dita dell'altro che brandivano una sigaretta ormai prossima al suo termine.
"Tre" fece un altro tiro, gettando via il fumo dalla bocca, percependo i muscoli rilassarsi, - il che era parecchio inconsueto, per lui -
Fumare non rientrava nelle sue abitudini di tutti i giorni, non perché temesse chissà quale catastrofe per i propri polmoni, semplicemente non poteva permettersi troppi pacchetti al mese economicamente parlando.
Così a quel vizio si lasciava andare solo di tanto in tanto o, quantomeno, quando la situazione richiedeva un minimo distacco dalla realtà.
"Quattro" sospirò, chissà se sarebbe tornato a casa, quella notte.
L'idea non lo allettava affatto, quella dimora ai suoi occhi era inevitabilmente mutata in una gabbia da cui fuggire, mentre i costi dell'affitto si moltiplicavano di mese in mese, viverci dentro si faceva sempre più asfissiante.
Forse avrebbe vagato ancora un po' per le strade, o, magari, si sarebbe addormentato proprio lì.
I passanti l'avrebbero etichettato come un senzatetto? Probabile, ma il parere degli altri non rientrava più tra i propri interessi.
Che lo considerassero il sole o la tempesta non aveva importanza, in ogni caso la sua vita non sarebbe cambiata di una virgola, con o senza il loro giudizio.
"Cinq-"
"Non credevo che la feccia sapesse contare." una voce sconosciuta raggiunse le sue orecchie, la cui strafottenza era fin troppo accentuata per i gusti del biondo.
"Eh?" egli, infatti, si sollevò con la schiena e si mise seduto, già pronto a spaccare il naso a qualcuno, calpestando in malo modo la sigaretta con la suola della scarpa.
Non gli importava del parere altrui, certo, ma nessuno poteva permettersi di insultarlo.
"Bakugo Katsuki, giusto?" inclinò il capo, quel losco individuo, il cui corpo era colmo di piercing e cicatrici ben evidenti, "vorrei farti una domanda: occhio od orecchio?" chiese, semplicemente.
Era uno scherzo, per caso?
"Te ne faccio io una" assottigliò le palpebre "vuoi una testata? non ci metto nulla a dartela" non immaginava, tale giovane dai capelli corvini, quanto stesse giocando col fuoco.
O forse era il contrario?
"Avanti" alcuna espressione traspariva dal suo volto martoriato, affatto preoccupato o sorpreso dalla minaccia "preferisci che ti cavi un occhio o che ti tagli un orecchio?" sistemò le mani nelle tasche.
"Conosci il mio nome" lo fronteggiò, Katsuki, afferrandolo di scatto per il colletto, con violenza, "dovresti anche sapere che sono la persona peggiore a cui rompere le palle" proferì a denti stretti, la sua pazienza aveva di già raggiunto il limite massimo e non si sarebbe fatto prendere in giro ancora.
L'altro roteò lo sguardo azzurro, lasciandosi strattonare dal pugno deciso di Bakugo, ad occhio e croce doveva avere solo qualche anno in più rispetto a quest'ultimo.
"Che tristezza, con il tuo abbaiare continuo puoi spaventare solo le bestie come te" alzò il mento, "ma se proprio vuoi picchiarmi" sfilò le mani dalle tasche, sollevandole lentamente in aria, in segno di resa, "fallo pure, non opporrò alcuna resistenza" promise.
Ma prima che Bakugo potesse muovere un singolo muscolo, accennare un qualsiasi movimento, continuò a parlare: "anche se, purtroppo..." il tono della sua voce mutò, stavolta, in un finto dispiacere, "non posso garantire lo stesso per i miei colleghi qui dietro" indicò il punto poc'anzi citato, con i pollici.
"Non seguono di certo i miei ordini, perdonami" sussurrò infine, umettandosi le labbra.
Alle sue spalle, due uomini dalla stazza imponente fecero un passo avanti, la lama affilata che entrambi brandivano in un pugno dalle nocche scorticate, non risultava essere per nulla rassicurante.
Spalle larghe, schiena dritta, sguardo intimidatorio: all'incirca un metro e novanta di seccature, moltiplicato per due.
Al biondo bastò una sola occhiata per riconoscerli, e di certo avrebbe preferito farne a meno.
Li aveva veduti nel casinò in cui, una sera, aveva avuto la malsana idea di mettere piede, senza neanche uscirne totalmente indenne.
Il livido sul suo zigomo e altre macchie violacee cosparse lungo il suo corpo fungevano da perfetto promemoria.
E quanto è certo che il sole nasca ad oriente e svanisca ad occidente, in altrettanto modo era ovvio che più egli tentasse di reagire al suo destino, aggirarlo, più si ritrovava a sprofondare verso l'abisso.
Certo, questa volta i metodi erano stati fin troppo azzardati, ed ora era lì, a pagarne le conseguenze.
Ma è la mera disperazione a far prendere decisioni poco ponderate.
"Che cazzo volete?" strinse i denti, Katsuki, mollando la presa.
L'altro si sistemò le vesti sgualcite, "è il tuo giorno fortunato" annunciò, "dato che non puoi permetterti neanche i soldi per pulirti il buco del culo, dubitiamo potrai pagare il debito che hai con noi" lo sguardo che con inquietante insistenza fissava il volto del biondo, fece incrementare in quest'ultimo il ribrezzo nei confronti di quell'essere privo di pietà.
"Per non parlare di ciò che hai fatto l'ultima volta, poi, davvero di cattivo gusto..."
"E con questo?" non lo lasciò continuare, Katsuki, alzando la voce, "saldare il debito significa diventare storpio? Fottetevi" un misto di acidità e rabbia traboccava dalla sua voce, precedendo ogni sua proposta.
"Diventare storpio" confermò, "o lavorare per noi" impose le sue condizioni.
Bakugo aggrottò la fronte, "per voi?"
"Ti piace tanto farti rispettare" mormorò, avvicinandosi alla sua figura, "non dev'essere difficile, per te..."
"Sporcarti le mani di sangue."
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un girasole a dicembre | KIRIBAKU
FanficL'amore: la forza che muove il mondo, e la medesima che permette al giovane Kirishima Eijiro di portare a compimento ogni suo respiro. Come un girasole non può far a meno di seguire l'imponente stella, cosa accade nel momento in cui tutto sembra ruo...