III

145 18 2
                                    

La mia permanenza in Francia era ancora abbastanza lunga, il secondo giorno era stato decisamente più impegnativo del primo, avevo addirittura saltato il pranzo.
Il pranzo era sacro per me, ogni pasto lo era.
Fin da piccolo avevo il costante bisogno di mangiare, potevo nutrirmi di qualsiasi cosa ma non prendevo mai peso; così, stanco del mio fisico esile, all'età di 14 anni cominciai ad allenarmi, scoprendo di essere portato per qualsiasi sport e di aver sviluppato massa muscolare.
Il mio fisico non mi dispiaceva per niente, ma aveva attirato solo ragazze prive di uno spessore psicologico.
Non mi piacevano.

Ero un tipo da tavola calda, massimo da ristorante di bassa gamma.
Odiavo tutto ciò che aveva a che fare con i ricchi, le piccole porzioni e i prezzi eccessivi.
La campanella all'entrata del "Chez Étienne" attirò l'attenzione della cameriera che con un forte accento francese mi indicò il tavolo in cui sedermi.
Quasi la mia mandibola toccò il pavimento quando i miei occhi si posarano su quella maledetta testa bionda e quegli occhi chiari, puntati verso in basso.
Valutai se fosse opportuno rivolgermi nuovamente a lui, gli ero visibilmente indifferente e parlare con me per lui era più una cortesia che un piacere, però la mia bocca parlò prima del mio cervello.
《Senta, mi dica chi è che la manda. Sono tre giorni che ci incontriamo in tre posti differenti.》
Il biondo alzò con tutta calma lo sguardo dal menù, l'espressione caratterizzata da un sopracciglio alzato
《veramente è lei che sembra particolarmente interessato a me, a dove vado e a ciò che faccio e non il contrario.》
boccheggiai, aveva ragione, ero sempre io quello che gli rivolgevo la parola, ero sempre io che lo trovavo ovunque andassi.
Annuii riconoscendo la verità nella sua affermazione
《si sbaglia, non sono particolarmente interessato a lei, semmai sorpreso. Mi capita di incrociarla ovunque e sa, Parigi non è una città piccola.》.
Assottigliò lo sguardo
《sarà.》
la conversazione per lui era ritenuta finita, tutto il suo interesse voltato nuovamente al menù e al suo stomaco vuoto.
//
Sentii il moro sospirare e sedersi al tavolo accanto, sarebbe stato di sicuro un pranzo sgradevole, odiavo mangiare sentendo lo sguardo di qualcuno addosso ed ero assolutamente certo che sarebbe successo anche quella volta.
Sbuffai.
《Qualcosa la disturba?》
la voce calda del moro giunse alle mie orecchie, sorprendentemente senza tono di scherno, ma di semplice interesse.
《Il suo sguardo.》
lo guardai dritto negli occhi, ben cosciente del mio sguardo glaciale che da sempre era stato in grado di intimidire le persone.
《Non la stavo guardando》
il moro parve confuso, entrambe le sopracciglia alzate e le tipiche rughe d'espressione sulla fronte.
//
Quella era l'unica volta in cui si era messo l'anima in pace con il biondo per concentrarsi sul menù e sulla sua fame.
Il biondo continuò a guardarlo negli occhi per un pò, Jungkook non si diede per vinto.
《Ora è lei che sta guardando me, cosa vuole dirmi?》
Parve pensarci su prima di rispondere
《Niente.》
Jungkook annuì guardandolo volgere la sua attenzione al menù e al successivo cameriere che venne a prendere l'ordine.
Ordinò anche lui, ammazzando il tempo rispondendo a qualche messaggio e cancellando gli spam dalle email ricevute.

Il pranzo continuò tranquillamente, alternavo lo guardo dal piatto, alla vista sulla Senna, al libro che avevo iniziato qualche giorno prima.
Un lamento catturò la mia attenzione.
Senza farmi notare diedi un'occhiata a ciò che stava combinando il biondo, intento a rovistare tra le sue cose, alla probabile ricerca di qualcosa.

《Senta lei》
mi voltai per guardarlo, in attesa di una sua richiesta
《Ha da accendere?》
non fumavo, la mia passione per lo sport me lo vietava, ma tenevo un accendino sempre con me, nell'evenienza.
Frugai nella tasca della mia giacca costosa e mi alzai per dargli l'aggeggio color metallo.
《Vado fuori e poi glielo riporto.》
Annuii e tornai al mio libro.
Le sue dita, a differenza del suo aspetto, erano bollenti.

//

Solitamente non chiedevo mai nulla, ma quella situazione mi aveva reso inquieto.
Quell'uomo era così pacifico che mi faceva innervosire.
Ancor di più chiedergli qualcosa.
Aveva le dita calde, non so perché mi soffermai su questo particolare.
Sbuffai, stavo lavorando troppo, mi stavo rincoglionendo.

Era l'unica spiegazione.

Rimasi a fumare per un bel pò, quando anche la terza sigaretta arrivò al capolinea mi accorsi dell'accendino che dovevo ancora restituire.
Mi battè forte il cuore per la mancanza, mi ero perso nel panorama e nei miei pensieri, probabilmente il castano si stava chiedendo dove fossi sparito con il suo accendino.
Lo trovai quasi a metà del suo libro, quando ero uscito era ad un quarto, leggeva veloce o ero io che mi ero perso troppo a lungo.
Alzò lo sguardo quando poggiai il piccolo oggetto sul suo tavolo, poi parlò con la sua voce calda e rilassante, odiosa.

《Lo ha portato a fare un giro lungo la Senna?》
In quel momento mi accorsi che fino ad ora avevamo comunicato in inglese, la sua pronuncia era bella e curata, non riuscivo a scorgere alcun accento che mi potesse aiutare a comprendere la sua provenienza.

//

《Lei di dov'è?》
Non mi sarei mai aspettato questa domanda così confidenziale da parte sua, che fin'ora non aveva fatto altro che guardarmi male e sbuffare ad ogni mio movimento.
《Corea del Sud》
parve illuminarsi
《mi faccia indovinare, Seoul?》
sentirlo parlare in coreano mi sorprese, non sembrava nemmeno una seconda lingua, lo parlava correttamente e con il giusto accento.
《No, Busan.》

//

Continuai a fissarlo, la mia sopresa fastidiosamente percepibile dalla mia bocca leggermente socchiusa
《curioso, anche io sono di Busan.》
Parve essere sorpreso anche lui.
《Strano,non l'ho mai vista da quelle parti. Mi sarei sicuramente ricordato di uno come lei. 》

Sorrisi, consapevole del mio aspetto non indifferente ai suoi occhi vispi.

《Anche io.》

sit next to me - jikookWhere stories live. Discover now