Capitolo III

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La rossa prese il fucile e si alzò. Guardò davanti a sé, mentre caricava l'arma. L'uomo continuava ad avanzare, suonando il motivetto inquietante con l'armonica.

Guardava fisso verso la ragazza. Sembrava quasi che sorridesse. La rossa gli puntò il fucile contro.

- Fai un altro passo e ti ritroverai ad insegnare agli angeli come si suona quell'affare! - urlò prendendo la mira.

L'uomo si fermò ma non smise di suonare. Continuò a guardare la ragazza negli occhi, come per sfidarla. Quest'uomo è pazzo. Pensò lei.
Erano lì l'uno di fronte all'altro, distanti pochi metri. Lei che gli puntava un fucile alla testa e lui che non voleva smettere di suonare. Per qualche strana ragione, quell'uomo era arrivato fino a casa sua. Forse voleva ucciderla, approfittare di lei o forse stava cercando qualcosa. Ma cosa?
In ogni caso, se ne doveva andare. La ragazza odiava la compagnia.
L'uomo nel frattempo continuava a suonare, ripetendo lo stesso motivetto fino alla nausea. La ragazza scese dal portichetto e gli si avvicinò.

- Cosa vuoi? - disse quasi urlando.

Lui non smise di suonare, si limitó a guardarla negli occhi, senza cambiare espressione.

- Parla, cazzo! - urlò la ragazza, quasi con fare isterico.

Quell'uomo le stava facendo perdere la pazienza. L'avrebbe già ucciso, ma voleva sapere il motivo per cui si era spinto nel deserto per arrivare fino a casa sua. La rossa sentiva la rabbia montarle dentro, cominciò ad avere caldo fino a sudare. Quell'uomo non la smetteva di suonare, la stava facendo innervosire e non poco. Premette un po' di più sul grilletto, con l'intento di spronarlo a smettere di suonare. Ormai quel motivetto le ronzava nelle orecchie, le stava facendo venire il mal di testa. Non ne poteva proprio più. Stava per dirgli nuovamente qualcosa quando improvvisamente l'uomo lasciò andare l'armonica, che gli rimase appesa al collo come fosse un ciondolo. Finalmente calò il silenzio, leggermente rotto dal vento che alzava un velo di sabbia.

- Cosa vuoi? - disse la rossa con tono calmo.

- Voglio offrirti aiuto -

La ragazza si aspettava di sentirsi rispondere in spagnolo madrelingua, come la notte prima. Invece l'uomo le aveva risposto in un perfetto inglese britannico. Questo l'aveva sorpresa non poco. Ma era anche un sollievo poiché dire che lei capiva lo spagnolo equivaleva a bestemmiare.

- Quindi lo parli l'inglese - disse la ragazza, inarcando le labbra in un leggero sorriso.

L'uomo sorrise a sua volta, annuendo. Aveva detto che voleva offrirle aiuto. Ma aiuto per cosa?

- Hai detto che volevi offrirmi aiuto. Per cosa esattamente? -

L'uomo, senza smettere di sorridere, si avvicinò ancora di più alla ragazza. Ormai era così vicino che il suo petto toccava la canna del fucile. Quell'uomo aveva un fucile puntato alle costole eppure non aveva paura. Continuava a comportarsi come se fosse convinto che la ragazza, qualunque cosa avesse fatto, non gli avrebbe sparato comunque.

- Beh, questa mattina ti ho vista mentre guardavi un foglio che avevi estratto da una tasca dei pantaloni -

L'uomo fece una pausa indicando il foglio che spuntava dalla tasca destra dei pantaloni della rossa. Era una locandina con sopra la faccia di Alexander Martin e la rispettiva taglia come ricompensa per chiunque l'avesse catturato. La faccia di Martin era impressa nella mente della ragazza: un viso appuntito, con un sorriso di scherno perennemente disegnato sopra, nemmeno un minimo accenno di barba, gli occhi azzurri come il cielo, i capelli marroni e leggermente ingrigiti, la pelle abbronzata e rovinata dal sole, piena di rughe a causa della vecchiaia. Al solo pensiero si sentiva montare la rabbia dentro, misto ad un senso di puro schifo e voglia di premere il grilletto, desiderio che non poteva assecondare in quel momento.

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