Dovevo dormire questa notte. Perché non l'ho fatto? Semplice. Perché ho deciso di finire Gossip Girl. Ridacchio tra me e me.
Mi guardavo allo specchio e cercavo di passare chili e chili di correttore sotto gli occhi per nascondere le sacche nere che la notte mi aveva regalato.
Il timer del cellulare mi avvisò che entro cinque minuti sarei dovuta scendere, altrimenti avrei perso l'autobus che mi portava davanti alla scuola, perciò mi misi il mascara distrattamente, presi lo zaino e, cercando di fare meno rumore possibile, visto che mia madre dormiva ancora, uscii dalla porta, chiudendola a chiave.
Scesi velocemente le scale e uscii dal portone principale del mio condominio, in zona Moscova, iniziando a camminare verso la fermata, che dista pochi metri.
La nebbia delle sette e mezza del mattino è ormai parte della mia vita da diciannove anni ed è così radicata in me che non saprei come vivere senza di essa. Così come mi mancherebbe la frenesia che si prova sui mezzi a Milano: la fretta, gli sguardi ambigui... Tutto eccetto le urla delle persone al telefono, o dei grandi gruppi, e la puzza di sudore molto simile a formaggio scaduto e a pesce marcio.
Arrivata a scuola, mi misi a dormire sul banco in attesa che la prof arrivasse. Nel frattempo, i miei compagni entrarono urlando entusiasti per la gita. La campanella suonò e la porta si chiuse.
«Svegliati, dormigliona». Adriel mi diede un pizzicotto sul gomito, facendomi sussultare, così alzai la testa, con la vista offuscata e numerosi capogiri.
«Sono sveglia» balbettai pulendomi la bava sul bordo della bocca.
Guardai davanti a me e sbiancai: la prof Marchese mi guardava furiosamente, con le mani sui fianchi e la bocca increspata.
«Siamo in ritardo» annunciò seccata. «Dovevamo uscire cinque minuti fa.»
Tutta la classe si alzò in piedi e ci dirigemmo verso l'uscita dell'istituto scolastico. Mentre gli iniziarono a parlottare tra di loro, nelle mie orecchie rimbombava la musica di Elvis Presley.
«Stavo riposando gli occhi» borbottai a bassa voce.
«Ma se avevi la bava» ridacchiò Adriel.
«Non è colpa mia» mi difesi.
«E di chi?» chiese lei ridendo.
«Di Chuck Bass» dissi sogghignando.
Adriel è la prima persona con cui io abbia veramente legato in classe, pur avendola conosciuta solo in terza superiore. Ha lunghi capelli castani, occhi azzurri grandi quanto il mare e un carattere forte ma al contempo timido.
«Chuck Bass è sempre il responsabile» ribatté ridendo. «Però, dico seriamente. La Marchese ti ha praticamente uccisa con lo sguardo durante l'appello, ma devi stare attenta in questa uscita. È molto importante».
«Come può essere importante la visita alla tomba di Manzoni?»domandai alzando le sopracciglia.
«Fidati. È importante» ribadì Adriel.
L'istituto Carlo Tenca aveva la fama di non rilasciare le autorizzazioni per le uscite didattiche, ma evidentemente la professoressa Eva Marchese era stata piuttosto convincente. Così la quinta linguistico, sezione B, ebbe il grande onore di andare al Cimitero Monumentale per una visita durante l'orario scolastico e, soprattutto, durante il suo giorno di chiusura.
Dopo essere scesi dall'autobus, arrivammo davanti ai giganteschi cancelli verdi del cimitero.
«Ragazzi, per favore, venite qui e ascoltatemi» disse la Marchese.
STAI LEGGENDO
Il segreto del Cimitero
FantasyPRIMO LIBRO DELLA SAGA DEI SEGRETI Questa storia si può trovare facilmente su Amazon sia in cartaceo che in Kindle, ma qui su Wattpad per ora ho lasciato una versione precedente. Demetra Romano è una ragazza di diciannove anni, frequenta l'istituto...