Capitolo 5: La cena

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Ma chi me l'ha fatto fare?

Daniel mi apre la portiera e scopro di essere ancora a Milano, in una via che non conosco. Il mio compagno di classe fa un passo in avanti, anticipandomi, e la macchina scompare alle mie spalle nella via di sassi.

Daniel Micio mi fissa, scrutandomi con attenzione, cercando anche la più piccola esitazione, verbale e non. «Sei pronta?» mi chiede davanti a una piccola porta rustica di vetro.

«Ah» sbuffo. «Perché tutto questo mistero?» borbotto, anticipando le sue mosse. Entro e mi ritrovo in un ristorante. È intimo. La luce emanata dalle lampade è soffusa e i tavoli sono lontani tra loro.

Tutti i presenti si voltano verso di me, curiosi e stupiti, e inizio a sentirmi in imbarazzo. Daniel mi supera e sorride. Un cameriere – con un grembiule nero, una camicia bianca, gli occhi castani e i capelli neri – si avvicina, ascolta quello che ha da dire il mio compagno di classe, che sussurra debolmente e annuisce rigidamente.

«Mi segua, signorina» mi dice il cameriere.

Daniel si fa da parte e mi indica di andare avanti per prima. «Va bene» mimo con le labbra.

Passiamo davanti alle persone che mi avevano rivolto uno sguardo cattivo sguardo e all'improvviso vedo, seduto a un tavolino tondo con la tovaglia color crema e una candela al centro, l'uomo di ieri sera, quello che avevo visto sotto la tomba di Manzoni e che si trovava tra la professoressa Marchese e la guida turistica Chandra Sauro.

Indossa un completo nero e i capelli sono perfettamente in ordine. È appoggiato allo schienale e guarda in basso, sistemando la forchetta fuori posto. Dietro di lui, seppur nascosti, ci sono due uomini alti e grossi. Hanno un auricolare e tengono le mani davanti a loro.

Sono le guardie del corpo?

Chi è questo tizio?

Mi avvicino al tavolo, seguita da Daniel, e l'uomo misterioso solleva lo sguardo, che si illumina rapidamente. Si alza velocemente, mentre Daniel viene al mio fianco e il cameriere si dilegua.

«Devo supporre che sia L.D.?» dico scortesemente.

«Sei arrivata» mormora con tono pacato.

«Non mi hai risposto».

«Non mi hai salutato» ribatte l'uomo misterioso per poi rivolgermi un sorriso. Daniel, tornato dietro di me, mi toglie il cappotto.

«Grazie» borbotto imbarazzata.

«Ti prego, accomodati» mi invita indicando la sedia al suo fianco.

Lo guardo per qualche secondo e mi rendo conto che il suo atteggiamento così pacifico mi sta irritando.

Mi siedo velocemente, tentando di anticipare il suo gesto galante di accompagnare la sedia, e sospiro profondamente.

«Grazie per essere venuta» dice sorridendo.

«Avevo scelta?» mormoro incrociando le braccia al petto.

«L'essere umano ha sempre libertà di scelta» afferma.

«Perché? Voi non l'avete?» domando.

«Ti sta d'incanto il vestito» dichiara cambiando argomento.

«Hai detto che potevi aiutarmi a capire» affermo schiettamente, saltando tutto il preambolo.

«Ordiniamo?» propone.

Sto parlando con un sordo?

Sbuffo e prendo il menù che il cameriere ha messo davanti a me.

Il segreto del CimiteroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora