Capitolo 15: Archivi Segreti

122 21 55
                                    

Il mio corpo viene scosso dolcemente, come se fossi su una barca e l'onda del mare mi stesse facendo oscillare. Apro gli occhi lentamente, sbattendoli più e più volte finché gli oggetti intorno a me non prendono forma e colore.

Devo essermi addormentata in aereo. Adesso dove sono?

Mi alzo a sedere e respiro l'aria che mi circonda.

Sono su un grosso letto bianco, ai cui piedi si trova una coperta color arancio e sei cuscini, due intonati alla coperta e gli altri per dormire. Mi guardo intorno e deduco che mi trovo in un albergo a Roma: il muro è tappezzato con una carta da parati che ritrae piazza San Pietro; accanto al letto ci sono due comodini in legno con delle abat-jour eleganti. Allungo la testa e vedo un'altra stanza oltre a quella in cui mi trovo. Non è il bagno... Mi alzo e appena oltrepasso la grande porta scorrevole nera noto un grande divano rosso, davanti al quale si trovano un mobiletto in quercia e un televisore gigante a schermo piatto.

All'improvviso si apre un'altra porticina, facendomi sussultare. Mi volto di scatto e vedo Daniel, intimidito dal mio spavento.

«Non volevo farti paura» sussurra evitando il mio sguardo.

«Non preoccuparti. È stato momentaneo. Dove siamo?» domando.

«A Roma» risponde Daniel.

«Potevate svegliarmi. Chi mi ha portato in braccio?»

«Sono stato io e non volevamo svegliarti. Non riposi bene da un po'» afferma il mio compagno di classe, amico e vampiro.

«Va bene. Hmmm... Grazie» mormoro evitando il suo sguardo apprensivo. «Dov'è Elia?»

«A parlare con i suoi capi» borbotta Daniel a testa bassa.

«Va bene...» sospiro. Mi giro e vado alla finestra, appoggiandomi allo stipite e guardando fuori, dove il sole sta ormai tramontando.

«Come stai?» domanda Daniel avvicinandosi lentamente.

«Vuoi la risposta ovvia o quella sincera?»

«Sincera.»

«Sono a pezzi» bisbiglio. La mia gola si serra all'istante e le lacrime che non sono cadute in questi giorni si depositano sulla palpebra inferiore. «Mi sembra di essere caduta dal diciottesimo piano di un palazzo e di essere ancora in caduta libera. Sto aspettando di sentire il botto, l'impatto del mio corpo sul terreno che distrugge ossa e organi, ma nulla. La mia testa è in preda a uno stato di shock e non so cosa fare, perché è tutto così confuso. Ho un sacco di domande e mia madre - adottiva, specifichiamo - è morta... Chiara, la dolce Chiara della nostra classe, era uno schifosissimo e sudicio essere che sottrae le anime alle altre persone, che si trasforma in un qualcosa di aberrante. Io...»

Scoppio a piangere. La scatola di dolore sul petto esplode in mille pezzi: le gambe iniziano a tremare e il cuore batte forte.

Percepisco le possenti braccia di Daniel avvolgermi e per qualche istante mi sembra di non soffrire più.

«Va tutto bene» mi sussurra Daniel all'orecchio.

Mi stacco d'istinto e, asciugandomi il viso con il dorso della mano, tra un singhiozzo e l'altro borbotto: «Chi sei tu? Che ne hai fatto dello sbruffone della classe?»

Lui si limita a sorridere timidamente e a scavarmi nell'anima con quei suoi occhi azzurri.

La porta della camera d'albergo si apre improvvisamente. È Elia.

«Buongiorno!» esclama sorridente.

«Ma è sera...» ribatto.

Alle sue spalle appare un uomo vestito di tutto punto, con giacca, pantaloni e cravatta neri e un auricolare trasparente. È una guardia svizzera; si capisce dalla postura: è rigido, con le braccia dietro alla schiena, e gli occhi scrutano velocemente tutto ciò che lo circondano.

Il segreto del CimiteroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora