1. Questa è la tua storia, Lexa

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Lexa's pov
Sono passati due giorni da quando Clarke ha tentato di uccidermi. Non riesco a togliermi quell'immagine dalla testa. È diventata così, per causa mia? Il mio tradimento a Mount Weather l'ha costretta a compiere azioni che le hanno segnato la vita. Dio solo sa quanto mi sia costato guardarla negli occhi, quegli occhi, e doverla lasciare lì da sola. Erano giorni che i comandanti nella mia testa cercavano di comunicare con me e mi spingevano a rompere l'alleanza con gli Skaikru, ma fino a quel momento ero riuscita a rimanere lucida e a rispettare la mia volontà. Poi, avendo visto la mia gente finalmente libera dalle torture della montagna, ho dovuto scegliere. Il patto è stato necessario affinché la mia gente ricordi che sarà sempre al primo posto per me. Ma è davvero così, ora? Non riesco a restare lucida, continuo a vedere gli occhi di Clarke, gli stessi che sorridevano quando mi guardava e mi diceva "L'hai già fatto tu" , ora sono colmi di rabbia e delusione. Ancora peggio, quando mi ha messo il coltello alla gola, erano spenti, cupi, come se non provasse nulla. Poi, è scoppiata e sono arrivate le lacrime. Lacrime che io ho causato. Le ho detto che era libera di andare, ma non l'ho fatto per lei. Incrociare il suo sguardo e vedere l'odio ed il disgusto nei miei confronti mi sta distruggendo. Non volevo se ne andasse. E lei non l'ha fatto. Mi ha stupito di nuovo, ha accettato la mia proposta: ora il suo popolo si unirà al mio come tredicesimo clan. Nonostante continuasse a guardarmi con disprezzo mentre lo diceva, sono riuscita a respirare tranquillamente per qualche secondo, forse ha capito che per mantenere la pace è necessaria la mia autorità. È un inizio, ora sta a me non deluderla di nuovo.
Quando il sole sarà al sommo, Clarke dovrà incontrare la madre, per spiegarle le condizioni dell'alleanza. Sento bussare alla porta. È Titus ad entrare dicendo: "Comandante, Wanheda ha richiesto di vederla". Annuisco acconsentendo a vederla. Ovviamente. Spero solo che non abbia cambiato idea, se decide di tornare ad Arkadia, l'avrò persa per sempre. Clarke entra e viene spedita verso di me. Noto che nei suoi occhi è tornata un po' di quella luce che mi ricorda quelli di mia madre. Ricordo tutto di lei, probabilmente senza di lei non avrei mai superato la morte di mio padre e avrei reso vani i suoi insegnamenti. Ero sul punto di mollare tutto. Ma quella luce nei suoi occhi mentre mi parlava mi ha fatto restare. Nei suoi occhi vedevo emozioni, coraggio e forza. I stessi tratti che rivedo in quelli di Clarke. Quando li guardo a volte devo nascondere i brividi che mi provocano i ricordi. "...è probabile che inizialmente siano contrari alla coalizione" sta dicendo Clarke. Mi accorgo di non aver sentito la prima parte del discorso e probabilmente anche lei se ne è accorta, perché mi sta fissando con aria interrogativa. Nella mia testa c'è un uragano di ricordi e di pensieri dei comandanti che mi hanno preceduta, ma c'è dell'altro. Agitazione, sentimento. Clarke dice che probabilmente è meglio affrontare quell'argomento più tardi, quando sarò più lucida, e a quel punto temo che se ne vada, ma mi stupisce di nuovo dicendo: " Comandante, perché tutte queste candele? È un'usanza abituale dei Trikru?". Mi sento affogare. Come è possibile che questa ragazza riesca sempre a pormi domande che mi obbligano a parlarle di me e del mio passato? Tuttavia mi sta ancora guardando negli occhi, e riesco a notare una scintilla di curiosità oltre alla luce che li caratterizza. Cavolo, non ne ho mai parlato a nessuno ma non riesco a deludere quegli occhi, non di nuovo. Le faccio cenno di sedersi sul letto e faccio lo stesso, stando attenta a restare distante in modo tale da evitare contatti che potrebbero essere sgraditi da lei che ancora mi odia profondamente, o almeno così sembra finora. Inizio a parlare fissando alternativamente la candela sul letto e gli occhi di Clarke. "Quando avevo 12 anni, mio padre non tornò da una missione di spionaggio in una delle terre vicine. Mia madre continuava a ripetermi che sarebbe tornato, ma non ero mai stata brava a credere alla gente e restai in angoscia per giorni, se non settimane, in attesa del suo ritorno. Una mattina mi svegliai sentendo bussare alla porta, da dove entrarono mia madre ed Anya, che allora era il comandante, e mi spiegarono che mio padre era rimasto ucciso in un combattimento. La sera il corpo sarebbe stato bruciato come era usanza fare con i defunti. Dopo quelle settimane di angoscia credevo che avrei accettato meglio la notizia essendomi preparata, ma non fu cosi. Non piansi, quello non lo faccio dalla nascita, probabilmente. Restai semplicemente immobile e chiesi di restare sola. Passai tutto il giorno a ricordarlo. A ricordare ogni sua parola, ogni suo gesto, ogni suo insegnamento. Poco prima della cerimonia del fuoco, mia mamma entrò in camera. Io avevo scelto di fuggire e restare sola per un po', non riuscivo a restare lì, ogni cosa mi ricordava di lui. Mia madre aveva probabilmente capito le mie intenzioni, perché si inginocchiò davanti a me e mi fissò negli occhi. Mi disse di non farlo, che avrei reso vani tutti gli insegnamenti di mio padre. Mi disse che aveva bisogno di me. La luce nei suoi occhi venne sostituita dalle lacrime. In quel momento decisi di restare, sin da bambina i miei genitori mi preparavano per diventare comandante, ed ora avevo un motivo in più per farlo. Mio padre. Andammo alla cerimonia ed Anya mi chiamò accanto a se per appiccare il fuoco. 'You gouplei ste odon' furono le ultime parole di tutti. La sera tardi, tornata nella mia stanza trovai mia madre sul letto, con una candela spenta in mano. Mi sedetti accanto a lei".
Presa dal ricordo non riesco a nascondere i brividi stavolta, e mi accorgo che Clarke lo ha notato. Alzo la testa e continuo a parlare, sperando di spostare la sua attenzione. "Mi disse che c'è un motivo per cui quando un terrestre muore, ripetiamo la stessa frase per tutti. 'La vita è una lotta, Lexa, ricorda le parole di tuo padre. Quando una persona muore, si dice che la sua lotta è finita, ma non credo sia questo il suo caso. Lui ora deve lottare per te, per proteggerti e ricorda che sarà sempre al tuo fianco.' Mi disse di accendere la candela con lei e lo feci. Quella candela era il simbolo che mio padre continuava a lottare per me. Così continuai ad allenarmi e a seguire le lezioni di Titus, ogni sera tornavo a controllare se la candela era accesa ancora. Lo era sempre. Quando Anya morì, uccisi gli altri Natblida e divenni il nuovo comandante. La sera trovai la candela spenta. Pensai che la lotta di mio padre era finita, ed ora stava a me continuare la mia. Una delle prime cose che feci fu il tatuaggio che ho dietro la schiena. Poi imposi che per ogni terrestre che moriva, venisse accesa una candela dai suoi cari. Questa sarebbe stata posta a Polis, dove era più rappresentativa per la persona per cui era stata accesa. È un modo perché le perdite continuino ad essere con noi".
Clarke è davanti a me, e noto che cerca di parlare ma si ferma. Nei suoi occhi ora la luce è più intensa che mai. Vorrei restare a fissarli per ore, ma lei interrompe il silenzio dicendo: "Avevo ragione quando dicevo che mi avevi fatto cambiare idea su voi terrestri. È una storia stupenda, Lexa ed è la tua storia. Sono felice che tu ne abbia parlato con me".
Sentirmi chiamare di nuovo Lexa mi scuote, non lo faceva da prima del mio tradimento. Il mio cuore manca un battito e mi accorgo che sto ancora fissando i suoi occhi, e che non sto nemmeno sbattendo le palpebre. Mi riprendo subito ed alzo lo sguardo, cambiando discorso. "Clarke, tra poco tua madre sarà qui, è meglio che tu vada a prepararti". Lei si alza dal letto e se ne va, dopo aver detto: "A dopo, Lex...ehm... comandante". Non riesco a trattenere un sorriso, che però lei non nota perché è già uscita. Ha di nuovo pronunciato il mio nome. Non so quanto valga per lei quello che le ho appena raccontato, ma per me ha un valore enorme. Non lo avevo mai raccontato a nessuno, nemmeno a Costia, e non pensavo che lo avrei mai fatto. Forse nei suoi occhi c'è ancora più luce che in quelli di mia madre.

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