Capitolo 2 - Impulsività

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"Goditi la serata e non pensare a domani, goditi la serata e non pensare a domani", deve essere la milionesima volta che me lo ripeto.

La faccia di Stewart, il mio assistente, rispecchia però il mio umore e non serve a niente che Heather tenti di sdrammatizzare.

Sento la catastrofe incombere.

«Alexis, dai, non fare quella faccia. Siamo da Cielo! Divertiti!», mi incita ancora Heather.

Amo questo piccolo locale. Io e Heather ci veniamo spesso per bere e ballare quando facciamo le nostre uscite tra ragazze, ma non basta nemmeno questo stasera.

«Forse non andrà male», commenta Stewart lanciandomi un'occhiata poco convinta.

Sbuffo rimestando il mio cocktail rosa acceso, poi prendo una generosa sorsata.

«Ricapitoliamo», inizio sfilando l'ombrellino colorato dal cocktail. «Il nostro capo, proprietario e ideatore di una delle case di moda più affermate al mondo, Wilson Holt, ha tirato le cuoia all'improvviso. Domani arriverà in ufficio suo figlio a prendere in mano le redini dell'azienda», dico tanto per fare il punto della situazione.

«Lo hai già ripetuto dieci volte», mi fa notare Heather alzando gli occhi al cielo.

«Forse non ti rendi conto che fino a ieri non avevamo mai sentito parlare del caro Holt Junior. Non sapevamo nemmeno che il signor Holt avesse un figlio», commento con tono isterico.

«Questo è vero. Mai visto da noi, mai visto in generale, anzi... mai nemmeno sentito nominare, figurati che non è nemmeno menzionato in nessuna pagina del sito della Holt», mi dà finalmente ragione Stewart.

Non che a lui la situazione non sia chiara, semplicemente sta tentando di convincersi che tutto andrà bene per non entrare nel panico come me.

«Be', vedila da un'altra prospettiva. Se è il figlio, sicuramente è giovane. Magari darà una botta di vita all'azienda», tenta di considerare il lato positivo Heather.

«Sì, certo... Sarà il classico fannullone. Un mangiasoldi figlio di papà. Se fosse stato capace, in tutti questi anni, non credi che si sarebbe occupato dell'azienda?», faccio presente inarcando un sopracciglio.

«Purtroppo, mi trovo costretto a dare ragione ad Alexis. Cioè... Non lo conosco e non posso sapere se sia un fannullone o meno, ma sono certo non si sia mai interessato della Holt. Magari di moda non sa assolutamente niente», osserva Stewart che non può più nascondere la testa sotto la sabbia.

«Non lo avete cercato su Google?», domanda Heather scuotendo il capo e facendo muovere i vaporosi capelli castani.

«Che fissa questa mania di cercare tutta la gente su internet. No, solo pensare di doverlo vedere mi mette ansia. Figurati se lo cerco su Google. E poi, cosa dovrei cercare? Non so nemmeno il suo nome completo. Sull'email che è arrivata a tutto il personale c'è scritto "Z. Holt"», ribatto tormentandomi una pellicina sul dito.

«Alexis, siamo nell'era di internet, pare tu stia ancora all'età della pietra. Scommetto che, cercando come si deve, sapresti tutto di lui, se vuoi lo faccio io ora», impugna il cellulare Heather.

«Lascia perdere, per l'amor del cielo», la blocco. «Mi viene l'ansia solo a pensarci. Odio internet», rabbrividisco.

«E tu?», domanda indicando Stewart., «Anche tu allergico a internet?», indaga.

«Sono un uomo, hai presente? Non leggo riviste di gossip, non sapevo nemmeno che Holt avesse un figlio, su Instagram seguo solo aziende di macchine e i New York Knicks, a parte i miei amici. Comunque, domani lo vedremo, fosse una donna mi darei da fare per scoprire che faccia abbia, ma è un maschio.» Scrolla le spalle.

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