capitolo 6

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Passo due ore intere sulle strade di Washington mentre continuo a pensare ad un posto dove poter dormire.

L'unica persona che conosco in questa città è Dylan...ma non posso e non voglio chiedere aiuto a lui.

Improvvisamente mi rendo conto di essere una delle persone più stupide di questo mondo.

Mio padre è miliardario,ho una macchina che fa invidia anche a Justin Biber,vivo in una casa grande quanto il Palazzo della regina Elisabetta,e non mi viene in mente di andare in un cazzo di hotel!

Parcheggio davanti alla prima scritta luminosa che vedo e scendo dalla macchina.

All'entrata c'è una vecchietta che nonostante siano le 3 del mattino legge qualcosa che sembra abbastanza antico con una musichetta classica di sottofondo.

-Salve vorrei parlare con qualcuno per una stanza,sa dove potrei trovarlo ?- chiedo alla signora

Alza lo sguardo dal suo "libro" e si toglie gli occhiali
-Io sono la proprietaria,dimmi tesoro-

-Oh si mi scusi pensavo fosse...- cerco la parola giusta da dire ma lei mi interrompe

-Troppo vecchia-dice
-Non hai tutti i torti,ma finché ho le forze manderò avanti questo posto,sai me l'ha lasciato mio marito prima di morire-

Osservo per bene la sua figura e riesco quasi a sentire sulla mia pelle il dolore che ha provato nella sua vita questa donna.Ha un sorriso che riuscirebbe a scaldare perfino la mia anima ma gli occhi non mentono.

-Beh si è un bel posto- dico cercando di sdrammatizzare

-Molti anni fa era un successo...lo amavano tutti- afferma riferendosi al marito

-Dopo la sua morte piano piano siamo rimasti senza clienti,sono stata costretta a licenziare tutto il personale e cavarmela da sola,spero di riuscirci per lui.-

Rimango ferma a guardarla senza dire niente, o meglio prima di dire un'altra delle mie stronzate.

-Quanto tempo fa se n'è andato?- chiedo
-Beh siamo a 25 ormai-

Venticinque anni...senza un marito e senza aiuto,una donna che riesce a dirigere un hotel e soprattutto a mantenerlo aperto tutto questo tempo è da ammirare.

-Sicuramente ha fatto un buon lavoro e suo marito sarà fiero di lei- rispondo solo.

-Prendi questa,è la stanza migliore,pagherai domani mattina non ti preoccupare- dice dandomi una chiave.

Guardo il numero ed è il 333.

-Grazie mille,buonanotte-
Dico allontanandomi prima di dire altre cose fuori posto.

-Anche a lei signorina-

Dopo tre piani di scale arrivo davanti alla mia stanza,accendo la luce e mi fermo sulla porta per guardare bene la stanza,ma la vista mi si appanna e le lacrime ricominciano a scendere sulle mie guance.

Chiudo la porta e lascio tutto per terra andando verso la finestra.

Le luci della città diminuiscono ogni minuto.Le persone si portano le sofferenze,il dolore ma anche la felicità sotto le coperte.C'è chi vive in una bugia ma riesce comunque a dormire tranquillo e chi appoggia la testa sul cuscino sperando di prendere sonno mentre la paura di un giorno che potrebbe essere peggiore di questo,lo tiene sveglio.

Mi chiedo a quale tipologia appartiene mio padre...

Continuo a stare in piedi davanti al vetro che vorrei superare,cosa succederebbe se domani non ci fossi più? Ci sarà mai qualcuno che piangerà per avermi persa?Le persone si accorgerebbero della mia assenza o continuerebbero la loro vita come se non fosse successo niente?Sicuramente l'ultima opzione,in fin dei conti perché qualcuno dovrebbe pensare a me.

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La luce del sole mi acceca ma allo stesso tempo mi fa capire che ho passato l'intera notte a sprecare le ultime lacrime che mi erano rimaste.

Mi faccio una doccia veloce e metto un vestito nero abbastanza attillato ma che arriva fino a sopra il ginocchio,per evitare troppa classe scelgo un paio di stivaletti al posto delle mie solite stiletto.

Un filo di trucco e mi preparo per una nuova giornata di scuola.

-Buongiorno- saluto la proprietaria dell'albergo che sta bevendo il suo caffè

-buongiorno anche a te,dormito bene?-

Sorrido e faccio un cenno con la testa

-Non si direbbe dalle tue occhiaie- dice però lei

-Penso di essermi raffreddata,ma la stanza è perfetta,penso di rimanerci per un po- e automaticamente tiro fuori i soldi per pagare l'alloggio di una notte

-Come ti chiami- mi chiede respingendo i soldi

-Xenia-

-Io sono Margaret.Figliola,i tuoi occhi non mentono,hai passato la notte a piangere ed è chiaro,sei la benvenuta finché vuoi,mi pagherai tutto quando deciderai di tornare a casa-

Sorrido di nuovo ed esco senza dire niente.Mi avrà presa per una maleducata ma non ho la forza di parlare con nessuno questa mattina.

Alle 8.05 parcheggio davanti scuola e cammino come se stessi per entrare in una stanza delle torture.

Cerco l'orario sul tabellone all'entrata e per fortuna in prima ora ho biologia,non riuscirei a vedere anche Dylan...

Mi siedo all'ultimo posto questa volta perché non ho nessuna intenzione di seguire la lezione di oggi,voglio stare il più lontano possibile da qualsiasi professore per evitare che mi venga in mente di dire qualcosa di spregevole.

-Non pensavo di aver fatto subito colpo su di te,però se ti sei messa accanto a me nonostante fossero vuoti quasi tutti i posti allora ci sono riuscito senza alcun sforzo-

Mi giro per vedere a chi appartiene questa voce.

Il principino.

-Neanche ti avevo notato figurati- rispondo

-Dicono tutte così e dopo due ore mi ritrovo nel loro letto- ribatte

-Neanche se mi trovassi nella disperazione più totale verrei a letto con te-

-Non c'è bisogno di essere disperata,se sei stressata posso anche fare uno sforzo e rallegrarti un Po la giornata- mi sussurra nell'orecchio

-Ma guardati...è bastato questo per farti rabbrividire,come fai a dire di non volermi-

-I brividi sono causati dallo schifo non da altro tranquillo- dico ridendo

Quanto vorrei che fosse così...lo ammetto il mio corpo ha reagito inaspettatamente in questo modo,ma sicuramente si tratta della stanchezza.

-Lo sai anche tu che prima o poi ti troverai tra le lenzuola insieme a me-

-Lo sai anche tu che hai troppa autostima e con me non succederà mai-

Senza LimitiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora