NB: totalmente Joe's POV
Ero davvero pronto?
Volevo riaprire quella ferita?
Il silenzio era calato ormai da parecchi minuti, ma non riuscivo a parlare. Non riuscivo nemmeno a guardare Hanna negli occhi. Volevo... Volevo solo abbracciarla, sentirla vicino con il suo profumo e il suo calore, per distinguere il passato dal presente.
Non volevo farmi travolgere da tutto quel dolore e quel senso di colpa che non mi aveva mai abbandonato.
Fingevo da anni che tutto fosse definitivamente finito, che tutto andasse bene, ma solo in momenti come quello ricordavo che non fosse così.
Niente era finito e io non ero certamente cresciuto o cambiato. Ero lo stesso ragazzino con gli occhi sbarrati dalla paura e la bocca secca, incapace di chiedere aiuto.
Lei avrebbe capito?
Mi avrebbe continuato a stringere a sé come faceva in quel momento, anche se le avessi rivelato le mie paure più profonde e viscerali?
Lei sarebbe continuata a restare orgogliosamente al mio fianco, scoprendomi un codardo?
"Joe stai tremando da minuti. Che hai?"
La preoccupazione nella sua voce mi fece sorridere e riprendere fiato.
Potevo farcela.
Dovevo farcela.
"Sono nato in un piccolo paesino di provincia dove il minimo pettegolezzo diventava un vero e proprio romanzo. Fino all'età di 12 anni sono cresciuto facendo quello che volevo, leggendo a più non posso e scrivendo storie inventate di sana pianta, solo per sfogo personale. Io amavo i miei genitori e loro amavano me : eravamo felici. Hai presente la classica famiglia perfetta?"
La guardai finalmente negli occhi e lessi solo una punta di curiosità e molta preoccupazione. Probabilmente il mio volto era molto più rivelatore delle mie parole.
"Io e Isabelle eravamo inseparabili; una cosa sola. Io correvo, lei correva, io disegnavo lei mi guardava e provava ad imitarmi, io ridevo e lei cercava di sorridere non capendo nemmeno il motivo. Isabelle era mia sorella ed io l'amavo con tutto me stesso. Te l'ho detto, eravamo la classica famiglia perfetta, tutto filava liscio ed io mi sentivo compreso, amato e gratificato ogni giorno. Mi svegliavo sentendo mia madre cantare dalla cucina, mio padre che imprecava contro i cani del vicinato e mia sorella che mi veniva a svegliare con il bacio del buongiorno. Era stupendo, Hanna."
Presi fiato, portandomi una mano tra i capelli. Ogni parola diventava sempre più difficile da pronunciare. Ogni ricordo diventava più indelebile da cancellare.
Non volevo sembrare indifeso e impaurito, ma essere uomo non preclude di certo non avere paura.
Ci illudiamo sempre di essere forti, ma soffriamo molto di più di quanto riveliamo agli altri.
"Continua Joe, stai tranquillo. Sono qui."
Mi posò un bacio sul mento e io le accarezzai il viso di riflesso.
Lei c'era.
Lei non mi avrebbe abbandonato.
"Ogni notte, prima di andare a dormire, leggevo una storia ad Isa. Ogni sera ci divertivamo ad imitare le voci, le movenze e i gesti dei nostri personaggi preferiti. Le raccontavo di mondi incantati, di fate buone e di poteri magici. Ogni sera mi addormentavo con le braccia incrociate sul suo letto, non accorgendomi del tempo che passava e della notte che si avvicinava. Ma una notte non fu così."
Mi bloccai di nuovo, respirando velocemente e meno ritmicamente.
Portai due mani sul mio viso, nascondendomi da tutto e da tutti. Cercando di nascondere la paura.
"Joe, non sei obbligato... Ti prego, se non ce la fai : non ti sforzare. Non mi interessa vederti così terribilmente impaurito solo per conoscerti meglio. Posso aspettare, davvero."
Sentii due mani sovrapporsi alle mie e un respiro caldo sui miei capelli.
Non mi mossi, non riuscii ad alzare il viso per incontrare il suo. Volevo parlare, volevo svuotarmi. Avevo soffocato quell'esigenza per 10 anni e proprio in quel momento che avevo iniziato, non mi sarei fermato.
Sarei arrivato fino alla fine.
"Una notte di fine luglio, mi svegliai sul letto di Isa. Ero sempre in quella posa scomoda: seduto sulla poltrona con le braccia incrociate sul letto. Alzai il capo e dopo pochi minuti di intorpidimento, vidi un'ombra sul balconcino di fronte a me."
Una lacrima, una fottuta lacrima mi abbandonò il mio viso seguita da una fila numero di sue simili. Mi ritrovai il viso bagnato contro le mie mani.
Alzai il capo, appoggiandomi al letto. Non sentii nessuna stretta, nessun calore.
Hanna aveva capito che anche un semplice sussurro, in quel momento, poteva farmi crollare. Poteva farmi scoppiare.
"Isa era in piedi sul piano di marmo del balconcino. Mi alzai di scatto, precipitandomi di fronte a lei. Ricordo ancora le sue parole come se fossero incise sulle mie palpebre –Jojò, guardami. Ora sarò come Peter Pan, ora volerò via verso l'isola che non c'è. Ti voglio bene Jojò.-E io... Io non riuscii a dire nulla. Avrei potuto urlare per chiamare i miei, avrei potuto dirle di stare ferma e di non muovere quei piedini esili e troppo piccoli per abbandonare quel marmo... Per abbandonare me. Sai cosa feci, Hanna? Sai cosa fece il tuo ragazzo bello e misterioso?
Allungò una mano timidamente, ma troppo tardi. Riuscii solo a sfiorare la sua camicia da notte di flanella, prima di sentire il tonfo del suo piccolo corpicino dal giardino.
Corsi, corsi a più non posso come se avessi avuto il diavolo alle calcagna. Corsi fino al piano inferiore e la vidi.. Sorrideva, Hanna! Mi sorrideva con il suo corpo senza vita e insanguinato. Mi sorrideva anche mentre la scuotevo per svegliarla: LEI DOVEVA SVEGLIARSI! Io... Io..."
Cominciai a picchiare la testa contro la testiera del letto, incapace di fare altro. Piangevo e ricordavo, ricordavo e mi maledivo.
Perché?
Nonostante fossero passati 10 anni, sentivo ancora la sua voce prima di addormentarmi, sentivo ancora il suo bacio del buongiorno quando ero solo nel letto, sentivo... Sentivo ancora il cuore farmi male, perché non avevo potuto salvarla.
Hanna si avvicinò timidamente, guardandomi per la prima volta con un'enorme dolore.
Stava... piangendo? Anche lei stava piangendo?
"Joe..."
Mi afferrò, portandomi tra le sue braccia, il suo profumo e il suo mondo.
Iniziai a singhiozzare come un bambino, come quel bambino di anni prima che non aveva potuto fermare il tempo.
Rimasi tra le sue braccia per un tempo indefinito, sentivo solo i suoi sussurri i suoi "Va tutto bene" oppure "Joe, sono qui." Sentivo le sue carezze sui capelli, il suo respiro sul collo e i suoi baci sulle guance.
Avrei voluto fermarla, dirle che stavo bene e che non necessitavo di cure. Non necessitavo di forza, perché ero un uomo.
Ma gli uomini non piangono e non soffrono?
Gli uomini sono esenti dal dolore?
No, purtroppo no.
"Hanna..."
Lei alzò il capo, tornando a guardami negli occhi.
Marrone contro verde.
Lacrime con lacrime.
"In qualunque libro, storia o film, ci sono le frasi ad effetto, baci memorabili e scene d'amore come piacevole antidolorifico. La vita è tutta un'altra cosa... Non so cosa fare, mi sento stupida e incapace. Posso abbracciarti?"
La sentii agitarsi, senza mollare però la presa. Mentre cercavo di contenere le lacrime, sorrisi per l'assurdità di quella scena.
Dovevo essere io quello che consolava e abbracciava, non il contrario.
Eppure non mi dispiaceva. Non mi dispiaceva sentirla vicina, sentirla agitata perché non sapeva cosa fare.
Era... profondo. Era più profonda quella frase timida ed insicura, di mille parole belle dette solo per ipocrisia.
"Non mi dai fastidio, scema. Sono io quello lagnoso questa sera."
Mi asciugai gli occhi energicamente, tornando man mano ad una parvenza di serenità.
Non potevo continuare a piangermi addosso, influenzando così anche lei.
Piangeva lentamente e con un certo contengo, come se condividesse il mio dolore ma fosse intimidita dal dimostrarlo davvero.
"Vieni qui."
Invertii le posizioni, racchiudendola tra le mie braccia. La trascinai contro il mio petto e la strinsi a me. Nonostante lei fosse tra le mie braccia, ero io che attingevo forza da lei. Era lei la mia ancora di salvezza.
"Joe, mi dispiace tantissimo."
La sentii tremare e scoppiare a piangere di nuovo. Non credevo che la mia storia potesse risultare così triste. Ma Hanna piangeva e mi stringeva.
Mi diceva che le dispiaceva per una cosa che lei non avrebbe mai potuto evitare.
Piangeva ed io mi emozionavo perché le persone vere e sensibili esistevano ancora e io ne avevo una tra le braccia proprio in quel momento.
Cominciai a baciarle una guancia, profondamente commosso.
"Non avrei mai creduto, mai davvero, che condividere il dolore fosse così rigenerante. Mi sento leggero e capito allo stesso tempo. É così paradossale che ogni tua lacrima, mi disseti."
Si strinse tra le mie braccia, farfugliando sopra la mia t-shirt.
"No, è così che mi sento anch'io. È come se il tuo dolore fosse diventato anche il mio... Mi sento un'idiota, scusami."
Sorrisi, prendendole il viso tra le mani.
"Non saranno certamente i baci o i nostri corpi che potranno decidere davvero la nostra unione, Hanna. Sono anche le lacrime e il dolore che plasmano due persone insieme. Questa sera mi sento meno solo."
Mi guardò e sorrise, e tra un sorriso e un'occhiata lucida, delle lacrime tornarono a rigarle le guance.
Ero un cretino che invece di farla ridere, la faceva ancora più piangere. Lo sapevo che non ero molto portato a fare il fidanzato, ma con lei tutte le mie convinzioni avevano cessato d'esistere.
Con lei anche piangere era meno umiliante.
Con lei tutto era diverso, io per primo.
"Posso chiederti una cosa?" Un groppo mi si fermò in gola, quando quelle parole si scontrarono con l'aria umida e fredda della stanza.
Lei mi guardò, prendendo le mie mani fra le sue.
"No-" Mi bloccai trattenendo un groppo in gola. "Non cercare di prendere il suo posto."
Mi portai una mano sulla bocca, sentendo mille sensazioni diversi sulla mia pelle.
Rivedevo volti, ricordi, occhi e sorrisi del passato in quell'istante.
Rivedevo la felicità perduta e poi sentii sulla fronte quella futura.
Sentii il suo sì sicuro e deciso contro la mia pelle, le sue labbra sulla mia fronte e una promessa che non sarebbe svanita come i ricordi.
Hanna non sarebbe svanita, perché avevo imparato a lottare per ciò a cui tenevo.
"Sarebbe sciocco farlo."
Sorrisi e la baciai d'impulso, suggellando mille parole, gesti e desideri.
La distesi sul letto e osservai per minuti il suo viso piccolo e minuto, incorniciato da quei capelli mossi setosi e che profumavano sempre di dolce.
"Joe.."
Sorrisi e la raggiunsi iniziando a baciarla e ad accarezzarla lentamente.
"Grazie."
Lo sussurrai appena, ma sentii la sua presa sulle mie spalle farsi più forte.
Ci addormentammo poco dopo, con gli occhi ancora gonfi, un sorriso lieve sulle labbra e le nostre mani intrecciate.
In quella notte non ebbi incubi dopo troppo tempo.
Sentivo solo un profumo di zucchero filato, un respiro regolare accanto al mio e la malsana voglia di non svegliarmi mai.
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Inked Love - Amore d'inchiostro
ChickLit[COMPLETA] Il mio era un amore profondamente devoto all'inchiostro e alla carta. Non riuscivo ad amare le persone. Mi esprimevo scrivendo, ridevo disegnando e amavo con l'ausilio delle poesie. Stupidamente un giorno mi dichiarai al classico "stronz...