23. In sospeso

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Un giorno e mezzo prima

"Sono sei mesi che non ci sentiamo. Avresti potuto non rispondere alla chiamata" commenta Benedict, seduto dall'altra parte della scrivania.
Thomas non lo guarda nemmeno, continua a scribacchiare sul suo foglio, annotando i dettagli del caso. "Dunque, abbiamo già visualizzato tre filmati da tre diverse angolazioni, basta solo-" continua a dire, ignorandolo.
"Tom."
"Che c'è, Benedict? Sto lavorando."
"Per me. Stai lavorando per me. Perché?"
A quel punto Thomas appoggia la penna sul foglio e punta i suoi occhi azzurri segnati da profonde borse scure. Il cuore gli batte forte nel petto, come se avesse appena corso."Te l'ho già detto. Il nome dei Saunders non può macchiarsi per una simile stronzata - specialmente se non è vera. Non lo sto facendo solo per te, ma anche per le persone che mi sono vicine."
"Ma non ho ucciso nessuno, non ne sareste usciti lesi."
Thomas solleva un sopracciglio. "Non dico questo. Pensa alla vergogna di sentir parlare - di nuovo - di noi. Andiamo, Benedict. Alle persone piace il gossip. Ti pare si sarebbero limitati a parlare solo di te? Te lo dico io: no. Quindi lo sto facendo per non mettere in mezzo nessun altro. Alla gente piace parlare di argomenti sempre nuovi e non ho nessuna intenzione di sentire il nostro nome sulla bocca di altre persone."
"Ma anche così si parlerà di te."
"Sono il miglior avvocato in circolazione, ricordatelo. Mi faresti un'ottima pubblicità." Benedict alza gli occhi al cielo mentre Thomas riprende a scrivere. Poi si blocca, riportando i suoi occhi stanchi sul fratello. "Non dimenticarti che avrai un figlio. Non sarebbe una bella notizia per lui - o per lei - sapere che suo padre ha rischiato di andare in carcere per una simile piccolezza. Lo dobbiamo fare per questa vita innocente che ti cambierà per sempre." Si lecca le labbra, prendendo un ampio respiro. Riporta gli occhi sul foglio pieno di appunti. "E' stata Elizabeth a spingermi a venire qui, lo sai? Lo sto facendo anche per non deluderla. Adesso non distrarmi più, così ce ne torniamo tutti e due a casa, e subito."
Eppure Benedict, nonostante lo senta parlare, in fondo spera davvero che questa non sia l'unica motivazione per cui Thomas abbia affrontato un viaggio di dodici ore per raggiungerlo in America.

Ovviamente Thomas ha vinto la causa. Un uomo del tutto simile a Benedict aveva commesso il furto, quindi il chirurgo arrestato ingiustamente è stato rilasciato subito.
Per Tom è stata ovviamente una cosa da poco rispetto alle vicende più gravi in cui si è trovato incastrato. E' uscito dall'aula del tribunale sistemandosi la cravatta al collo e impugnando la sua borsa di cuoio, mentre le porte vengono chiuse dietro di lui.
Benedict gli corre dietro lungo le imponenti scale, sbottonandosi la giacca scura. "Tom" lo chiama, scansando alcuni clienti e giornalisti. Il fratello si blocca sulle scale, girandosi a guardarlo scendere velocemente verso di lui.
"Sì?"
"Grazie."
Thomas alza gli occhi al cielo, sistemandosi subito dopo gli occhiali sul naso. La barba gli circonda le labbra e gli accarezza la mandibola definita. "Ti manderò la fattura a casa."
"Dico sul serio" dice Benedict, fermandosi e guardandolo negli occhi chiari.
"E chi ti ha detto che sto scherzando" continua Thomas, storcendo il naso. Lancia una rapida occhiata all'orologio. "Adesso devo andare. Riuscirò a prendere il primo aereo per Londra."
"Va bene" dice Ben, leccandosi le labbra. Si schiarisce la voce. "Allora.. A presto."
Thomas ricambia l'occhiata. Poi annuisce e gli da le spalle, quasi finendo addosso ad Evie che sta andando loro incontro. "Scusami tanto" dice Tom, mettendo le mani in avanti. "Buona giornata, signora O'Connell. E' stato un piacere conoscerla."
"Anche a lei, avvocato Saunders. Grazie ancora per la sua disponibilità" dice la ragazza, avvolgendosi il ventre rigonfio con le mani pallide.
Thomas la supera, uscendo finalmente all'aria aperta e lasciando che il tribunale chiuda le sue pesanti porte dietro di lui.
Mentre aspetta che un taxi si accosti al marciapiede, continua a ripensare alla sua conversazione con Benedict, prendendo ampi respiri.
Nella sua mente inizia a farsi spazio l'idea che forse non sia venuto in America solo per egoismo. E' come se dal momento stesso in cui ha messo piede a New York sia stato aggiunto dell'olio nel meccanismo della sua vita, liberandolo dalla ruggine e lasciando che riprendesse a muoversi autonomamente dopo quasi due decenni.
Una macchina gialla finalmente risponde alla sua chiamata, accostando lungo il bordo del marciapiede pieno di pozzanghere. "All'aeroporto" dice all'autista, prima di appoggiarsi sul sedile e guardare fuori dal finestrino la grande metropoli.
Non lo riesce ad evitare, il rumore del meccanismo.
Come se il suo azionarsi avesse rimesso in moto tutto il resto.
Thomas chiude gli occhi, non vedendo l'ora di tornare in Inghilterra e sperando che il sonno avrebbe alleviato quel turbine di sentimenti che gli opprime il petto.

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