Capitolo XI

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Sergio's Pov:

Chiusi la chiamata rimanendo per qualche minuto a fissare la porta bianca di quell'orrida stanza. A riportarmi alla realtà fu un dottore, il dottore di Veronica, urtandomi mentre passava per entrare lì dentro.

D: "Oh, mi scusi. Devo passare" disse a bassa voce, senza nemmeno guardarmi in faccia.

S: "No, mi scusi Lei..." risposi rammaricato. "Senta, può spiegarmi cosa sta succedendo?" domandai in seguito prendendolo per un braccio per fermarlo.

Lui si bloccò e si voltò lentamente, mi squadrò da capo a piedi per qualche secondo prima di sorridermi e rispondere.

D: "Niente di grave, credo sia stato un calo di zuccheri..." mentì, forse per cercare di tranquillizzarmi vedendomi così agitato.

S: "E c'era bisogno di ricoverarla per un semplice calo di zuccheri? Sono il marito, gradirei spiegazioni" chiesi confuso.

D: "D'accordo, ragazzo... allora. Stando a quanto dice la sua cartella clinica, proprio qui..." raccontò scorrendo il dito sul foglio di carta bianca "... la ragazza diversi anni fa è stata vittima di un brutto trauma ai polmoni, senza dimenticare le varie contusioni e fratture. Degli infermieri hanno visto la ragazza cadere a terra priva di sensi. Quando l'hanno soccorsa e sono arrivato io, l'abbiamo rapidamente visitata e ci siamo resi conto che stava respirando a fatica. Abbiamo recuperato la cartella clinica per assicurarci non ci fosse altro sotto e abbiamo scoperto questo. Ora la stiamo solo tenendo sotto controllo, anche perché si trova tutt'ora in stato di incoscienza, però sembra stare bene" concluse dandomi una pacca sulla spalla per poi entrare nella stanza sbattendo la porta alle sue spalle.

Tornai a sedermi sulle piccole sedie rosse in plastica lì di fronte. Guardai Ilaria, ancora ferma immobile tra le mie braccia, con gli occhi spalancati.

S: "La mamma starà bene, piccola... te lo prometto" sussurrai dandole un lieve bacio sulla testa, sentendo quelle parole trafiggermi l'anima.

Dopo poco, sentii l'inconfondibile voce stridula di Laura urlare per il corridoio dell'ospedale, seguita dai tacchi a spillo di Rossella che, pur essendo lontani, già mi rimbombavano nella testa.

R: "Eccolo! È lì! Sergio!" urlò Rossella all'inizio del corridoio, iniziando a correre verso di me.

S: "C-ciao Rossella... grazie..." dissi poco prima di abbracciarla, lasciando prendere a suo zio Francesco la piccola dalle mie braccia.

L: "Sergio che è successo? Dov'è mia sorella? Perché siamo qui?" iniziò Laura, facendo le sue solite duemila domande a cui ancora non riuscivo a dare risposta.

Distolsi lo sguardo un attimo per concentrarmi su Alessandro, messo in disparte e muto come un pesce, mentre cercava invano di scorgere Veronica attraverso il vetro appannato della porta. Aveva già capito tutto lui. Gli altri tre mi stavano riempiendo di domande, ero così confuso e stanco che di lì a poco sarei svenuto anch'io. Vedevo le loro bocche muoversi e le loro mani gesticolare continuamente. Francesco passò Ilaria a Laura, mi prese per le spalle e mi scosse come per svegliarmi dallo stato di trans.

F: "Senti, possiamo capire il trauma che stai subendo in questo momento, lo vedo dalla tua faccia, ma puoi almeno metterci al corrente di cos'è successo a mia sorella e soprattutto del perché vi trovavate qui alla Trinità all'una del mattino?" disse deciso Francesco, guardandomi dritto negli occhi.

Feci un profondo respiro ed iniziai a parlare.

S: "Beh... per tutta la giornata la bambina non ha fatto altro che piangere e vomitare... abbiamo provato a farla stare tranquilla, però poi alla fine l'abbiamo dovuta portare qua per forza. Poi-" cercai di dire venendo interrotto dallo scricchiolio della porta della stanza.

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