Capitolo 3

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Il cuore del giovane medico rimbombò nella sua testa quando si voltò verso l'interno della cella. Il ragazzo era ancora seduto sul pavimento; sbatté le palpebre lanciandogli uno sguardo e poi fece per alzarsi.
<< Mentono >> cominciò a dire, con il sangue che gli schizzava dalla bocca lordandogli il mento << Dicono che sono un mostro, ma sono soltanto un essere umano >>.
Non ebbe la forza di tirarsi su e si accasciò di nuovo ansimante sul pavimento.
<< Un essere umano >> ripeté.
<< Nessun essere umano sarebbe capace di fare ciò che hai fatto >> balbettò Bradley senza staccargli gli occhi di dosso.
Il paziente cercò nuovamente di alzarsi, si puntellò le mani, vacillò, ma riuscì ad appoggiare un piede ben fermo sul pavimento.
<< Ne sei sicuro, Bradley? >>.
Il medico deglutì, sentendosi per un attimo soffocare. Come sapeva il suo nome? Aveva dimenticato il tesserino di riconoscimento fuori dalla cella, chiuso nel suo armadietto. L'idea che quell'individuo lo conoscesse lo riempiva di terrore, di cupo e vago malessere.
<< Come fai a...>> non riuscì a finire la frase. Sentì la voce incrinarsi.
All'improvviso un altro ricordo turbò i suoi pensieri in quel momento: Katrina.
Pallido e scosso, si abbatté sulla sedia di plastica al centro dell'angusta stanza e si prese la testa tra le mani. Continuava a rivedere quelle labbra piene e sensuali, lo scintillio pericoloso e provocante degli occhi color smeraldo, le braccia incrociate sotto al seno e le lunghe gambe nude accavallate. A sovrapporsi a quell'immagine ce n'era una di lei sdraiata sotto di lui, che lo implorava di amarla.
Non sapeva per quanto sarebbe riuscito a sopportare quell' angosciante ricordo che lo tormentava giorno e notte, a non poter più resistere alla tentazione di impossessarsi di quel corpo che ricordava con assoluta chiarezza, non potendolo più avere.
<< Lei ti amava >> la voce del giovane ruppe il silenzio che si era creato fra i due << Voleva solo che tu l'amassi >>.
<< Sta' zitto! >> gridò l'altro << Tu non sai niente! >>.
<< So molto più di quel che credi. Lei è qui, è dentro questa stanza, e vuoi sapere che cosa indossa? Il vestito rosso che le avevi regalato, lo stesso che indossava quando ha esalato il suo ultimo respiro >>.
<< Assassino! >> l'uomo si scagliò contro di lui con furia selvaggia e lo colpì con entrambi i pugni che, uniti insieme, si abbatterono su di lui come un maglio, e quando colpirono la mascella, lo fecero sbattere contro il muro.
Il ragazzo si raddrizzò scuotendo il capo, e Bradley lo colpì ancora con un potente calcio al plesso solare che lo fece crollare a terra e ansimare di dolore. Senza preavviso il medico lo colpì violentemente sul viso con il dorso della mano, facendo schizzare un fiotto di sangue scuro dal taglio all'angolo della bocca, e si chinò sopra di lui, stringendogli le dita attorno al collo. Malgrado il dolore che gli deformava i lineamenti del viso, nei suoi occhi non c'erano segni di paura o di rabbia.
<< Chernobyl doveva prendere te, non quella povera gente >> Bradley serrò la bocca e fece pressione sulla gola del malcapitato, dalla quale uscì un suono sommesso.
Il giovane si sforzò di ridere.
<< Fammi fuori Bradley, coraggio. Hai davanti a te l'assassino della tua ragazza, se così possiamo definirla. Tua moglie lo sa? >>.Istintivamente lo sguardo dell'uomo cadde sulla fede sporca di sangue attorno al suo dito. No, Irina non doveva saperlo. Non l'avrebbe mai perdonato.
<< Lascia stare mia moglie, lurido bastardo! Non devi mai più
nominarla >>.
<< Ti do un consiglio, mio caro medico. Guarda dentro di te, rivivi quei momenti che per tre lunghi anni ti sei portato appresso, e solo così potrai far luce su ciò che è veramente successo. Nessun essere umano sarebbe capace di fare ciò che hai fatto, giusto? >>.
Bradley finalmente sentì il rumore tintinnante di una chiave che veniva inserita nella serratura della porta. Si voltò, puntò lo sguardo sul vetro blindato e sentì tremare le gambe. Con fare brusco lasciò andare il collo del ragazzo, si alzò e aspetto che la porta si aprisse.
<< Non finisce qui >> mormorò a quest'ultimo, che rise in tutta risposta, sputando del sangue a terra.
Il vetro nella porta era come una lastra di ghiaccio torbido. Il medico non riusciva a capire chi si trovasse dall'altra parte a girare la chiave nella serratura.
<< Aprite, aprite >> bisbigliò, sentendo un respiro sommesso alle sue spalle.
La porta si aprì. L'uomo uscì incespicando dalla cella d'isolamento e andò a sbattere contro il muro di cemento del corridoio. Sentì il pesante schiocco metallico quando la porta si richiuse e lo sferragliare del robusto meccanismo della serratura.
Ansando si appoggiò contro la fredda parete, poi si voltò e vide che non era stato il primario a salvarlo, ma la donna della reception, Alice.
<< Non so cosa sia successo, non capisco >> gli disse lei << Roland deve aver perso la testa, perché di solito è attentissimo alla sicurezza >>.
<< Mi deve delle spiegazioni >>.
<< Forse si è sentito male, credo che soffra di diabete >>.
Il medico si asciugò le mani sudate contro il camice che fu macchiato di sangue e la guardò di nuovo.
<< Grazie >>.
<< Sempre a tua disposizione... ti senti bene? >> . La donna si soffermò sul volto dell'uomo.
Lui abbozzò un sorriso di circostanza e annuì con la testa, ma gli tremavano le gambe mentre la seguiva per uscire attraverso la porta di sicurezza.
<< Ha cercato di aggredirmi >> mentì << ma ne sono uscito solo con qualche graffio >>.
Entrambi si fermarono alla centrale di sorveglianza. Su un monitor videro che il paziente era seduto sul letto con la testa tra le mani. Alice vide il sangue di quest'ultimo sparso sul pavimento, le innumerevoli ferite che Bradley gli aveva provocato, sentì i gemiti di dolore che stava esalando, ma non proferì parola. L'unica cosa che disse fu:
<< Il tuo turno è finito. Puoi andare. Buonanotte Bradley >>.

Verrà la morte e avrà i tuoi occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora