Capitolo nove ⚽️

520 26 1
                                    

Tornai a casa dall'aeroporto di Fiumicino in taxi. Ormai non sapevo più quale fosse esattamente la mia abitazione. Avevo lasciato di mia spontanea volontà la villa a Roma dove vivevo con i miei e adesso avrei dovuto lasciare anche la casa dove vivevo con Stephan prima del suo ritorno dalla Francia perché farlo con lui presente sarebbe stato ancora più difficile.
In questi mesi gli avevo permesso il controllo totale sulla mia vita tanto da sacrificarmi su certi aspetti pur di renderlo felice. Adesso, però, dovevo pensare a me stessa e alla mia felicità.

Chiusi la porta alle mie spalle, posai le chiavi e con il trolley mi diressi dritta al piano di sopra.
«Manuel? Sei a casa?» , urlai controllando se fosse in cucina o in soggiorno, ma niente.
"Magari sarà uscito" , pensai e subito andai nella camera da letto per disfare la valigia.
Aprii l'armadio e mentre mettevo apposto le magliette, vidi appesa su una gruccia una felpa grigia della Nike. Era la felpa di Stephan, quella che mi aveva "prestato" la notte di San Valentino perché avevo freddo. 
La presi e l'annusai. Ancora c'era il suo profumo. La strinsi forte al petto e con i miei occhi ormai bagnati dalle lacrime, mi sedetti sul letto e iniziai a piangere.

Mentre abbracciavo quella felpa, mi lasciai andare in un pianto disperato. Come eravamo arrivati fin qui? Com'è che il nostro amore era naufragato dopo solo due mesi? Di chi erano le colpe?

Mia madre aveva ragione.
Non ero adatta a questa vita. Non potevo dipendere dalle scelte e dal lavoro di un'altra persona. Non avrei mai rinunciato ai miei sogni per permettergli di inseguire i suoi.

Mi sdraiai sul letto e notai che sul mio cuscino c'era un biglietto. L'aveva scritto Manuel.
"Il mio stage qui a Roma è terminato. Mi dispiace che il bacio ti abbia fatto così schifo da farti scappare. Abbiamo sbagliato entrambi. Ste non se lo merita. Avrei voluto conoscerti diversamente. Stammi bene."

Presa dalla rabbia, afferrai un cuscino e lo gettai per terra. Anche lui mi aveva abbandonata.
Manuel se n'era andato senza nemmeno ricevere un chiarimento riguardo al bacio.
Infondo, una spiegazione logica non c'era.
Lui mi piaceva, ma ero troppo orgogliosa per ammetterlo e poi, non avrei mai messo in discussione la sua amicizia con Stephan.

[...]

Mentre chiudevo le ante dell'armadio, squillò il cellulare.
«Pronto?»
«Ma si può sapere dove sei? Ti ho riempita di messaggi e non ti sei degnata di rispondermi.»
«Scusa, Clà. Sono stata male in questi giorni.»
«Stai piangendo?»
«No.» , mi affrettai a rispondere tirando su col naso.
«Si, e io sono la gallina dalle uova d'oro. Amanda che ti succede?»
«Niente.»
«Sei una pessima bugiarda.»
«Mi hai chiamata per offendermi?»
«No, tesoro. Ti ho chiamata per dirti di correre subito in ospedale. Ilenia ha partorito!» , esclamò tutta emozionata.
«Stai scherzando?»
«Vuoi sbrigarti a venire oppure preferisci stare al telefono a farmi ancora domande?»
«Arrivo.»

Presi le chiavi e uscii di casa correndo.
Non c'era cosa più bella della nascita di un bambino:
concretizzare il proprio amore dando alla luce una creatura che ti legherà per sempre all'altra persona. Ero davvero contenta per i miei amici. Finalmente stavano iniziando a formare la famiglia che avevano sempre desiderato.

[...]

Arrivata in ospedale, c'erano così tante persone che feci fatica a intravedere Claudia.
«Amica mia.» , dissi abbracciandola.
«Ehi, fai piano che la schiacci.» , disse riferendosi al pancione che cresceva di giorno in giorno.
«Tra un mese anche tu ti libererai di questo peso.» , ironizzai accarezzandole la pancia.
«E invece il peso che tu hai casa che dice?» , mi domandò facendomi un sorrisetto malizioso.
Prima che potessi risponderle, vidi Radja avvicinarsi a noi e porgerle una bottiglietta d'acqua.
«Tu che ci fai qua?» , chiesi al numero quattro salutandolo con un abbraccio.
«Europeo finito per colpa vostra!»
«Non è colpa nostra se voi non siete bravi a giocare a calcio.»
«Avete avuto solo fortuna.» , ribatté il ninja e io gli feci la linguaccia.
«Allora? Come sta?» , mi rivolsi a Claudia sedendomi in una di quelle sedioline di plastica poste alle spalle del muro.
«Ieri le si sono rotte le acque e il povero Alessandro si è precipitato qua non appena è stato avvertito.» , mi informò sedendosi accanto a me.
«Che tempismo perfetto che ha avuto la piccola, eh!»
«Non poteva nascere in un momento migliore per Ale.»

NEVER FORGET YOU || Stephan El Shaarawy (Sequel Nobody like you) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora