Capitolo 11

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William si voltò verso Loki e inarcò un sopracciglio. -Ma davvero?- chiese con un tono rasente alla disperazione.
Il portavoce dei soldati si fece avanti, protetto da due elfi armati di lancia. -Siete pregato di consegnarvi a noi senza opporre resistenza!- gli intimò, ignorando completamente Will e Mathias, che osservavano stupiti la scena. Vedendo però che il dio degli inganni non accennava ad arrendersi, ma anzi non pareva nemmeno prestare attenzione alle sue parole, l'elfo iniziò a innervosirsi. -Per le azioni commesse a danno della Famiglia Reale, deve seguirci al Gran Palazzo, altrimenti le conseguenze saranno molto gravi!- tuonò, poi sembrò finalmente rendersi conto della presenza dei due intrusi. -Ma questi... Questi sono due Midgardiani!
Loki scrollò le spalle. -Noto con piacere che i vostri occhi funzionano bene: stavo seriamente cominciando a temere per la vostra vista.- commentò con malcelato sarcasmo, come se il portavoce non lo avesse appena minacciato.
William fulminò il dio con lo sguardo, avvicinandosi di più a Mathias con fare protettivo; era un avvertimento e significava "attento a come ti comporti".
Senza scomporsi troppo, l'elfo prese nuovamente la parola. -Li avete rapiti? O sono forse i vostri servitori e complici?- domandò, rivolgendosi a Loki con voce ferma.
In risposta, quest'ultimo fece spalluce. -Chi può dirlo con certezza? Forse sì, forse no.- disse lui sibillino, facendo innervosire gli altri soldati, che, a un segnale del portavoce, si mossero verso loro tre, circondandoli mentre il dio dell'inganno si limitava a sorridere divertito, peggiorando solamente la situazione. -Signori, non c'è bisogno di usare le maniere forti: vi seguiremo di nostra spontanea volontà!
-Che cosa?-. Will era allibito e infuriato al tempo stesso; Mathias, dal canto suo, era ancora troppo scosso dalla visione su sua madre per poter avere una reazione diversa dallo sbarrare gli occhi. -Ti è andato di volta il cervello, per caso?
Loki fece un gesto eloquente con la mano agli elfi armati. -Dovete perdonarlo: è solo impaziente di ammirare il Gran Palazzo!
Vennero condotti in silenzio al di fuori della biblioteca. Doveva essere ora di pranzo, perché Mathias iniziava ad avere fame, ma si costrinse comunque a concentrarsi su altro. I sassolini bianchi delle strade di Alfheim riflettevano una luce pallida, la cui provenienza era ignota al ragazzino. Le abitazioni somigliavano a curate casette di montagna, con fiori colorati a decorare i balconi e i tetti spioventi in legno; erano così diverse da quelle che si vedevano nella Grande Mela. Non sembravano esserci molti elfi in giro, però quei pochi incontrati lungo il loro cammino -vestiti con colori chiari- li osservavano con curiosità e discrezione contemporaneamente.
Alla fine, apparve quello che doveva essere il Gran Palazzo, un maestoso edificio color avorio, che a Mathias ricordò in parte la biblioteca e in parte il teatro in cui lavorava la madre. Un'ondata di sentimenti lo travolse senza che lui potesse provare a contenerla: nostalgia, mestizia, rabbia e timore. Will parve accorgersi quasi subito del suo cambiamento d'umore, perché gli circondò le spalle con un braccio, nel tentativo di confortarlo.
-Prego, seguitemi.- esordì, una volta giunti di fronte alle enormi porte del Gran Palazzo, e due soldati si premurarono di spalancarle, ma non prima di annunciarli con tono solenne. All'interno, la sala era luminosa, con il pavimento in un materiale simile al marmo e dalle vetrate colorate che raffiguravano gli elfi scontrarsi con esseri molto simili a loro, se non per il diverso colore di pelle. Mathias, che era riuscito di nuovo a distrarsi, iniziò a farsi domande: chi erano e perché c'era stata quella guerra? In effetti, sapeva davvero poco su Alfheim...
-Tornare qui è stato un gesto sfrontato, Loki.-. Si era focalizzato così tanto sull'ambiente in cui si trovava dall'aver totalmente ignorato che davanti a lui c'erano due troni bianchi e lucenti, intarsiati con cura da mani certamente molto abili; lì, vi sedevano due elfi. No, non degli elfi qualsiasi: dovevano essere i sovrani di quel regno, il re e la regina degli elfi. La loro pelle era candida, così come quella dei loro sudditi che avevano incontrato fino ad ora, ma pareva risplendere di luce propria; sui loro volti, qualsiasi ruga d'espressione era assente, ma Mathias immaginò che dovessero essere stati abituati a non lasciar trasparire le loro emozioni, perché dal tono del re si intuiva che non era affatto contento di vedere il dio dell'inganno.
-Regina Aelsa, siete incantevole come vi ricordavo.- commentò Loki, facendo un inchino profondo e ignorando bellamente il sovrano di Alfheim; un ghigno era comparso sul suo volto. Effettivamente, la regina degli elfi era molto affascinante con i suoi lunghi capelli -bianchi, nonostante non sembrasse per niente anziana, e raccolti in una semplice acconciatura- e gli occhi azzurri e vivaci.
-Miei signori.- cominciò, dopo essersi schiarito la voce, l'elfo che li aveva portati fin lì. -Ho trovato Loki Laufeyson e i due Midgardiani, che sospetto essere suoi complici, nella nostra biblioteca. Dato che la sua presenza qui è stata...
-Avevamo bisogno di fare qualche ricerca: ce ne saremmo andati entro l'arrivo della notte, posso assicurarlo.- lo interruppe il dio norreno, facendo un passo avanti.
-E, di grazia, cosa stavi cercando?- domandò con tono piatto il re degli elfi.
-Informazioni, caro Amikals.- si limitò a rispondere l'altro, per poi aggiungere:-Volete contribuire?
Will alzò gli occhi al cielo, disperato: sembrava quasi che provasse gusto nel provocarli e volesse condannare sia lui che Mathias alla gogna -o qualunque cosa li aspettasse-.
La regina nel frattempo aveva scrutato con attenzione dal suo trono i due mortali. -Chi siete? Cosa volete dagli elfi della luce?
-Io sono William James Mitchell, mentre questo è Mathias Collins, il figlio della mia compagna, che è scomparsa da qualche giorno.- spiegò cauto, continuando a tenere stretto a sé il ragazzino. -Abbiamo motivo di credere che si trovi in grave pericolo, così come tutto l'Universo, e, stando a quanto ci è stato raccontato, la vostra biblioteca è l'unica a disporre di alcuni volumi antichissimi, contenenti i dati a cui faceva riferimento Loki.
I due sovrani si scambiarono uno sguardo d'intesa. -A causa di ciò che è successo undici anni fa, abbiamo bisogno di tempo per accordarci: alloggerete nelle prigioni finché non avremo deciso.- dichiarò Lady Aelsa con risolutezza e i soldati li stavano già esortando a incamminarsi, quando vennero fermati dalla voce autoritaria della regina. -Non il ragazzino, però: vorrei discorrere con lui in privata sede.


-Sei impazzito?- lo accusò Will, non appena si ritrovarono da soli nella cella dei sotterranei. -Ci hai portati qui, pur sapendo che ti era stato proibito mettere piede su Alfheim... Ma cos'hai fatto perché prendessero un provvedimento del genere? Se ne ricordano a distanza di anni!
Loki non sembrava minimamente toccato dalle sue parole. Si era seduto per terra e aveva fatto comparire dal nulla un vassoio con qualche grappolo d'uva, prendendo un chicco alla volta con una lentezza quasi esasperante. Alzò gli occhi sull'uomo che gli aveva gridato contro fino ad ora, fece per rispondere, ma venne zittito da William. -Lascia perdere, non sono nemmeno sicuro di volerlo sapere. Spero solo che Mathias stia bene... Quella donna non mi convince: potrebbe usarlo per vendicarsi.
-Starà sicuramente meglio di noi.- replicò il dio dell'inganno, per poi mangiare l'ennesimo acino di uva. -La regina non è come suo marito... E comunque, non penso che abbia intuito alcunché, se questo può farti stare più tranquillo.
Will prese a camminare con impazienza lungo il perimetro della cella: al contrario di quanto si aspettasse, era abbastanza spaziosa e in materiale bianco opaco, che la rendeva meno luminosa rispetto a qualunque altro luogo di Alfheim.
-Sei mai stato costretto a fare qualcosa solo per essere accettato?- iniziò Loki dopo qualche minuto di silenzio; aveva fatto sparire il vassoio di uva. -No, tu sei come Thor: non ne hai bisogno, perché a primo impatto sembri un tipo affabile e tutti ti amano. Non è mai stato il mio caso, ovviamente.
William si era fermato dall'altro lato della stanza, in ascolto e, per quanto gli costasse ammetterlo, incuriosito.
-Gli sciocchi amici del mio fratello adottivo mi avevano sfidato: avrei dovuto prendere le sembianze della regina Aelsa e baciare Amikals davanti a loro, presenti insieme a Thor con la scusa di una visita, per poi rivelarmi... Ho agito stupidamente e me ne pento, ma ormai è troppo tardi e il re è sempre stato troppo suscettibile.-. Poi fece una pausa, come se per la prima volta non sapesse che cosa dire. -Volevo solo che mi considerassero tanto quanto Thor. Mi sono illuso che, così, tutto sarebbe cambiato, invece hanno usato questo episodio per farsi beffe di me.
-Non lo sapevo... Mi dispiace.- borbottò Will, guardandolo negli occhi.
Loki finse una risata, ma ammutolì poco dopo. -Quindi sei sincero.
-Certo che lo sono!- esclamò l'altro, un po' indispettito. -Non mi andrai a genio, è vero, ma non sono così crudele.
Il dio norreno rimase a fissarlo per qualche secondo. -Grazie.- disse poi a bassa voce.
-Hai detto qualcosa? Non ti ho sentito.- replicò William con un sorriso innocente sulle labbra.
Scrollando le spalle, Loki fece riapparire il vassoio con sopra l'uva. -Hai capito perfettamente e non lo ripeterò... Ah, nel frattempo mi è venuta un'idea.


***
Sono ancora viva! Piccolo disclaimer: la regina Aelsa esiste davvero nei fumetti (uno dei pochi che ho letto), al contrario di suo marito Amikals e della vicenda di Loki, che sono inventati. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi auguro una buona serata ^-^

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