Capitolo 4

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Poco prima di varcare la grande porta in vetro posta al centro dell'edificio, Mathias si ritrovò a fissare il cielo denso di nubi e quei pochi raggi di sole che riuscivano a penetrare quelle nuvole grigie. Pensò a sua madre, che avrebbe certamente preso ispirazione da quell'atmosfera malinconica, realizzando uno dei suoi dipinti, ma il rumore del clacson di un'auto lo risvegliò dal suo stato di trance.
Dopo essersi dato dello stupido per essersi distratto anche in un momento delicato come quello, seguì William all'interno dell'imponente costruzione.
L'enorme atrio al piano terra aveva pareti candide e pavimento in marmo bianco, il tutto decorato secondo uno stile piuttosto minimalista: divanetti e poltroncine del medesimo colore -questi erano occupati da poche persone, tutte impegnate a leggere riviste o a lavorare al pc-, qualche semplice pianta dalle larghe foglie verde smeraldo e un paio di lampade da terra. A destra, le scale e un ascensore piuttosto anonimo; sulla sinistra, invece, un monotono banco da reception, dietro al quale vi era una giovane donna dai capelli ramati e la pelle del colore del caramello che impilava svogliatamente dei documenti.
Nessuno dei presenti diede segno di aver notato il ragazzino smilzo che aveva appena fatto il suo ingresso in quella sala d'attesa.
Will, nel frattempo, si stava avviando verso la prima -ma di sicuro non l'unica- rampa di scale, in marmo bianco come le mattonelle del pavimento.
Mathias riflettè rapidamente: tenendo conto che l'edificio aveva circa dodici piani, ma anche che il suo patrigno era un tipo piuttosto sportivo, tale decisione poteva solo significare che la sua meta era situata almeno nei primi cinque piani. Sperò tra sé e sé di aver fatto bene i suoi calcoli: non era mai stato molto attivo e, per quanto volesse scoprire qualcosa di più riguardo utta quella faccenda e la scomparsa di sua madre, non era comunque in vena di fare tutti quegli scalini.
Per ben sei rampe, il ragazzo si guardò bene dall'emettere un qualche rumore; infatti, aveva astutamente tolto le scarpe da ginnastica, tenendole in mano. Mentre stava salendo, fece molta attenzione a mantenere sempre una distanza di circa una rampa e mezzo tra lui e William, in modo che, se l'altro si fosse voltato, non l'avrebbe visto.
Giunto finalmente al terzo piano, l'uomo si incamminò rapidamente per un lungo corridoio illuminato dalla luce dei neon appesi al soffitto.
Cautamente, Mathias lo stava seguendo, seppur a debita distanza, ed era più che mai determinato a capire che cosa stesse accandendo.
L'unico rumore era quello degli scarponcini di Will, il quale si fermò davanti ad una porta in legno scuro, forse ebano. Fece un respiro profondo, ma non prima di aver controllato l'orologio da polso, e poi entrò.
Una volta rimasto solo, Mathias -che nel frattempo aveva indossato di nuovo le scarpe- si avvicinò alla porta, sentendo uno strano senso di angoscia crescere dentro di sé: fino ad ora, tutto era filato liscio come l'olio, ma se qualcuno lo avesse visto, come si sarebbe comportato? Sarebbe riuscito a mentire riguardo il motivo della sua presenza lì senza destare sospetti, oppure lo avrebbero subito colto in fallo?
Decise che avrebbe improvvisato e che, in qualche modo, se la sarebbe cavata. Prese il cellulare e, notando un messaggio da parte di Ellen, digitò velocemente una risposta.
"Non so dove mi trovi, ma sto bene. Tutto okay lì?"
Appoggiò l'orecchio alla porta, pregando di poter cogliere almeno una qualche informazione interessante.
Non ne era sicuro, ma dopo pochi minuti aveva distinto almeno tre voci, per quanto ovattate: quelle di William, di un altro uomo e di una donna. E forse era il suo giorno fortunato, perché riuscì ad origliare la conversazione senza troppi problemi, per quanto fosse effettivamente assurdo. Al momento, il suo concetto di "assurdo" si stava ampliando.
-Non so davvero come ringraziarvi.- stava dicendo Will, decisamente riconoscente per qualche motivo.
-Ma va', questo ed altro per mio nipote. Mi sembra solo ieri che venivi da noi per allenarti...- sospirò la voce dello sconosciuto con tono malinconico. Mathias rimase interdetto: ora che ci pensava, in tutti questi anni William non aveva mai parlato molto della sua famiglia. Chissà se almeno sua madre sapeva qualcosa di più di quell'enigma che era sempre stato William James Mitchell -ammesso che si chiamasse davvero così.
Mathias si sentiva tradito: per tutto questo tempo, aveva vissuto con uno sconosciuto, si era fidato di lui, arrivando perfino a  prenderlo come punto di riferimento e a considerarlo come un padre.
-Ehi ehi ehi, niente sentimentalismi, Barton: la faccenda è seria.- tagliò corto una donna.
Barton... Ma questo da dove sbuca? rifletté il ragazzo.
-Zio, Nat ha ragione: devo ritrovare Emily e mi serve il vostro aiuto. Parlare dei bei vecchi tempi in cui ero agente dello SHIELD è inutile.- concluse frustrato.
Nella testa di Mathias ora c'erano molte domande: chi era Nat? Cosa diamine è "SHIELD" e perché William non lavorava più lì come "agente", qualunque cosa significasse? Aveva seguito Will solo per scoprire qualcosa di utile alla ricerca della madre, invece era ancora più confuso di prima.
-Non sottovalutare lo SHIELD.- esordì enigmatica un'altra voce femminile.
A Mathias stava venendo un terribile mal di testa: tutto ciò non aveva minimamente senso per lui e gli sembrava di stare solo perdendo tempo prezioso, che invece avrebbe potuto utilizzare per trovare Emily.
-Cosa intendi dire, Maria?- chiese subito Will.
–Lo SHIELD vi ha sempre tenuti tutti d'occhio: c'è un intero file su di voi.– rispose la seconda donna; Barton disse qualcosa riguardo un gioco di parole che il ragazzo non comprese.
Il cuore di Mathias prese ad accelerare: non solo la sua fiducia era stata tradita da qualcuno che amava, ma c'era questo SHIELD che aveva sempre controllato lui e la sua famiglia. Non sapeva se sentirsi arrabbiato per tutte quello che stava man mano scoprendo, o rimpiangere di non essere rimasto con Ellen -l'unica di cui potesse fidarsi-, quando ancora la sua vita era piuttosto normale -tralasciando sua madre, che pareva sparita nel nulla.
-Come, scusa?- sbottò William, innervosito. -Che cosa significa tutto questo?
-Oh, andiamo, risparmiaci questa scenata, Mitchell! Conosci Fury, te lo saresti dovuto aspettare da un paranoico come lui.- lo riprese Nat. -Diglielo anche tu, Clint.
-Sai com'è fatto... E poi, sai cosa c'è in ballo, no? Io avrei preso le stesse precauzioni.- ribatté lo zio di Will, cercando probabilmente di tranquillizzarlo.
Fury. Un altro nome che non aveva mai sentito prima. Mathias aveva la sensazione che di lì a poco la sua testa sarebbe esplosa per le troppe informazioni.
-Lo so dannatamente bene, grazie per il promemoria, ma qui rischia anche Emily... È lei la mia priorità, non una pietra qualunque.- sbottò William scocciato. Calò il silenzio; in così tanto tempo, era forse la prima volta che il ragazzo lo sentiva alzare la voce. -Non ero d'accordo su questa faccenda anni fa e non lo sono tutt'ora: affidarle un incarico di questa portata, con le responsabilità e i pericoli che comporta...
-Emily Collins ne era a conoscenza e ha accettato di sua spontanea volontà. - replicò freddamente Maria Hill. –Anche se non era suo dovere farlo.
Nat le diede manforte:–Ha ragione, lo sai.
–Questo non significa che non ti aiuteremo.– aggiunse poi Barton, che fino ad ora non aveva più parlato. –Cioè, non potremo venire con te, ma ti daremo ciò di cui hai bisogno.
Will sbuffò sonoramente. –Oh, fantastico.– borbottò ironico. –Okay, sentite, non importa: avete rischiato già molto accettando di incontrarmi, vedrò di...
Mathias era decisamente stufo di restare all'oscuro di tutto, a maggior ragione adesso che si era reso conto di non conoscere affatto William, che, per qualche motivo, sapeva perché sua mamma era scomparsa, senza dimenticare che qualcuno li aveva sempre spiati.
In un gesto impulsivo, spalancò la porta, interrompendo il patrigno, e davanti a sé vide Will insieme a tre sconosciuti, che lo stavano fissando con occhi sbarrati.
–Credo che mi dobbiate delle spiegazioni.

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