You're A Mess

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La sensazione del sangue che tornava in circolo era qualcosa di estremamente fastidioso. Probabilmente faceva anche un male cane, ma a lui non era dato saperlo.
Era completamente estraneato dalla sofferenza che il suo corpo provava, ma poteva denotarla dalla sensazione di estrema spossatezza e dagli scricchiolii emessi dalle sue articolazioni.

Non se ne curò.

Dopotutto, non poteva aspettarsi molto altro; era stato costretto a portare quella maledetta camicia di forza per molti, molti mesi.

Ora però era libero, ed estremamente arrabbiato.

Toby era come la Luna: brillava di luce riflessa.
Ma, contrariamente al classico utilizzo sprezzante di questa metafora, nel suo caso questa luce era formata da rabbia, frustrazione, odio, follia, ed assenza di autocontrollo.

Erano emozioni che non gli appartenevano, non del tutto, quanto meno.

Tobias non era un tipo violento.
Certo, il bipolarismo non lo aiutava a mantenere sempre la calma, ma aveva un'indole gentile.
O quasi.
Prima di venirci a contatto, bisognava oltrepassare strati e strati di cinico sarcasmo e freddo menefreghismo nei confronti del mondo attorno a lui, e dei suoi abitanti. Di quasi tutti i suoi abitanti.

Lyra faceva eccezione.

Per un ragazzo costretto a casa da una serie di fattori che gli impediscono di vivere una normale infanzia ed adolescenza, la famiglia diventa il perno attorno a cui ruota la sua quotidianità; e spesso i membri della famiglia, consci della loro importanza per il ragazzo, cercano di fare del loro meglio per fargli pesare il meno possibile la situazione.
Spesso, ma non sempre.

La famiglia di Toby differiva.
Se sua sorella impiegava tutta sé stessa nell'intento, infatti, i suoi sforzi erano vanificati dall'intervento del padre dei due, che provava più amore verso l'alcool che per sua moglie, o per i suoi figli.
Il suo sport preferito era picchiare quelle povere anime che, per un motivo o per un altro, erano costrette a sottostare al suo violento patriarcato, e ad accettarne le conseguenze.

Nella memoria di Toby si alternavano quindi i piacevoli momenti trascorsi in compagnia della sorella a quelli ben più numerosi che vedevano come protagonista suo padre, che brandiva ora una bottiglia rotta, ora un bastone, ora un coltello, ora una cinghia, ora un accendino.

E purtroppo, al contrario di quelle con Lyra, questo secondo genere di memorie era ben più vivido, reso indimenticabile dalla moltitudine di cicatrici che sfregiavano il suo corpo.

Non poteva provare dolore, quindi quell'essere -poiché chiamarlo "padre" sarebbe un insulto a qualsiasi buon padre al mondo- credeva di avere il diritto di sfogare il suo odio nei suoi confronti sul povero fisico di Tobias.

Odio, per cosa?
Perché, a detta sua, non aveva un figlio perfetto, ma "un handicappato".

Toby, dal canto suo, aveva imparato a non reagire.
L'uomo era molto più grosso di lui, più ben messo, quindi quelle poche volte in cui il ragazzo aveva avuto il coraggio di ribellarsi era stato semplice per lui bloccare i suoi deboli tentativi di difendere sé stesso, sua madre e sua sorella.

Tobias non si intendeva di anatomia, anzi, odiava dover ascoltare quei medici che gli dicevano cosa provava, e come lo provava.
Come se loro potessero saperne qualcosa, poi.
Comunque, seppur ignorante in ambito, conosceva qualche nozione di base. Qualcosa come "un colpo troppo forte alla testa ti fa svenire". Ora, quanto sarà stato forte il colpo che l'ha messo fuori combattimento per quasi due giorni?

Quella fu una delle poche volte in cui temette davvero per la sua vita. Nonostante fosse ben più che avvezzo al comportamento di quell'uomo, il pensiero di esser stato incosciente per per un periodo di tempo così prolungato, in sua balia, lo terrorizzava; così come terrorizzava sua sorella il saperlo privo di sensi.
Col cuore stretto in una morsa, Lyra pregó Tobias Di non provare più a difendersi, e lui, in parte contrariato, in parte d'accordo, mantenne la promessa.

Fino a quel fatidico giorno di un anno fa.

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