1. Estate, arrivo!

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«Thomson, passala! PASSALA!»
Il coach continua ad urlarmi contro, inferocito, ma proseguo a correre, sempre più veloce, inseguendo la palla come se fosse d'oro. Dobbiamo vincere. Devo farlo per lui.
«Isabel! QUI!»
Mancano pochi metri. Posso riuscirci, senza l'aiuto di niente e di nessuno. Non mi sento più le gambe, sembrano gelatina, il cuore mi sta per scoppiare fuori dal petto, non riesco quasi più a respirare, e di certo l'ansia non aiuta.
È questione di pochi secondi. Se sbaglio questo tiro non deluderò solo la mia squadra, ma perderemo anche il campionato. Sono praticamente davanti alla porta. Pochi metri ma troppo poco tempo. L'angoscia riecheggia nell'aria, insieme alle urla del pubblico, che non sembrano cessare, nonostante tutto. L'odore di sudore raggiunge le mie narici, ma non mollo. Non ora, non qui.
Cerco di regolare l'angolazione, rendendola il più giusta possibile e, con tutta la forza che possiedo, tiro. È tutta una questione di precisione. La gola mi si attorciglia, e con lei quella di tutto il pubblico. Pochi secondi, che potrebbero definire la nostra sconfitta o vittoria. La palla continua a girare, sempre più velocemente, per poi centrare in pieno la rete della porta, dopo la caduta del portiere, a terra.
Un glorioso urlo fuoriesce dalla mia gola, accompagnato dall'esultazione del pubblico, dei nostri tifosi.
La gente comincia a scendere in campo, alcuni per congratularsi, altri solo per fare un po' di confusione.
«Thomson, questa era davvero inaspettata. Se non avessi fatto quel gol, probabilmente ora saresti fuori dalla squadra. In questo caso, posso dire che hai fatto bene a non ascoltarmi. Complimenti». L'allenatore Winston mi raggiunge di corsa e, spero fiero dei risultati, mi tende la mano che stringo con molta convinzione e orgoglio. C'è l'ho fatta. Io, Isabel Thomson, ho fatto vincere la squadra.
«Grazie, coach. Finalmente anche una squadra femminile ha vinto i campionati, eh?»
«Non so come abbiate fatto, ma congratulazioni. Trascorri una bella estate, Isabel»
«Certo coach, arrivederci!»
Nessuno credeva che delle misere ragazze potessero raggiungere tali risultati, con i loro esili corpicini. Ma, le femmine non mollano. Mai. Ognuna di noi, per ragioni diverse, si è messa in gioco e ha tirato fuori il meglio di se stessa. Abbiamo dimostrato di saper giocare non solo lealmente, ma anche di riuscire a vincere anche contro i maschi che, diciamolo, anche se tutti molto allenati, non hanno un cervello come il nostro e  non sanno usare la furbizia come noi.
Corro negli spogliatoi, evitando tutti e tutto. Finalmente è finita. Posso dire ufficialmente che l'estate è cominciata! Ultimo giorno di scuola, ultima partita. Raggiungo il mio armadietto, corro nelle docce e, in meno di un minuto, sono pronta. Me ne frego sinceramente di come sono messi i miei capelli o la mia faccia, penso solo a tutto quello che mi spetta appena uscirò da quella maledetta porta. Basta studio, basta persone false. Fino a settembre sono libera. Mi immagino già il mare, il sole, il caldo, le granite.. aaah, che goduria! Così, con questi pensieri, supero la porta principale della Scuola ed esco. Il sole mi colpisce il viso, facendomi socchiudere gli occhi e arricciare il naso. Raggiungo la mia auto e abbasso immediatamente i finestrini. Sì, bella l'estate, ma odio davvero tanto il caldo! Non ne posso proprio più! E siamo solo ai primi di giugno! Inserisco le chiavi, accendo il condizionatore e parto, verso casa. Ho evitato tutti, ma non mi andava proprio di sprecare così il mio tempo. Sono forse un po' egocentrica, eh?
Il mio carattere è così, non posso farci niente. Mi piace avere dei momenti in cui stare sola, senza nessuno che giudichi o che mi usi solo per i suoi scopi.
Senza quasi accorgermene, raggiungo subito la meta tanto attesa, ed esco subito da quel forno.
Entro così in casa, ma sento subito che c'è qualcosa di strano. Il tavolo in soggiorno è pieno di fogli, e attorno ad esso sono presenti la maggior parte dei colleghi di mia madre, con lei inclusa.
«Ehm, ciao(?)» borbotto, un po' confusa. E pensare che io volevo solo sdraiarmi in compagnia di Netflix.
«Isabel, cara» risponde mia madre, con una voce parecchio acuta, alzandosi e raggiungendomi.
«Scusa questa riunione, ma dobbiamo parlarti.»
«Riguardo?»
«Siediti e basta. Dobbiamo parlare di molte cose.»

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Hello,
ecco una nuova storia, fatta con tutto l'amore possibile, hahah.
But, dicevo, spero vi sia piaciuto e, se volete, lasciate una stellina e un commento, magari con consigli. Scusate per eventuali errori.
By❤️

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