Capitolo 1: L'inizio dell'inferno

41 3 0
                                    

Il sole accarezzava il suo cuscino già da qualche ora. A volte faceva fatica a svegliarsi, del resto era solo un bambino. La madre silenziosamente aprì la porta, entrando nella camera, cercando di non calpestare il suo amato trenino.

-Su alzati, è ora di andare a scuola!

Pigramente, si alzò e si infilò le ciabatte, faticando a vedere il piccolo mondo intorno a lui. A rinvigorirlo fu il profumo del latte e del pane fresco dalla cucina, sembrava chiamarlo. Era pronto a cominciare le elementari.

In poco tempo, senza neanche il tempo di realizzare, si ritrovava già a scuola, circondato di lunghe gambe che si ergevano sopra la sua testa senza una fine. Un gran chiacchiericcio lo confondeva, finché non calò il silenzio e una voce acuta iniziò a parlare.

-Benvenuti cari genitori e cari bambini. Sono Sandra, l'insegnante di questa meravigliosa classe...

Sentì uno spintone, non sembrava il ginocchio di qualcuno. Si chiedeva chi gliel'aveva dato. Si voltò e due ragazzini sghignazzavano:

-Sembri proprio pazzo! Da dove sei uscito, sicuramente dalla cacca di qualche animale...

Non capiva molto bene cosa volessero dire, neanche li conosceva. Timidamente, si presentò.

-Mi chiamo Tommaso.

I ragazzi bisbigliavano tra loro con un sinistro sorriso.

-Sono Robb, lui è mio fratello.

Subito sentì qualcuno parlare dietro di lui.

-Piacere, sono Nicolai.

Un bambino, non molto più alto di lui, si palesò da dietro in tutta la sua robustezza, con dei capelli piuttosto simili a un gomitolo scompigliato. Dietro di lui, una ciocca scura, in contrasto con quei ciuffi biondi, spuntava tra le gambe di qualche genitore, insieme a un vestito azzurro.

-Susan, ma qui mi chiamano La Volpe.

Tom si perse nel guardare la ragazzina: aveva le guance così morbide e rosee e gli occhi così magnetici...

La campanella squillò all'improvviso, era l'ora di tornare a casa.
Tutti si precipitarono verso la porta d'ingresso, tranne Tommaso, che venne fermato dalla maestra. Chissà cosa voleva.

-Allora. La tua mammina è passata di qui poco fa per parlarmi di te. Mi ha detto che hai una malattia...

-Sì signora maestra, lo so. È tutto vero. I dottori mi dicono spesso che...

-Bravo. Il fatto è che devi prendere una medicina ogni tre ore, ma la nostra scuola non permette agli alunni di portarsi le medicine da casa. Dimmi il nome della medicina e te la procura la Direttrice per prenderla anche a scuola.

-La medicina si chiama CerebrumDol.

-Ok, grazie mille. Va' pure a casa. Ci vediamo domani!

Finalmente uscì da scuola, la madre lo aspettava già a casa. La strada era silenziosa, mancavano pochi passi e avrebbe messo bocca su un gustoso pranzo. Sentiva però dei passi alle sue spalle, sempre più lesti e rapidi, qualcuno correva dietro di lui. Sentiva ridere, parlare e scherzare. Chi poteva essere?

Tom accelerò il passo, spaventato. Doveva tornare a casa, voleva tornare dalla mamma. E se fosse un ladro? O la polizia? In fondo, non aveva fatto nulla di male.
Per un secchio della spazzatura inciampò e sentì un acuto dolore al ginocchio. Mentre cercava di riprendersi, si ritrovò accerchiato da diversi ragazzi.

-Ciao, Tom...

Un calcio lo prese in pieno petto, facendogli ancora più male.

-Allora? Stai andando da mammina?

Che significava? E ancora un calcio alla pancia...

-Domani dacci la tua merenda e noi ti paghiamo...

Che significa "paghiamo"? Cosa volevano dire?

-Cosa volet...

-Taci!

Un calcio sulla schiena lo zittì...

-Siamo d'accordo, domani ci dai la merenda o non avrai amici...

Assestarono un calcio in bocca e se ne andarono, lasciandolo solo sul marciapiede bollente per il sole. Qualcuno però era rimasto fermo, sedendosi accanto a lui.

-Ciao... ti aiuto ad alzarti.

Era la ragazzina...

-Vuoi che ti faccia compagnia?

Sembrava sincera, inoltre quel viso era così perfetto... Gli ripuliva la faccia, tamponando il labbro con un fazzoletto.

-Non ascoltarli, non sembri pazzo.

La bambina gli sorrideva, prendendolo per le braccia. Lo aiutò ad alzarsi e poi corse dall'altra parte della strada, sparendo dietro l'angolo, sulla strada degli altri ragazzi. Finalmente poteva tornare a casa, nonostante il dolore e i lividi.

-Che ti è successo?

Ma no, lui taceva. Se mamma l'avesse scoperto, l'avrebbe sicuramente sgridato...

-Tommy, stai bene? Dai, mangia.

Il cibo non sembrava granché, i bocconi erano amari, il sapore del sangue rendeva il tutto più amaro. Ma quel sorriso che aveva visto accompagnava i suoi pensieri ancora confusi.

Cercando un perchéDove le storie prendono vita. Scoprilo ora