Capitolo 6

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Per capire chi fosse mi misi ad origliare e sentii mia madre dire: "Entrate la cucina è a sinistra". Io feci finta di continuare a lavare i piatti. "Buona sera" mi disse una voce maschile. Mi girai di scatto, davanti a me c'erano tre uomini in divisa, tre ufficiali visti i gradi che avevano sull'uniforme. "Come vi possiamo aiutare?" chiese loro mia madre. "Stiamo cercando due soldati di fanteria. Uno ha circa vent'anni e l'altro ne avrà quattordici. Sono fratelli" ci disse facendoci vedere le fotografie di due ragazzi in uniforme "Sono venuti da questa parte quando sono scappati. Li avete mai visti?".
Erano Gunther e Michael i ragazzi nelle foto. Quando le guardai il cuore mi saltò alla gola, se avessero scoperto che li stavo nascondendo avrebbero fucilato anche me assieme a loro. Mia madre fissò le foto per qualche secondo e poi disse che non li aveva mai visti. Loro, dopo quella risposta, si girarono verso di me e mi chiesero la medesima cosa.
"No, mai visti prima d'ora" gli risposi cercando di rimanere il più calma possibile. "Ne siete proprio sicura?" mi chiesero di nuovo e io, fissando le foto ancora per un attimo, dissi loro che ne ero totalmente sicura. "Credo sia comunque meglio controllare la vostra proprietà" disse il più anziano dei tre in tono molto serio. Mentre i soldati ispezionavano la casa, andai in camera mia, bloccai la porta e uscendo dalla finestra, in modo da non farmi vedere, corsi più veloce possibile al mulino. Entrai e, con il fiatone, dissi a Gunther: "Sono qui, sono arrivati, vi stanno cercando. Ora sono a casa. Ho paura che possano venire qui e  poi...". "Respira lentamente e calmati" mi disse Gunther tenendomi la mani, che mi tremavano come delle foglie. Feci un respiro profondo cercando di riprendermi. "Al piano di sopra c'è un soppalco che si può raggiungere solo se si sa dove sono i pioli. Prendete le vostre cose e seguitemi" dissi loro. Allora cominciammo a raccogliere i loro vestiti e mi seguirono al piano di sopra. Ci nascondemmo dietro le casse di legno vuote. Passò circa mezz'ora quando sentimmo dei rumori provenire dall'esterno. Gunther mi stringeva forte tra le braccia, assieme a Michael, e continuava a ripetermi: "Perdonami. Potrai mai perdonarmi per il guaio in cui ti ho cacciato? Io so che non me lo perdonerò se ci troveranno...". Vedere Gunther così mi strinse il cuore, allora gli presi il viso tra le mani e gli dissi: "Non dire così. Sono io che ho voluto nascondervi qui e ora voglio prendermi la piena responsabilità delle mie azioni". Dopo le mie parole restammo in silenzio per ascoltare quello che dicevano all'esterno.
"Cosa c'è qui dentro?" chiese un uomo. "Fieno, grano e farina" gli rispose mio padre.
"Un uomo che abita in paese ci ha riferito che ha visto due uomini incappucciati attraversare la piazza" disse un altro uomo che probabilmente era sceso dall'auto che avevo sentito arrivare. "Molto bene" disse quello che stava parlando con mio padre e poi rivolgendosi a quest'ultimo disse: "Ora dobbiamo andare prima di perderli".
Poi sentii due auto accendersi e il loro rumore si allontanò sempre di più. Tirammo tutti un sospiro di sollievo. Eravamo salvi. La paura che mi aveva assalita cominciò ad andarsene, ma ancora tremavo come una foglia tra le braccia di Gunther, che non mi lasciava andare, mi teneva stretta e io mi sentivo protetta. "Sei il nostro angelo" mi sussurrò Gunther all'orecchio. Dopo che pronunciò quella frase sentii di nuovo quel vuoto allo stomaco, lo guardai negli occhi e sorrisi.

Una guerra che ci unisceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora