Capitolo 7

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Trascorso qualche minuto, io e Gunther scendemmo al piano inferiore. Mentre percorrevo la scala a pioli a ritroso scivolai e Gunther, che aveva già i piedi per terra, mi prese al volo. Gli caddi tra le braccia come un peso morto e quando mi fece appoggiare i piedi al suolo i nostri volti erano a due centimetri di distanza e lui mi rubò un bacio. Avevo diciassette anni, quello era il mio primo bacio e lo avevo dato a un soldato tedesco. Tutti lo avrebbero odiato ma a me non importava dove era nato, non mi importava dove era schierato in quella guerra.  Quando ci staccammo lo guardai negli occhi, quegli occhi azzurri che mi avevano rapita e gli diedi un altro bacio. Mi era sembrato sorpreso di questa mia azione, ma poi fece un sorriso che fece sorridere anche me.
Quando Michael scese ci guardò e accennò sul volto un sorrisetto malizioso, probabilmente aveva capito cos'era successo oppure lo aveva visto. "C'è mancato poco" disse Michael rompendo il silenzio. "Si, ora il pericolo più grande lo abbiamo scampato, ma non è per niente prudente rimanere qui" disse Gunther preoccupato "dobbiamo andare via, non possiamo rischiare di mettere in pericolo te e la tua famiglia". "Rimanete ancora una notte, così potrete pensare al da farsi" dissi loro "ora torno a casa, altrimenti si accorgeranno della mia assenza".
Quella notte dormii pochissimo, mille pensieri mi pervadevano la mente. La mattina successiva una brutta sorpresa mi aspettava in cucina. Scesi assonnata gli scalini e, seduto al tavolo da pranzo, vidi il signor Le Mounde. Era figlio di un piccolo impresario, aveva una buona rendita annua e mi aveva chiesta in moglie qualche mese prima. Dopo la proposta di matrimonio, mia madre, che sperava mi sposassi il prima possibile con un matrimonio vantaggioso, subito acconsentì. Mio padre però voleva aspettare prima di fissare la data del matrimonio. Probabilmente, se fosse stata per mia volontà, non lo avrei sposato neanche se fosse stato l'ultimo uomo sulla terra: era sempre serio e taciturno, probabilmente era per l'importanza della sua famiglia, tutta gente con la puzza sotto al naso. Io volevo aspettare, non ero pronta per diventare moglie, avrei voluto trovare il vero amore, la persona con cui avrei condiviso il resto della mia vita doveva essere qualcuno di speciale e per me il signor Le Mounde era un uomo qualsiasi, con cui non avevo niente in comune, ma non mi era concesso ciò che desideravo.
"Abbiamo una splendida notizia" disse mia madre con un tono smielato "abbiamo fissato la data del matrimonio". Ero allibita. Il signor Le Mounde se ne uscì con: "Tra tre settimane". Ero esterrefatta, avevano pianificato tutta la mia vita, senza mettermi al corrente di nulla.
"Ti senti bene?" mi chiese mio padre vedendo la mia espressione stordita. "Si, devo solo prendere una boccata d'aria" risposi uscendo dalla porta, come se mi mancasse il respiro.
Corsi al mulino con tutta la forza che avevo nelle mie esili gambe. "Voglio andarmene. Non posso, non posso sposarlo" urlai appena varcata la soglia. Gunther mi corse in contro a braccia aperte, avvolgendomi in un abbraccio e dicendomi: "Cos'è successo? Raccontami tutto". Allora gli raccontai del signor Le Mounde e del matrimonio combinato. "Mi dispiace molto Litzy" mi disse Gunther in tono affranto "noi partiremo al calar del sole. Ci dirigeremo a nord-est, verso il Belgio. Al di là del confine c'è un piccolo villaggio di contadini, ci stabiliremo lì con una nuova identità".
In quel momento feci una scelta avventata, non era da me, ma dissi ai due fratelli che quella sera sarei partita con loro per scampare a quel matrimonio che mi avrebbe imprigionata per il resto della mia vita.
"Se credi che sia la cosa giusta non sarò io a farti cambiare idea" mi disse Gunther. Non mi pentii della scelta che avevo fatto. Quella sera misi la maggior parte delle mie cose in una borsa che avevo trovato nell'armadio e scrissi una lettera ai miei genitori, volevo che sapessero per quale motivo me ne ero andata.

Una guerra che ci unisceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora