Correva l'autunno del 1917, avevo diciassette anni. Abitavo in una grande campagna, poco distante dal paese. La guerra sembrava lontana fino a che i miei due fratelli maggiori furono chiamati per arruolarsi.
Quel giorno mi ero svegliata all'alba. Mi ero cambiata subito dopo essermi alzata, poi avevo legato i miei lunghi capelli ricci e ramati che spiccavano sulla mia carnagione chiara e sui miei occhi verdi. Scesi in cucina, mia madre era già sveglia, ma mio padre e i miei fratelli ancora dormivano. Alle sette svegliai gli altri e facemmo colazione. Essendo appena cominciato il mese di ottobre, era il momento di macinare il grano che avevamo mietuto durante settembre, quindi andai al mulino a vento, che distava duecento metri da casa nostra. Il prato era coperto dalla rugiada e l'aria che respiravo era fresca, tipica delle prime giornate d'autunno. Aprii le porte del mulino e quello che vidi mi immobilizzò. Tra i sacchi di farina e il fieno per gli animali, c'erano due soldati. Erano abbastanza giovani e portavano lo stemma dei tedeschi sull'uniforme. Ero terrorizzata. Temevo che si potessero svegliare da un momento all'altro. Per un secondo ho avuto l'istinto di correre via e tornare a casa per dirlo ai miei genitori, ma poi mi tornò in mente quella volta in cui ci giunse voce che, in paese, erano stati arrestati due disertori. I miei due fratelli maggiori mi avevano portata con loro per vedere l'esecuzione. Li avevano legati ad una sedia e li fucilarono davanti a tutti i miei compaesani, che erano scesi in piazza solo per questo. L'immagine di quei corpi martoriati, con il sangue che colava dal torace e dalla testa, fino alle lastre di pietra della piazza, mi rimase impressa nella memoria. Non volevo essere io a condannare quei soldati. Restai lì, davanti alla porta, immobile. Dopo qualche secondo, probabilmente catturata da un attimo di adrenalina, entrai all'interno del mulino e chiusi le porte. Nel momento in cui si erano quasi chiuse del tutto, una delle due emise un forte cigolio. Ora avevo ancora il cuore in gola e con estrema cautela mi girai. I due tedeschi si erano svegliati e adesso mi puntavano la pistole al torace. "Metti le mani bene in vista" mi intimò il più alto dei due. Io esitai per un secondo e subito me lo urlò di nuovo, agitando la pistola e traendone il percussore verso il basso. Dopo quella sua azione mi spaventai, alzai le mani e gli occhi mi si cominciarono a riempire di lacrime, che subito iniziarono a scendermi sul volto. Tra le lacrime e i singhiozzi dissi loro che non volevo rivelare a nessuno che loro si trovavano in questo mulino. "Come facciamo a crederti?" mi sbraitò contro uno dei due. "Ho visto cosa succede ai disertori, lo trovo disumano, uccidere qualcuno perché ha paura di morire. Nemmeno gli animali vengono trattati in questo modo" tentai di spiegargli. Dopo le mie parole, vidi una scintilla di compassione accendersi negli occhi del soldato, che fino a quel momento agitava la sua pistola con tanta prepotenza. I due si guardarono negli occhi e abbassarono le armi. Dentro di me tirai un sospiro di sollievo.
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Una guerra che ci unisce
RomanceAnno 1917. Litzy, una giovane ragazza francese, viveva una vita semplice e quasi monotona fino a che qualcuno non la sconvolse per sempre.