IX. Catabasi ed anabasi

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"Forse la sterilità di amori
con cui, eremita, vivevo
m'indusse a rigettarla, affogavo
tra loro, parole, nella loro fertilità.

Servitore dell'inchiostro di sangue nero,
avvinto dal suo profumo,
aggrappato al suo corpo:
mi pareva la soglia dell'eternità.

Come un dio unico e superno
m'affacciavo al mondo da lassù,
scrutando piccoli omini indaffarati
nel laborioso mestiere d'una vita sincera.

D'una vita fatta del piacere, a me ignoto,
donato dalla distensione d'unica ruga,
o di antichi rituali,
celebrati per abitudine.

Fu sufficiente immergermi
tra loro per esserne contagiato,
per ignorare un poco quella barriera
autoimposta che mi separava dal mondo.

Una discesa infera in un paradiso
terrestre, maestro per me, finalmente discepolo:
mi ha insegnato che il tempo
non è cristallizzato in un unico solitario istante."

Il mio Virgilio è stato questo raduno di corpi e questo brusio di menti, questo ammasso di volontà tese spasmodicamente ad un obiettivo comune. Ho imparato più da tutto questo in pochi mesi, che da altri versi in tutta la vita. Ed infine ho compreso che non è la poesia la guida della vita, ma la vita la guida della poesia.

Quei versi sussurrati dal passatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora