VII. Orizzonti di mito

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"Nella tiepida e immota serata,
fra gli ultimi schiamazzi nelle tabernae
e il frinire acuto dei grilli, persi
in sterminate selve,
si leva una melodia dorata,
fra il profumo stordente degli incensi.

Si sazia degli sguardi stupiti e mezzo assopiti
della sua platea, di satiretti affrescati,
d'austere matrone e di bambini;
il petto s'alza s'abbassa per il canto,
pare che il bronzo, il ferro e la magia
siano i soli padri del mondo concreto."

Questo doveva significare assistere all'esecuzione orale d'un poema; l'aedo e l'inno stesso divenivano il mondo e il suo creatore, plasmati dall'amore o dal disprezzo del pubblico, finché il mito intero diveniva la spinta dell'agire umano. Quanto potere avevano i poeti!

"Parole alate venivano da Cleobulo
e l'intera stanza ristava attonita
con la bocca e gli occhi spalancati.
Riconoscevano nell'inno
il braccio e la mente del loro padrone,
vincitore di molte città e di popoli,
disperso nel selvaggio Epiro
o preda di qualche gente barbara.
Era nitido innanzi ai loro volti,
quando da un angolo della camera
si levò un grido, di mutare
il canto e la voce mielata..."

Durante la pausa pranzo, molti miei colleghi siedono all'ombra degli olivi, su verso l'Arce, raccontandosi aneddoti o immersi in una lettura solitaria. Nessuno di questi, però s'avvicina a quel rito sacro proprio della Grecia arcaica, resta solo un rapido passatempo, a tratti fine a sé stesso. Nel nostro tempo manca coesione; forse se il mito entrasse più prepotentemente nelle nostre vite saremmo più uniti... Ci sentiremmo parte di una sola comunità di uomini e non semplici isole di esistenza...

Quei versi sussurrati dal passatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora