3

275 18 0
                                    

Aveva aspettato steso  sul letto, con lo sguardo rivolto a quel triste soffitto bianco, che il farmaco facesse effetto  ma ovviamente non avrebbe fatto nulla a lui.
La sua malattia era qualcosa di incurabile, la ci fonte proveniva solo dalle condizioni in cui lo avevano trovato.
Era una cosa innata; o la si aveva o si fingeva di averla. E lui non era mai stato un attore nato, non era capace di dire il falso e la sua cosa era tutta più che una questione psicologica che nemmeno lui sapeva descrivere.
Le voci nella sua testa ritornarono,  nonostante avesse preso poco prima quella pillola.
Gli altri ospiti di quell'ospedale erano ancora fuori per la loro ora d'aria, lui non voleva uscire.
Non ce la faceva, nonostante avesse vissuto chiuso in quella stanza per parecchio tempo aveva smesso di immagine come fosse bello e pulito il mondo all'esterno; il suo trauma era stato troppo grande e dubitava che potessero curarlo in poco.
Richard ormai era un uomo di soli ventiquattro anni e dall'accaduto erano  passati la bellezza di quattordici anni in cui era rinchiuso in quell'ospedale psichiatrico. Non sapeva se prima avesse avuto una famiglia che lo aveva abbandonato in quella casa, o meno. I suoi ricordi si erano consumati con il tempo a causa del trauma troppo forte che mia aveva colpito.
La sua purezza e la sua infanzia gli erano state  strappate via. Era cresciuto troppo in fretta per quel mondo.
Ma, dopotutto, era solo un bambino di dieci anni e non se lo meritava di essere rinchiuso in quel posto -senza ne cibo e ne acqua- come se fosse stato un animale in gabbia.

Quando sentì la porta aprirsi di nuovo, alzò lo sguardo e incontrò  nuovamente gli occhi di quell'infermiere. Non li aveva mai notati in modo così attento prima d'ora: erano grigi e profondi. Anche lui sembrava un uomo con una storia tutta da raccontare e con tanti segreti.
Richard si mise seduto sul letto, aspettando che l'uomo si avvicinasse al comodino con  il vassoio tra le mani per poter sbirciare cosa vi era al di sopra.
Era la solita cena costituita da quella zuppa schifosa simile a quella che davano  sugli ospedali ai malati, e che lui di certo non avrebbe mangiato,  una bottiglia d'acqua e una mela come dessert.
Non aveva molta fame, quindi si limitò a guardare in silenzio l'uomo che prese la vaschetta della zuppa e si sedette di fronte a  letto con una mano che teneva il cucchiaio di plastica.

《Fowler  vuole assicurarsi che tu mangi. Quindi sarò io a farti mangiare, dato che non mangi quasi nulla.》

Un sospiro caldo si  levò  dalle labbra del corvino e annuì anche.
Non gli piaceva l'idea  di farsi imboccare da qualcuno, che tra l'altro non conosceva nemmeno.
Era abbastanza imbarazzante, la doveva farlo se voleva uscire il più presto da li.
Aprì  le labbra rosse, quando vide il ragazzo infilare il cucchiaio nella zuppa e tirarlo fuori per poi portalo tra le sue labbra, e ingoiò  quella poltiglia.
Okay, faceva decisamente  schifo, ma aveva cambiato idea sul farsi imboccare.
Se lo sarebbe fatto fare  più spesso se solo fosse stato quell'infermiere  a farlo.

ASYLUMDove le storie prendono vita. Scoprilo ora