Sorelle

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Roman Savic si gustava lo spettacolo dalla plancia di comando della sua nave, una piccola rinfusiera riattrezzata e pesantemente armata. Le sue barche falciavano i pochi soldati rimasti a bordo della nave da guerra, misteriosamente danneggiata, un gigante ferito destinato a una fine lenta. Non sapeva cosa fosse successo, ma senza la nave niente avrebbe intralciato il suo piano. I russi erano diretti a riva, avrebbero messo fine alla famiglia de Rosa, ormai erano inaffidabili e c'erano offerenti migliori. Savic pensava solo a una cosa, denaro. Solo al mondo, il russo aveva avuto una piccola carriera nel pugilato, in quell'ambiente era entrato nel giro della droga e successivamente in quello delle armi e così via. Era una persona spietata e senza scrupoli, aveva ucciso chiunque si frapponesse coi suoi piani, aveva preso il controllo della sezione mafiosa russa in Italia uccidendo i precedenti boss uno per uno. Ora avrebbe ampliato il suo traffico grazie al suo piano. Con tranquillità l'uomo estrasse un sigaro cubano dalla tasca del suo elegante abito nero e lo mise in bocca. Cercò nelle tasche <<Dove diavolo è il tagliasigari?>> mormorò con la voce alterata dal sigaro fra le labbra. Un lampo argentato solcò il suo campo visivo, la punta del sigaro cadde a terra, un piccolo coltello era piantato nel vetro della plancia di comando. Savic si girò impugnando la sua desert, ma non finí nemmeno il movimento che un piccolo corpo esile gli passò accanto e un attimo dopo non aveva più il sigaro in bocca. L'uomo ripose l'arma e si girò tranquillamente. <<Pensavo avessi roba più raffinata Roman, perdi colpi, oltre che nei riflessi da quanto vedo>> una giovane ragazza dai lunghi capelli castano scuro stava seduta sulla poltrona del comandante al centro della plancia in maniera scomposta, le gambe ricadevano oltre un bracciolo. Fissava il russo con due penetranti occhi verde acqua, era vestita con pantaloni cargo neri e una felpa abbinata. Sul petto aveva un fodero con dentro un grosso coltello, altre lame erano sparse per il corpo, due sui fianchi e una sullo stivale destro erano quelle che poteva vedere Savic. <<Solite entrate in stile eh?>> Gli uomini di Savic in piedi accanto a lui  bisbigliavano fra loro, una parola, o meglio un nome, suscitava terrore fra le fila russe. <<Comandante, non sarà mica...>> Balbettò il primo ufficiale, ma prima che finisse si trovò due dita sotto il mento e un coltello alla gola. La ragazza con un agile balzo era arrivata davanti al giovane ufficiale << La parola che stai cercando è "zhatka" se il mio russo non è ancora tanto arrugginito>> Zhatka era la traduzione russa di "mietitrice". Nessuno conosceva il vero nome della giovane ragazza, ma il solo soprannome bastava a mettere paura a chiunque. Dopo anni di servizio per la mafia russa, Zhatka era il terrore di chiunque si schierasse contro Roman Savic. Non era russa, bensì Italiana da quel poco che si sapeva di lei. Esperta di lame e arti marziali era bella quanto letale. La bassa statura e il corpo esile la rendevano molto agile<<Avevo chiesto il pacchetto completo se non sbaglio>>Zhatka lasciò perdere l'ufficiale <<Mia sorella è sempre stata qui>> La sagoma di una donna apparve in un angolo della stanza <<Privet ragazzi>> era vestita con uno strano abito diviso a esagoni, le ricadeva addosso come un mantello. Era alta e bionda a differenza della sorella, gli occhi però erano gli stessi. Alena si mimetizzava grazie a un tessuto speciale in grado di specchiare l'ambiente intorno a sé <<Anche tu non scherzi, Alena.>> Disse Savic ridacchiando. <<Sono felice di avere voi due al mio fianco, questo attacco sarà rischioso, ho bisogno di tutto il supporto possibile.>> Savic e i due sicari si misero a guardare i motoscafi russi sfrecciare verso la riva, le mitragliatrici che sventagliavano colpi che colpivano la nave e l'acqua. Un motoscafo isolato dagli altri procedeva verso riva. Un forte rumore si propagò, qualcosa impattò il fianco del natante, che si ritrovò inghiottito in una nube di fuoco e fumo. Quel che restava della barca affondò tristemente nel mare. Un proiettile aveva colpito in pieno il serbatoio, con una precisione millimetrica. <<Cecchino>> disse Alena. Zhatka si alzò <<Dammi due dei tuoi e uno zodiac a motore elettrico, ci penso io>> dieci minuti dopo Zhatka e due russi erano arrivati a riva silenziosamente grazie al motore elettrico del canotto calato in mare dalla rinfusiera. La ragazza aveva visto dove si trovava il cecchino, l'avrebbe colto di sorpresa. Salirono un piccolo pendio vicino al porto del paese. Come previsto vide il riflesso di un mirino. Lo avrebbe preso dalle spalle. I tre arrivano dietro il cecchino ad armi spianate , ma trovarono solo un barret abbandonato sull'erba. Un colpo secco e la testa di uno dei russi esplose in una nuvola di sangue. Il secondo si girò e fece la stessa fine. Zhatka era ben più agile, colpí con un calcio la Glock che aveva ucciso i suoi compagni. Si rese conto che il cecchino era una lei, con un po' di stupore. La tiratrice non si scompose e sferrò un pugno al sicario, che schivò ed estrasse il pugnale dal fodero sul petto, menando un fendente. Il cecchino si ritrovò un piccolo taglio sulla guancia, da cui colava del sangue scarlatto. Zhatka analizzò rapidamente il suo avversario. Era una giovane ragazza dai capelli neri come il carbone e gli occhi marroni fissi su di lei. Era snella e forte e a quanto pare conosceva le arti marziali. La mietitrice si lanciò su in avantj e tentò una coltellata, il cecchino scartò di lato e con un calcio la colpì alle gambe. Appena Zhatka fu stesa per terra le balzò addosso , il sicario alzò la lama ma la sua opponente la bloccò e girò la punta verso di lei e iniziò a spingere. Con tutta la forza che aveva Zhatka resistette, rigirò la lama e la piantò in spalla alla ragazza, non le diede tempo di urlare che le sferrò un pugno sotto il mento. Estrasse un paio di manette e immobilizzò il cecchino. <<Ora io e te facciamo due chiacchiere>> disse, estraendo il coltello dalla spalla di lei e passandolo sulla lingua, il sangue caldo che colava copiosamente dalla lama, le urla di dolore del cecchino sconfitto in sottofondo, insieme ai rumori della battaglia in mare.

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