Capitolo 4: Momenti

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Quei giorni arrivano per tutti.
C'è bisogno di staccare dalla routine quotidiana e partire, andare in giro per il mondo a scoprire qualcosa di nuovo.
Se ne avessi la possibilità partirei ogni giorno per una nuova città, per visitare luoghi meravigliosi e paesaggi spettacolari.

Ormai la scuola era terminata e per me era il momento di mettermi in riga ed iniziare a lavorare.
Avevo ancora tanti obbiettivi che non pensavo più di realizzare, li avevo ormai abbandonati, ma l'unico che ho sempre cercato ed è rimasto fino alla fine è la felicità.

Un po come nel film "La ricerca della felicità" che si riferisce alla dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti d'America scritta da Jefferson, dove sono elencati i diritti inalienabili dell'uomo: la tutela della vita, della libertà e la ricerca della felicità.
Quest'ultima era ciò che non riuscivo a trovare in nessun modo.
Non sorridevo più da parecchio e i problemi a casa erano sempre in crescita.
Se non fosse stato per tutte quelle serate a bere in compagnia, dove l'unico modo per non pensarci era ascoltare musica di cui a malapena conoscevo le parole, non so quanto ancora sarei potuto andare avanti.

Sebastian era il primo a chiedermi ogni sera di uscire.
Era a conoscenza di tutto quello che mi stava capitando e riuscivo a parlarne solo ed esclusivamente con lui, d'altronde era il mio migliore amico, sapevo di potermi fidare e che ci sarebbe sempre stato.
Avevo perso le staffe, anche dopo aver trovato lavoro.
Non che andasse male, però non ero ancora felice.
Provai a consolarmi spendendo soldi in beni materiali che in qualche mio strano pensiero mi avrebbero potuto distrarre.
Niente, non c'era verso di essere sollevato.

Vivevo la tristezza altalenandola solo con dei momenti belli, che duravano poco, troppo poco per rialzarsi.
Non so cosa mi abbia distrutto, l'unica mia arma per stare bene era vedere gli altri felici, spensierati, che sorridevano nonostante i problemi.
Io potevo benissimo fingere.
Nessuno se ne sarebbe accorto, forse Sebastian sì, ma preso dai suoi problemi non avrebbe potuto giustamente dedicarmi tutto il tempo che mi sarebbe piaciuto ricevere.

Amavo andare da solo a passare i pomeriggi in posti isolati, dove non sentivo nemmeno il rumore delle auto, dove la città non esisteva più e i pensieri potevano spegnersi per un attimo.
Quelli erano altri momenti dove potevo davvero respirare, anche se mi affliggeva la solitudine dopo un paio d'ore e quindi tornavo a casa prima del tramonto.

Mi ero rassegnato anche nel cercare la persona che mi sarebbe potuta restare accanto e se fosse arrivata, sapevo già che avrei combinato un disastro.
In un modo o nell'altro avrei perso anche lei e la routine sarebbe ricominciata nuovamente.
Se solo fossi riuscito a darmi altre motivazioni per andare avanti non sarei rimasto per più di un anno in quelle condizioni.

"Come fa la gente ad essere felice da sola?" Facevo spesso a Sebastian questa domanda quando prendevamo lunghi discorsi che incominciavano fra la sesta e la settima birra di sottomarca, e lui come suo solito cercava di darmi la risposta migliore per farmi star meglio.
Ripeteva che avrei dovuto solo aspettare.
Che il tempo avrebbe risolto ogni cosa.
Idiozie.
Non riuscivo a pensarla come lui.

L'unico tempo che conoscevo io era quello di tornare indietro nel passato ed era spesso quello più doloroso.
In realtà ognuno di noi ha delle macchine del tempo.
Alcune attraverso delle foto, dei messaggi, lettere e regali ci riportano indietro nel perfetto istante dove hai sorriso ed eri felice e questi vengono chiamati ricordi.

Una sera prima d'iniziare a bere provai a spiegare la mia idea di tempo a Sebastian.
Era stanco di vedermi così e decise di portarmi in montagna a prendere un po d'aria e a liberare i pensieri.
Arrivati al fresco, misi la felpa e mi sedetti sulla panchina che si affacciava sulla città.
All'improvviso mi mise una mano sulla spalla e mi disse:

"Hai presente te e le tue macchine del tempo? Ho una mia teoria.
Non tutti i viaggi nel tempo vanno fatti nel passato, esistono anche metodi per andare avanti nel futuro.
Si Kevin esistono, e si chiamano sogni.
Comincia a riempirti di nuovo la vita di sogni, non solo di ricordi e quando li avrai realizzati, tutto apparirà più sereno"

Una lacrima incominciò a scendermi fino ad arrivare al mio sorriso.
La risposta li sempre avuta in ciò che avevo abbandonato subito.

Sebastian aveva creato l'ennesimo ricordo in una fantastica serata, ma in quel ricordo era racchiuso il consiglio di un vero amico, quello di cui ero certo che ogni parola detta, ogni gesto fatto, veniva veramente dal più profondo del cuore.

I momenti vanno vissuti fino in fondo, quando poi finiscono diventano un ricordo, a volte bello, altre volte brutto.
Vale comunque la pena tenerli stretti perché ci hanno reso ciò che siamo ora e ci renderanno qualcosa di unico con cui nessuno potrà trovare un paragone.
A volte proiettarsi nel futuro, non è poi così male.

Non perdere la speranza e continuare a sognare è l'unico modo per sopravvivere.

Estasiato da difetti specialiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora