Capitolo 12

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Sharon
Dopo cinque minuti passati con quell'idiota attaccato alla spalla volevo già scappare. Mi chiesi per quale motivo ogni volta che era ubriaco dovevo sopportarlo io.

Avevo messo una coperta e due cuscini sul pianerottolo e mi ero seduta accanto a lui.

Non sarebbe entrato in casa mia, specialmente adesso che non sapevo se il suo cognome avrebbe potuto mettermi nei guai.

Perchè allora non riuscivo a ignorarlo, a cacciarlo o a mandarlo a quel paese?

<Posso sapere per quale motivo ho dovuto mettere la mia calda e morbida coperta sul pavimento?> chiesi

<Perchè sei pazza e non vuoi farmi entrare in casa tua.>

<Oddio, ti prego non costringermi a farlo. Sappi che non te lo chiederò nemmeno sotto tortura.>
<E invece sì Shar, chiedimelo. O non lo saprai mai.>

<E va bene! Perché stavi piangendo Jacob?> sbuffai e lui poggiando la schiena al muro rise.

<Non lo so.> si ricompose

Non sapevo cosa fare, non avevo mai consolato nessuno e iniziare con lui era fuori discussione. Credevo.

<Non so perché stessi piangendo, non so perché sono venuto a casa tua, non so perché ho lanciato una bottiglia contro il muro, ma so perché sono mezzo ubriaco.>

Fece una pausa e chiuse  gli occhi per dei secondi che mi sembrarono eterni.
Guardai il profilo del suo volto e notai, per la prima volta, quanto fossero sottili ed eleganti i suoi lineamenti, sembrava scolpito da un qualche famoso scultore greco.

Riaprì qualle meraviglie grigie che aveva al posto degli occhi e riprese a parlare

<Ho litigato con mio padre. Di nuovo.
Mi ha chiamato e mi ha chiesto di andare da lui tra due settimane per firmare una pratica per la quale serve il mio nome. Perché questa cosa mi fa incavolare da matti? Perché non ci sentivamo da quasi due mesi. Mai una telefonata, mai un messaggio, si rende conto di avere un figlio soltanto quando ne ha bisogno. Ha iniziato a chiamarmi qualche sera fa e non si è ancora arreso. Poi se c'è una cosa che sa è che non voglio avere nulla a che fare con la sua azienda e le sue miriadi di operazioni illegali.
Perché ti sto raccontando tutto questo Sharon? Non te ne importa nulla!>

Non avevo ancora parlato con Axelle e il dubbio sull'identità di suo padre era ancora lì, che frullava nel mio cervello. Non riuscivo a fidarmi di lui, per quanto ne sapevo poteva anche aver architettato tutto in modo tale che io mi fidassi di lui e poi avrebbe rapportato tutto a suo padre.

Fu quella lacrima che gli rigò la guancia, però a convincermi che quel ragazzo che avevo davanti avrebbe potuto essere qualsiasi cosa tranne che falso.

<Invece no Jacob, mi interessa eccome. Continua ti prego.> gli dissi poggiando incerta un dito sulla sua spalla.
Consolare non faceva proprio per me.

Sorrise guardando il mio dito poggiato sulla sua spalla e prese la mia mano tra le sue.

<Mi sento inutile, sai? Avrei prove a sufficienza per fare marcire mio padre in galera per il resto della sua vita, ma mi limito a stargli lontano.
Sono andato a vivere da solo nella speranza che si dimenticasse di me e lo ha fatto, solo che ogni tanto, quando fa comodo a lui, se ne ricorda, si ricorda di avere un figlio.
Non riesco a capire come faccia mia madre ad essere così cieca, come faccia a non accorgersi di quanto sia marcio suo marito e soffro pensandola in quella casa da sola con lui. Non è cattivo, ma sa usare bene il suo giro di amicizie e questa cosa mi ha sempre fatto infuriare. >

Un fiume di lacrime iniziò a rigargli il volto e si distese facendomi segno di farlo anche io.

Mi distesi e i suoi occhi, fissi nei miei, si riempirono sempre di più di lacrime.
Gli misi una mano tra i capelli mossi e  iniziai ad accarezzarglieli.

Dimenticai tutto, i miei dubbi svanirono e capii che anche se fosse stato veramente suo figlio tutto ciò che mi aveva detto lo aveva detto col cuore in mano e io mi fidavo di lui come non avevo mai fatto con nessun altro.

                                 ***

<Sharon, giuro che se non aprì questa porta la sfondo!> mi alzai controvoglia e aprii la porta della camera da letto.

<C'è bisogno di gridare così? Di prima mattina?>
<Scusa se non posso andare nemmeno in bagno perchè qualcuno ha chiuso a chiave tutte le porte di questa casa!>

<Davvero? Ma chi sarà mai stato? Tu credi negli alieni? Perchè secondo me saranno stati loro.> dissi in tono serio

<Sul serio Sharon? Perché hai chiuso tutte le porte?>
<Dovresti ringraziarmi perché ti ho fatto dormire dentro casa e non sul pianerottolo scomodo.>

<Ho ugualmente dormito per terra! Avresti potuto lasciare almeno la porta d'ingresso aperta.>

<Sì, così saresti potuto scappare con più facilità con i miei mobili.>
<Seriamente mi hai rinchiuso perchè pensavi alla possibilità che avrei potuto derubarti?>

<Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio caro mio. Questa è la chiave del bagno, lavati che sembri uno scappato di casa e poi andiamo da John.>

<Io non ti capirò mai unicorno rosa> sussurrò
<NON-CHIAMARMI-MAI-PIÙ-COSì!>

<Vai tocca a te.>
<Mh, musicall! Greese.>
Eravamo sdraiati da più di un'ora sotto il cielo di Manhattan ad osservare le nuvole che con lievi movimenti di spostavano. Stavamo facendo una specie di gioco: dovevamo dire un genere di film e in rapporto al genere che avevamo scelto il film più bello secondo noi.

<Sì, sta volta hai ragione.>
<Ho sempre ragione ranocchio.>

<Quasi dimenticavo Shar, Daniel vuole che sta sera tu ti unisca a noi alla "serata della birra">
<Alla che?>
<È una cosa che facciamo dai tempi del liceo, una volta al mese ci riuniamo in casa di qualcuno del gruppo e beviamo un solo tipo di alcolico, Sta sera berremo solo birra.>

<Wow, che emozione! Parteciperò alla serata della birra.> risi
<Quindi ci sarai? Sai, Dan ci teneva.>

<Si, certo, è Dan quello che ci tiene alla mia presenza.>
<Sai com'è, si affeziona molto in fretta.> sorrise
<Sì, certo.> sorrisi anche io.

<Ci sarò, passa a prendermi alle otto. Ora va che hai lezione.>
<Giusto.> si alzò e fece qualche passo dandomi le spalle, poi si rigirò

<Grazie mille Shar e scusa.>
<Figurati, quando vuoi.> risposi imbarazzata.

Lui rise e se ne andò.

Ciò che il cielo non ci diceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora