Capitolo 10

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Dalla tenda si accorse del gran trambusto che si stava creando nell'accampamento <<Marcus è stato ucciso!>> gridavano. Continuò a mangiare le sue bacche selvatiche indifferente alla cosa quando ad un tratto si vide due sentinelle invadere la tenda tentando di afferrare e trascinare il giovane, gli altri due rimasero quasi pietrificati, ma egli prevedette le loro mosse e le schivò per poi alzarsi in piedi pronto a sguainare la sua spada.
<<Giulio Cesare vuole vederti>> disse uno dei due arretrando.


Arrivarono alla tenda ed entrarono. <<Ma eccolo! Il nostro Cingeto!>> lo annunciò ironico il proconsole <<ma bene, bene. Ora che sei qui parliamo po', che ne dici?>> gli girava intorno come fa un predatore con la sua preda.
Cingeto lo fissava ricambiando lo sguardo di sfida.
<<Sai perché ti ho convocato?>> si diresse verso un tavolino e prese un calice di vino rigorosamente annacquato. Bevve avidamente. Non ricevendo risposta continuò <<Marco Crasso>> fece una pausa <<uno dei miei più fidati ufficiali ucciso, svanito nel nulla come fosse polvere! Spento come una candela!>> diede un pugno su quello stesso tavolo <<Ne sai niente?>>.
<<Dovrei?>> rispose sfacciatamente.
<<Or su, facciamo i seri e non prendiamoci in giro, sappiamo entrambi com'è andata...>> sbottò.
<<Bene, e se fossi io l'artefice della sua morte? Cosa mi faresti, oh mio Cesare?>> proferì con aria ironica e di sfida. Le due sentinelle alle sue spalle si guardarono reciprocamente, allibite dalla sua sfacciataggine e alla mancanza di rispetto per quell'uomo potente che da vivo era già leggenda.
Si avvicinò a lui fino a stargli quasi attaccato al viso <<Molto semplice>> estrasse da una manica un pugnale  <<ti taglierei quella tua pallida gola celtica>> mimò il gesto. Cingeto lo respinse con uno spintone facendolo barcollare all'indietro.
<<E allora vai! Fallo!>> diceva mentre gli andava in contro minaccioso e spavaldo  <<Uccidimi! Sono qui disarmato nella tua tenda>> fu afferrato dai due <<con due delle tue stupide sentinelle senza palle. Uccidimi Cesare, perché non lo fai?>>
Il proconsole rise di gusto sistemandosi la veste <<Ecco vedi, bisogna essere sinceri. I Romani sono sinceri e leali, ecco perché l'Impero Romano funziona bene ed è potente>> si avvicinò nuovamente  <<non come voi sporchi celti, popolo selvaggio senza prestigio>>.
<<Sei capace solo di parlare o sai fare anche altro?  Non sai nemmeno difenderti dato che hai bisogno della scorta>>
<<Mio caro, così giovane ed ingenuo! Ma non ti preoccupare>> gli accarezzò il capo immergendo la sua mano in quella fitta foresta di capelli biondi <<Sapevo che eri tu l'assassino, sia di nome che di fatto, ma non ti ucciderò, almeno stavolta. Avrei potuto farlo fin da subito, quando ti catturai, ricordi quel giorno? Bellissimo! Avrei potuto farlo anche da Roma quella volta che dovetti tornare per delle faccende politiche e ti lasciai qui, mi sarebbe bastato uno schiocco di dita e un messaggero veloce per ucciderti, ma non l'ho fatto. A proposito, Roma è splendida dovresti vederla! Forse un giorno ti ci porterò.>> fece una pausa e bevve <<Tornando a noi, ti chiederai perché mio caro, semplice, sarai pure un assassino ma hai delle qualità e come combattente vali più dell'oro e 100 Romani. Voglio convincerti>> riprese a bere <<voglio convincerti  a schierarti dalla mia parte. Voglio che tu diventi uno di noi e ti darò il tempo di abituarti all'idea e a conoscerci meglio. So che lo vorrai perché io ottengo sempre ciò che voglio>> fece cenno di lasciarlo libero.
<<Non avverrà mai, meglio morto che come te!>>.
Ignorò e chiese <<Ma dimmi, come sei entrato nella tenda senza essere visto?>>
<<Semplicissimo, nei dintorni non c'era anima viva! >> sbottò per poi sogghignare lanciando lo sguardo alle due guardie.
<<Mi stai dicendo che non c'era nessuno a sorvegliare l'ingresso??>>
<<Esattamente>>
Con un gesto della mano congedò Cingeto <<Voi due, portatemi quei due nullafacenti>>.

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