La notte scese più velocemente del previsto.
Cris era distesa nel suo letto che fissava il tetto, immobile.
Non osava muoversi, perché non osava alterare il suo baricentro di apparente tranquillità, poiché tutta la paura si sarebbe potuta versare fuori e inondarle la mente.
Lei doveva essere lucida invece per riuscire a pensare a cosa fare una volta esiliata.
Si sentiva smarrita, si sentiva rifiutata ingiustamente, avrebbe fatto di tutto pur di dimostrare di valere qualcosa di più che una stupida data di nascita, che lei non era e non sarebbe mai stata come dicevano che fosse gli altri, quelli che non la conoscevano e non sapevano nulla di lei.
Quelli che si basavano su ragionamenti presi dal nulla, su amici di amici, sul "si, una volta l'ho vista... forse... di sfuggita".
Lei era molto più di un "forse" di un "potrebbe", ma non sapeva come dimostrarlo, e voleva urlare, voleva sbattere i pugni contro il muro fino a sanguinare, voleva scappare per non dargliela vinta, voleva poter scegliere, poter giustificarsi, aiutarsi.
Eppure non poteva fare altro che stare lì, immobile, continuando a fissare il tetto, che dopo qualche minuto non sembrava più regolare, ma pareva muoversi per colpa di qualche stupida illusione ottica, ma lei non ci faceva quasi caso, pensava e pensava.
Ogni tanto desiderava così tanto poter spegnere la sua mente, sul serio, fare tutto ciò che le diceva il cuore senza pensarci due volte, vuota di preoccupazioni e piena di un bruciore al petto; chiamiamolo speranza, entusiasmo, follia, chiamiamolo come vogliamo, non importa, perché lei voleva questo, indipendentemente dalla provenienza e da cosa fosse veramente.
Lei voleva sentirsi libera e fuori controllo, ma quel fuori controllo che ti fa sentire bene che ti fa venire voglia di cantare e non piangere dalla paura di non farcela, di essere sola nel mondo.
Può anche sembrare facile, ma non lo era per niente, anche un semplice uscire di casa in certi giorni per lei era angoscia.
Certi giorni voleva strappare quel suo stupido cervello via dalla sua testa, buttarlo via, prenderlo a calci, poiché si rendeva conto di quanto fossero stupide e fuori controllo certe sue paure, eppure ne era schiava.
Invidiava gli altri, invidiava chi era libero di fare ciò che voleva quando lo voleva, e non perché glielo permetteva la madre, il padre o la legge, ma perché se lo permetteva esso stesso.
Un cambio di programma inaspettato era una tragedia, una litigata in un giorno no era una tragedia, dover uscire stanca dopo un'intera giornata era una tragedia, si sentiva una pensionata non una quindicenne.
Una quindicenne... mancava così poco.
Scosse la testa per cacciare via i brutti pensieri.
Ma come poteva pensare di scacciare via la realtà? Doveva affrontarla.
-Cris è ora.- disse Thala entrando in camera sforzando un sorriso, senza neanche bussare e si avvicinò al letto della figlia che non aveva il coraggio di guardarla negli occhi per paura di scoppiare a piangere.
-lo so.- rispose cris prestando attenzione alla pronuncia delle parole, cercando di non far trasparire nessuna emozione per non ferire la madre.
Che situazione ironica però, lei doveva andare via ma doveva stare attenta a non fare soffrire la madre.
-ci aspettano fuori, però prenditi il tempo che vuoi...-
-e a cosa mi dovrebbe servire prendermi del tempo?- interruppe la madre.
La madre non osò replicare, si rendeva perfettamente conto della situazione e sapeva che la figlia aveva bisogno di sfogarsi.
-cosa c'è di logico nel mio esilio, me lo spieghi? È...è razzista!- esclamò cris soffocando le lacrime in preda alla rabbia.
La madre la guardò con compassione.
-la paura di ciò che non si conosce spinge l'uomo ad agire in modo stupido.- rispose la madre sospirando.
Cris sbuffò e diede un pugno al materasso.
-Cris, non devi lasciarti abbattere da queste persone, loro sono ignoranti, dovrebbero accogliere le persone diverse...speciali, come te e farne un vanto.- thala si fermò un attimo per riprendere fiato.
-eppure le persone si fanno condizionare dalle altre persone.-
Continuò.
Gli occhi di cris erano lucidi, ma vividi di qualcosa che forse era rabbia, desiderio di giustizia, di qualcosa...cosa? Amore? Pace?
- possiamo andare.- disse cris alzandosi dal letto e sforzando un sorriso per la madre che la baciò in fronte abbracciandola forte.
Uscirono di casa senza proferire parola, arrivate in giardino cris sentì una goccia caderle sulla punta del naso.
Guardò in alto; il cielo era diventato scuro e pieno di nuvoloni grigi e cupi, minacciosi.
Il giardino sembrava un'altro posto sotto quella luce; le piante di rose si chiudevano e i girasoli si piegavano come spenti, le margherite sembravano in letargo, chiuse, nascoste.
Delle persone molto importanti che cris conosceva molto bene fin da piccola la scortarono fino ai confini di Bud, per poi fermarsi davanti all'albero madre del popolo: tryss
-c'è qualcosa che vorresti dire davanti ai testimoni prima che tu lasci il popolo di bud?- disse in tono spento e serio il capo del clan.
Era pieno di rughe, soprattutto nella fronte, ed erano sia verticali, accanto alle sopracciglia, che orizzontali.
Il suo naso era enorme, cris non ne aveva mai visto uno più grande e brutto a parer suo, "chissà, magari sua moglie lo trova affascinante" pensava.
Quel pensiero la fece rasserenare per qualche attimo, finché non ritornò alla realtà.
-c'è una cosa che ho capito nell'ultimo mese, se posso vorrei condividerla con i presenti.- rispose Cris con una serietà fuori dal normale per la persona che era.
-certo, dica pure.- fece un gesto con la mano quasi con noncuranza il capo, come ad invitarmi a fare ciò che volevo, tanto non faceva alcuna differenza.
-ho imparato che; le persone dipendono da altre persone, che a loro volta dipendono da altre persone, ed esse pensano solo a loro stessi, oh e fa male.- disse quasi con una punta di sfida, come se fosse una frecciatina, un rimprovero, una predica.
Gli incaricati la guardarono storto per qualche secondo.
-bene, puoi andare.- disse poi freddamente il capo clan.
Cris avrebbe voluto dirgliene di tutti i colori, ma non voleva mettersi contro lo stato e i capi di bud, ma soprattutto non voleva diffamare ancora di più la sua famiglia.
-ci rivedremo ancora.- le disse la madre prendendole il viso tra le mani trattenendo a stento le lacrime.
Detto questo iniziò a piovere a dirotto.
Dopo pochi minuti cris era già nel bosco fitto.
Non osava guardarsi indietro, ma sentiva una strana libertà nel suo stomaco, una sorta di assurda potenza che saliva saliva sempre più su...
Ma in realtà era solo vomito, che salì così tanto che cris si dovette fermare per espellerlo.
"La prima tappa?" Si chiese facendo mente locale e guardandosi intorno per cercare delle indicazioni.
Finì per caso coll'imbattersi in un'indicazione che segnalava a 7 km il confine dei Vintage, così decise di tentare la fortuna nel facoltoso clan dei lavoratori più stimati dell'Unione.