La Fuga

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Brendeswey Burg.

Era da li che venivo, una specie di ghetto vicino le Grandi Raffinerie, che cosa raffinassero non ne avevo la più pallida idea, ma ogni mattina quando quelli aprivano i condotti di aerazione ne usciva un fumo nero e denso che ricopriva ogni cosa, e come tutte le mattine ero costretta a scrostare la patina nera che si formava sui vetri della finestra della mia camera. Vivevo in un vecchio orfanotrofio, una Casa di Lavoro da Ma' Costa, una vecchia vedova che teneva in custodia almeno 5 ragazze più o meno della stessa età. Ma' Costa non era cattiva, ma abbastanza sveglia e scaltra negli affari: barattava qualsiasi cosa per un po' di denaro o del cibo, anche noi.
La mia vita non era mai stata facile: abbandonata all'età di due anni davanti all'orfanotrofio da una persona che evidentemente non mi voleva, avevo lavorato tutta la vita per Ma'Costa facendo i lavori più disparati.

Quella mattina Ma' Costa venne a svegliarmi portandomi la colazione, solitamente me la lasciava davanti alla porta con un biglietto con le consegne. L'avevo già vista troppe volte quella sceneggiata della colazione, come accontentare un bambino con una caramella: lei entrava tutta ballonzolante nel suo vestito nero da vedova, con un sorrisino dolce e stronzo in viso, un viso brutto e vecchio deperito dai fumi e dalla vita faticosa
- Buongiorno cara - disse stridendo - come ti senti oggi? - io mi alzai poggiandomi alla testiera del letto facendo scivolare le gambe sulla coperta - è una bella giornata oggi, non è vero? - io le feci un ghigno guardandola storta levandole dalla faccia quel sorrisino falso - vestiti con calma e scendi di sotto, ho una piccola sorpresina per te- disse ululando uscendo poi baldanzosa dalla stanza, sbattendo così forte la porta da sollevare tutta la polvere sopra gli armadi. "Col cazzo" pensai e presi i miei vestiti logori dalla sedia: un paio di pantaloni scuri lunghi ormai macchiati e sporchi, una maglia grigia scuro, un cappotto lungo fino a metà gamba di un verde bosco.
Mi misi la mia sciarpa e guardai attraverso lo specchio che c'era su il mio comodino: capelli spettinati e occhi da gatto. Mi staccai dalla mia immagine riflessa e aprì la finestra incrostata di polvere, sotto di me un cornicciolo percorreva fino a una scala di ferro vecchio che dava sul vicolo verso la strada principale. Presi tutto quello che potevo mettere nelle tasche (cibo compreso) e guardai un'ultima volta la mia stanza. Avevo passato anni in quel tugurio aspettando il momento in cui sarei scappata, lo avevo immaginato per quasi tutta la vita, non avrei mai lasciato che mi prendessero con facilità, avrei lottato per la mia libertà ad ogni costo. Sapevo di rischiare, buttarsi in strada voleva dire molto spesso morire di fame e di stenti, ma non sarei restata ad Endagort, non nei miei piani.
Con timore appoggiai i piedi sul cornicciolo abbastanza grande e spesso, tenendomi alla finestra, guardai in basso: la gente scorreva veloce senza guardare troppo in alto, una fortuna per me in quel momento. Cercai di fare il più in fretta possibile stando attenta a non cadere, arrivata alla fine del cornicciolo, con le mani tremanti appoggiai un piede sulla ringhiera di ferro, esitai non sapendo dove mettere le mani, ma il cornicciolo girava verso la scala il che mi permise di saltarvi dentro senza difficoltà. Mi guardai in giro: nessuno in vista. Iniziai a scendere le scale più in fretta che potevo stando attenta a non cadere da qualche gradino, una volta in fondo mi misi la sciarpa leggera come bandana sul naso per nascondere il viso e iniziai a correre di gran lena fra la gente. Si sarebbe accorta della mia scomparsa a breve, dovevo sparire.
Mi infilati in un vicolo stretto e lungo tra due case di mattoni, schivando senza tetto e ubriaconi correndo verso la fine, mi guardai indietro sperando nessuno mi seguisse e imboccai un altra via principale.
Scappare era l'unica possibilità che mi rimaneva, alla fine. Avevo pensato molto a come sarebbe andata a finire il giorno in cui Ma' Costa fosse venuta a consegnarmi, ma era sicuro che non sarei finita come Victoria o Kelly in uno di quei lussuosissimi centri della fecondazione, non io, non quel giorno almeno.
Percorsi almeno 10 chilometri passando per vie secondarie, vicoli e strade principali, ci misi circa 40 minuti per arrivare in una lunga strada dove mi infilai tra la gente, quel giorno la Via dei Mercanti era più affollata del solito e la calca mi sbattacchiava di qua e di là cercando di passare. Mentre cercavo di farmi strada tra il banco del pesce una piccola folla attirò la mia attenzione: una ragazza si dimenava tra le braccia di due Reclutatori, due uomini vestiti di nero e grigio con caschi che gli ricoprivano il volto, dei manganelli e una pistola in una cinta, la ragazza gridava e implorava di lasciarla andare. Mi fermai ad assistere da lontano, la ragazza aveva più o meno 18 anni con i capelli biondi ricci e gli occhi scuri come la pece, i due uomini la tenevano per le braccia e lei gridava di essere sterile. Mentre osservavo quella scena una paura mi assalì, sarebbe toccato a me? Mi voltai finendo addosso a qualcuno che mi fece cadere atterra - ehi! - disse il ragazzo - tutto bene? - io lo guardai per un secondo rimettendomi la sciarpa che era caduta in volto, non dissi nulla e mi alzai guardandolo di sfuggita, il ragazzo mi seguì - ehi aspetta un attimo! - io iniziai a camminare più velocemente zoppincando per uno strano dolore ad un piede, mi nascosti in un vicolo tra un venditore di ciarpame e un'altro mentre il ragazzo si guardava attorno per cercarmi "che cosa vorrà mai quel tipo?" pensai mentre mi rinfilavo tra la folla.
Camminai fino la fine del vicolo senza intoppi, a volte vedevo qualche Reclutatore sbirciare tra la gente così sgusciavo via nascondendomi. I loro visori non funzionavano così bene alla luce, io lo sapevo bene, perciò mi bastava sfilare via dal loro campo visivo evitando di essere vista.
Mi fermai alla fine della via facendo finta di osservare delle pezze da cucina, a quell'ora Ma' Costa si sarebbe accorta della mia sparizione e avrebbe mandato i Reclutatori a cercarmi, ma se mi fossi nascosta da qualche parte fino la sera e fossi uscita con il buio avrei avuto più possibilità di saltare su un vagone merci che portava fuori Endagort verso le Terre di Nessuno.
Mi guardai attorno vedendo un vicolo che si dirigeva verso la zona industriale, proprio fra le fabbriche, un posto perfetto per nascondersi lontano da occhi indiscreti. Iniziai a incamminarmi verso la piccola via quando una mano mi si poggiò sulla spalla facendomi raggelare il sangue, mi bloccai per tre secondi per poi voltarmi di scatto: era il ragazzo con cui mi ero scontrata - aspetta, credo che ti stiano... - proprio in quel momento dei Reclutatori gridarono da lontano - EHY ECCOLA LÌ! - io mi voltai verso di loro terrorizzata, iniziai a correre ed il ragazzo si voltò a sua volta correndo verso la stessa via che cercavo di raggiungere. Facendoci largo tra la folla, sgusciando agilmente tra le persone riuscì ad arrivare al vicolo e iniziai a percorrerlo a gambe all'aria mentre il ragazzo mi seguiva gridando - corri verso le acciaierie poi vai dritta! - io accellerai facendo appello a tutte le energie che potevo mettere nelle gambe. Sentì delle voci lontane mentre strisciavo sotto una recinzione infangandomi i vestiti, corsi per un pezzo da sola, circa due chilometri, per un campo completamente spoglio e umido arrivando a un casolare di alluminio e cemento dismesso vicino una fabbrica antica. Mi voltai ma non c'era nessuno, avevo corso per un bel po' seminando i Reclutatori e anche il ragazzo che mi aveva indicato un posto lontano dalla città e dalla periferia, in effetti i Reclutatori non si sarebbero mai avventurati fino a lì solo per una ragazza, con la pioggia che si stava caricando in più non avrebbero rischiato di perdere tempo a trafugare un vecchio capanno delle dimensioni di 4 case a 7 piani.
Iniziai a correre di nuovo verso il capannone trovando un buco nel cemento che lo attraversava, mi guardai attorno con paura e ci entrai, d'ora in poi quella sarebbe stata la mia vita, un continuo fuggire e nascondersi, ma lo preferivo cento volte piuttosto che i Centri di Fecondazione.
Entrando non c'era nessuno, nemmeno un barbone o qualche tossico. Zero. Mi misi a camminare strofinandomi le mani fredde sulle gambe indolenzite, avevo il fiatone e dallo sforzo mi bruciavano i polmoni. Raggiunto il fondo del capanno vidi una corda che saliva fino in cima ad una apertura nel cemento, portava chiaramente ad un piano superiore. Mi attaccai alla corda per vedere se potesse reggere il mio peso e poi cercai di salire ma era molto faticoso e le mani scivolavano sulla corda umida. Rinunciai voltandomi verso l'altro lato del casolare, sembravano esserci delle scale malmesse che portavano ad un piano rialzato. Mi diressi sul fondo per poi aggrapparmi alle scale di cemento vecchio tenute da cavi arrugginiti, dopo aver salito qualche scalino una voce mi fece voltare verso il fondo - EHI! - era il ragazzo che mi aveva indicato il capanno, era sporco di terra ovunque, fece per seguirmi sulle scale ed io accellerai il passo salendo pericolosamente al piano di sopra, quando con fatica mi arrampicati sull'ultimo scalino in alto stando attenta a non cadere, alzai la testa ritrovandomi in uno spiazzo di cemento dove erano stati sistemati alcuni materassi vecchi, coperte e delle tende fatte di lenzuola scolorite, dei ragazzi erano intenti a spostare oggetti, mangiare o dormire per terra. Mi blocca quando uno di loro mi vide in piedi all'entrata delle scale, si bloccò anche lui poggiando per terra una sedia che stava sistemando, mi guardai indietro ma il ragazzo, che stava risalendo le scalinate, mi stava ormai raggiungendo. Mi guardai attorno tremante, mi avrebbero uccisa? Mi avrebbero stuprata e poi rimandata in città per essere Reclutata?
Guardai in un angolo per terra dove c'èra una vecchia asse di legno, mi avvicinai afferrandola e mettendomi a poca distanza dal muro con dei finestroni che facevano entrare un po' di luce, quando il ragazzo ebbe ormai risalito la scalinata mi guardò - Tranquilla- disse alzando le mani - non voglio farti del male- io non dissi nulla, né abbassai l'asse, uno dei ragazzi si avvicinò alzando anche lui le mani - sappiamo che sei spaventata- disse ancora il ragazzo che mi aveva aiutato a scappare - ma siamo dalla tua parte, non ti faremo niente - guardai i ragazzi che stavano fermi immobili con le mani alzate - chi siete? Perché mi hai aiutato? - l'altro ragazzo dai capelli biondo cenere e lo sguardo truce abbassò le mani - siamo un gruppo di ragazzi scappati ai Reclutatori, siamo come te- io scossi la testa - i ragazzi non vengono reclutati - il ragazzo biondo scosse la testa - cosa credi, che siano solo le ragazze ad essere sterili o meno? Per fare fronte ai centri di Fecondazione devono trovare maschi sani da cui prelevare del seme, noi siamo scappati come te, fuggitivi senza casa- a quelle parole abbassai l'asse guardandoli, in effetti non avevo mai capito come facessero ad utilizzare la fecondazione artificiale se anche gran parte della popolazione maschile era sterile. Il ragazzo che mi aveva salvato si mise una mano al petto - io sono Angus e lui è Dante, il capo del nostro gruppo - indicò il ragazzo biondo con un cenno del capo - se vuoi restare nessuno ti farà del male, credimi- disse Dante, io li squadrai per qualche secondo avvicinandomi poi porgendogli la mano - Maren - dissi e loro mi porsero la mano.

ENDAGORT - L'inizio Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora