Capitolo 4 pt.2

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La festa procede noiosamente prevedibile. Tutti sembrano divertirsi tranne me. Sorrido, scherzo, bevo (vorrei affogare nell'alcool stasera) ma non mi diverto veramente. Ho sempre detestato le feste di cui ero protagonista. Ed anche quelle degli altri. Sono ormai le due di notte e la scena di Paul che esce dalla torta è pietosamente passata. La musica rimane alta ma la gente inizia a diradarsi. Prendo fiato mentre bevo da un flute del piacevole Champagne. Un ragazzo molto carino si avvicina a me. "Hai delle scarpe bellissime" mi dice accennandole col viso. Mi abbasso a guardarle. "Si, sono davvero belle" rispondo sorridendo. Vedo un po' di stanchezza nei suoi occhi e mi chiedo se non sia riflessa anche nei miei. "Sono Dan, il ragazzo con cui si sta vedendo Mall". Abbozzo un sorriso e mi accorgo di aver completamente dimenticato di chiedere di lui. Allargo le braccia per stringerlo a me e mentre siamo così lo sento sussurrare "Se ti avessi vista prima, avrei posato gli occhi su di te senza allontanarli più". Il mio sorriso svanisce di colpo mentre, di fronte a me, ma ad una buona distanza, vedo Raul passeggiare nell'altra parte del giardino. Sgrano gli occhi ed infatti, come pensavo, lui non c'è. Intanto Dan mi sorride. Io gli lascio il flute in mano e mentre lo prende gli confido "Il massimo che puoi fare con me è portarmi da bere. Per tua disgrazia non ho sete e se ti sento fare un'altra volta un discorso del genere il bicchiere te lo spacco in faccia". Allungo l'indice di fronte al suo viso "Fa lo stronzo con Mall e ti affogo nella mia splendida piscina". Mi allontano percependo in quel tratto di giardino una valle di libertà. Nessuno si palesa per diversi metri e mi sento così a mio agio da gettarmi senza esitazione sul primo divano disponibile che abbia una vista sull'oceano sempre sveglio.

"Come stai?" mi chiede Raul dal divano accanto al mio. Sobbalzo cacciando uno strillo.

"Come mai qui?" gli chiedo sibilando.

Lui scrolla le spalle e tace. Ha una sigaretta nella mano destra e mi accorgo di non aver mai saputo che fumava. Ci penso, forse quell'odore particolare è nicotina misto al profumo che porta. Anche adesso lo sento sebbene la distanza che ci dive sia molta. Non accenna a parlare ed io inizio ad avvertire un imbarazzo crescente. Mi sposto sul posto ma nonostante ciò non ho intenzione d'andarmene. Non voglio tornare alla festa, che nessuno mi spinga a tornare alla festa. Mi stiracchio e poi affondo nel divanetto. Il sonno si sta impossessando di me e quello che prima era imbarazzo ora è solo un buon motivo per mantenere quello strano silenzio. "Non ti diverti?" mi chiede. Il cuore sobbalza ed io tengo gli occhi incollati sull'oceano. Si muove sempre affannosamente di notte, spostando le onde verso la riva. Mi ha sempre messo paura l'oceano di notte, non ho mai fatto il bagno di sera ne mi sono mai avvicinata. Lo trovo letteralmente terrorizzante. Per fortuna la nostra casa è molto distante e mi permette di avere un distacco tale da potermi limitare ad apprezzarlo.

"Non sono un tipo da feste" dico io, abbozzando un sorriso.

Mi giro a guardarlo e Raul arriccia le labbra accennando un segno di assenso. Improvvisamente, la bocca si apre a mostrare i denti. Sorride anche lui e questo mi fa sentire più tranquilla. Si porta la sigaretta alla bocca e tira a lungo prima di piegarsi in avanti per spegnerla. Seguo i suoi movimenti e la sagoma del fumo che lascia il suo corpo.

"Con quel vestito, ti facevo un tipo da feste..." sgrano gli occhi e guardo il mio corpo. Effettivamente, non è un abbigliamento che passa inosservato "...anche se capisco cosa intendi". Sposta il suo sguardo su di me e vedo che mi scruta piegando la testa. "Ti dispiace che sia il tuo professore vero? Preferisco parlarne ora che non c'è tua madre. Dispiace anche a me" dice. Non riesco ad interpretare l'inclinazione della sua voce ma mi sembra sincero e capisco quanto tenga alla mamma.

"Sì, beh, non è una cosa facile. Sono solo pochi giorni però mi abituerò. E' per poco tempo giusto?". Lui scrolla la testa in approvazione "...e poi ho detto ai miei amici di non dire niente. Non voglio chiacchiere su voi o su me o su Ely...lo sai cosa intendo. Non mi piacciono queste cose" sospendo la frase. Guardo il cielo e le stelle sono totalmente assenti a causa delle luci inquinanti di casa mia. Rimpiango le sere di tranquillità sdraiata sul divano, ma so che sta per finire e quindi mi dico di pazientare.

"Credi nel colpo di fulmine?" mi dice Raul mentre fa per alzarsi. Seguo il suo corpo e ne apprezzo i lineamenti. Capisco perché le ragazze della scuola lo trovino così affascinante. E' un bell'uomo, davvero. Mi accorgo di non saperne l'età ma suppongo ne abbia quanti mia madre, forse qualcosa di più. Intanto prendo tempo perché non so rispondere alla sua domanda. Mi allungo sul posacenere e prendo la sigaretta che Raul ha lasciato quasi spegnersi. La porto alla bocca e aspiro. Lui mi guarda, con lo sguardo scuro e con quella durezza che mi fa sentire inadeguata. Mi alzo anche io. Siamo alti uguale, ora che porto i tacchi. La distanza che ci divide è notevole anche se il buio sembra accorciarla. Raul fa un passo verso di me. Gli occhi sono profondi e torvi, mi spaventano. Penso di aver fatto qualcosa di sbagliato e mi dispiace dare questa sensazione all'uomo che ama mia madre. Si avvicina abbastanza da allungare la mano sul mio braccio. Si va a prendere la mia, sua, sigaretta. Lo fisso attenta. "Non hai risposto" mi dice sillabando. Balbetto "non ricordo la domanda".

Fa un altro passo verso di me ed ora c'è un metro a dividerci. Deglutisco cercando di non farmi prendere dallo sconforto. Perché mi sento così strana?

"Credi al colpo di fulmine?"

Abbasso gli occhi e giocherello con un anello.

"No, ma se tu l'hai provato con mia madre sono felice" dico sorridendo. Il sorriso più falso della serata, senza dubbio. Si morde la bocca ed abbassa lo sguardo. Il suo corpo è teso tanto quanto il mio e stare alla stessa altezza ci mette in difficoltà. Non c'è distanza in questo momento ed io sento, non so perché, di star deludendo mia madre. Forse vorrebbe una figlia capace di tener testa al suo ragazzo, forse mi vorrebbe più risoluta. Di solito lo sono, ma in questa circostanza così nuova provo solo un profondo e perpetuo disagio. Serve tempo. Ola me lo dice sempre. Ma mio padre è partito da tanto e lui non mi sembra in grado di sostituirlo. Come devo guardarlo? Come devo trattarlo? Questo mi chiedo. Cosa vogliono da me? Che sia il mio professore in aula e il ragazzo di mia madre in casa? Non è facile per una come me che tende ad avere una percezione univoca delle persone. Si gira verso casa e se ne va. Senza rispondere. Senza darmi la buonanotte. Mi stringo nelle braccia e mi coccolo un po'. I miei 18 anni sono una festa che ho presto voglia di dimenticare.

Resta: Il professore e l'alunnaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora