Capitolo XIII

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Girai la testa, era Cesare.
Quando mi vide si butto per terra stringendomi a sé.

C: «o mio dio, o mio dio, o mio dio, per fortuna ti ho trovata, dove eri?! dove cazzo eri?! mi hai fatto preoccupare così tanto, santo cielo stai bene? dimmi che stai bene, ti prego»
Io non parlai, continuai a piangere.
Senza dire una parola mi alzai da terra e scesi le scale del palazzo.
C: «dove vai?»

Non risposi, non avevo la forza di farlo, continuai a scendere.
Arrivata sotto presi di nuovo la moto e cominciai a guidarla, senza una meta, non sapevo dove sarei andata, ma me ne sarei andata, di quello ero certa, volevo scappare, andarmene, scomparire dalla faccia della terra per non soffrire e non far soffrire più nessuno.

Mi accorsi che Cesare era dietro di me, mi stava seguendo in macchina.
Accellerai ancor di più.
Ad un tratto gli occhi si fecero stanchi, le braccia pesanti, la testa mi girava.
Sentì un rumore fortissimo, delle sirene, poi nulla.

La mattina dopo

Mi risveglia nella camera di un ospedale, con una flebo attaccata al braccio destro.
Mi voltai verso sinistra, vidi Cesare che dormiva sulla poltrona accanto al mio lettino e Ale su di lui, abbracciati.

Una lacrima rigò il mio volto.
Perché io non potevo avere tutto quello?
Cominciai a piangere in silenzio ma, facendomi scappare un singhiozzo, svegliai i due ragazzi.

C: «ehi, ti sei svegliata» si strofinò gli occhi
A: «tutto ok?»
Io annuii
C: «sicura?»
Io: «potete andare se volete, io sto bene»
C: «verrà Nelson tra poco»
Io: «allora andate» dissi sforzando un sorriso
A: «no, lo aspettiamo, non ti lasciamo da sola»
C: «tra poco arriveranno i medici per farti una visita, ti ricordi qualcosa di ciò che è successo?»
Io: «le uniche immagini che ho in testa sono io che guido la tua moto e delle sirene dell'ambulanza, poi zero» risposi con un po' di difficoltà.
C: «va bene, chiamo i dottori e arrivo»

Cesare uscì dalla stanza e Ale si avvicinò a me con una sedia.

A: «cosa ci facevi a casa di Dario?»
Ecco, la domanda, la domanda a cui non avrei voluto rispondere
Io: «non lo so» finsi di non ricordare
A: «cos'è per te?»
Io: «chi?»
A: «Dario»
Io: «io gli voglio bene, è stato il mio migliore amico per un po' di tempo, poi è successo quel casino»
A: «solo bene? sicura di non provare qualcosa di più della semplice amicizia, del semplice "ti voglio bene?"»
Io: «credo...credo di si»
A: «Ele, pensaci, non è una risposta che puoi darmi così, su due piedi»

C: «Ale, possiamo andare, sta per arrivare Nels» ci interruppe entrando in stanza
A: «ok»
C: «se hai bisogno chiama subito! mi raccomando» si rivolse a me
Io: «va bene papà» ridacchiai

Uscirono dalla stanza, presi subito il telefono e scrissi a Nelson di non venire, non volevo visite.

Entrò, dopo una mezz'oretta un dottore con lo sguardo fisso su una cartella
Giovane, alto, magro, occhi grigio/azzurri, capelli castani.

Affascinante

Dottore: «buonasera sign-» non finì la frase che alzò lo sguardo
Dottore: «wow, finalmente una bella ragazza e non una delle innumerevoli signore anziane con problemi non "piacevoli" da curare per un dottore» rise
Io: «sorpreso?» gli sorrisi
Dottore: «non sono cose che succedono tutti i giorni diciamo»
Io: «cosa ha questa "bella ragazza", dottore?» sbuffai
Dott: «ti prego chiamami Giovanni, comunque ancora dobbiamo fare degli esami, sono qui per questo»
Io: «bene allora cominciamo?»
G: «certo!»

Mi fece vari controlli come l'esame del sangue, la pressione eccetera.
All'inizio non risultò niente di strano, solo un calo di pressione appunto, ma mi dissero di rimanere comunque in ospedale nel caso mi fossi sentita ancora male.

Una serie di sfortunati eventi //Space Valley//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora