Dal capitolo precedente:
O almeno, uno dei due "Fine".E se non fosse andata a finire così?
Facciamo un passo indietro.
Torniamo alla fredda mattina che nella mente di Ben aveva fatto riaffiorare il ricordo del compleanno di Joe.
Inizio flashback:
Quel giorno entrambi erano tornati alla propria abitazione con dei doni:
Il più grande, Joe, aveva ricevuto in dono un ritratto e il ricordo del sorriso imbarazzato di Ben.
E quest'ultimo si era portato a casa un maglione impregnato del profumo del moro e il ricordo della sensazione di avere le sue braccia magre attorno a sé.A entrambi i due ragazzi non importava molto dei presenti materiali: pensavano quasi unicamente a come conservare nel migliore dei modi il loro ricordo prezioso.
Fine flashback.
Ora riavvolgiamo velocemente tutta la storia a torniamo alla maledetta mattinata delle lettere.
E se Ben, dopo aver letto quella struggente lettera, avesse deciso di andare a cercare Joe?
Dopotutto, come ci insegnano i racconti migliori, quando si è innamorati si fanno cosa folli.Dovete sapere però che nella città di Liverpool, Ben non era l'unico a piangere per colpa di una lettera scritta dal moro.
Lui e Joseph si conoscevano da praticamente prima della loro nascita.
I suoi genitori si erano trasferiti lì da Bristol in cerca di fortuna e i primi che avevano incontrato erano i genitori di quello che ben presto sarebbe diventato un poeta.
Per lui Joe era come un fratello.Gwilym, questo era il suo nome, Gwilym Lee.
Era il classico ragazzo inglese d'aspetto:
Alto, alto come è l'Elizabeth Tower.
Aveva la pelle candida e a contatto con i dorati raggi del sole, messa in confronto con i suoi corti capelli bruni, sembrava ancora più pallida.
E gli occhi, punto forte dei britannici.
Erano talmente belli e particolari da poter essere considerati ineffabili: la loro spettacolarità non si poteva definire a parole.
E' curioso comunque come la parola "magnifico" tradotta in gallese sia simile, anche solo in modo lieve, al suo nome.Presto era diventato amico di Ben e anche lui lo vedeva come fratellino da proteggere.
Insieme, il moro e il biondo, si divertivano a chiamarlo nei modi più strambi per canzonarlo e lui si metteva a ridere, non si arrabbiava mai.Anche solo da questo piccolo fatto si capisce che Gwilym era una persona dalla mente molto aperta a grazie a questo piccolo, grande particolare Joe aveva deciso che lui sarebbe stato il primo con cui si sarebbe aperto.
E da quel momento in poi il povero Lee era in costante pensiero per lui, ma lo era maggiormente quando Joe e Ben andavano insieme, insomma, erano i suoi "piccoli fratelli"e lui voleva proteggerli dalla dura, meschina, crudele realtà di quel mondo dal pensiero ancora così arretrato.
Era un po' come la mamma chioccia del trio.
Inizio flashback:
Era un lunedì normale, di una settimana normale, di un mese normale.
Tutto era calmo...apparte due ragazzi coetanei che sballonzolavano a braccetto in giro per la città sembrando i soliti ubriachi che entrano al circolo per un bianchino alle dieci del mattino e se ne escono alle nove di sera dopo una giornata di bevute, ma loro due erano solamente di ottimo umore:
Ridevano e scherzavano a granvoce, più di un abitante aveva tirato loro addosso una secchiata d'acqua gelida per via del troppo fracasso che producevano.Ormai i vestiti zuppi ricadevano pesantemente su di loro e si appiccicavano ai loro corpi.
Era luglio inoltrato eppure tirava un fresco venticello che allietava gli animi accaldati dei cittadini.
Il mare non era tanto lontano da dove stavano loro, così decisero di andare sulla battigia per stendersi sotto i caldi e rinvigorenti raggi estivi.
Nessuno dei due aveva un fisico "da spiaggia", ma se n'erano altamente fregati di questo insignificante dettaglio e, tolti la maglia e i pantaloni fradici, si erano sdraiati al Sole come due lucertole che vogliono riscaldarsi
Gwilym dopo un po' aveva chiuso i suoi meravigliosi occhi azzurri ed era caduto in un rilassato sonno.
Dormiva così solo quando era in compagnia di Joe.
Da solo non riusciva ad addormentarsi: o pensava troppo alla sua vita e si sentiva incredibilmente solo o continuava a fare incubi.Joe non sopportava il silenzio, lo trovava snervante.
Anche quando componeva le sue poesie preferiva stare in mezzo alla gente.
Lui voleva sentire la vita:
I rumori dei passi o della corsa;
Le chiacchiere delle donne quando si ritrovavano per l'appuntamento settimanale al mercato e si raccontavano i vari pettegolezzi:
O la risata pura e cristallina dei bambini; Quelle risa che ti riempiono il cuore e ti svuotano la mente; Una risata spontanea, mai falsa.
A Joe piaceva sentire questi suoni, lo facevano sentire parte di quel mondo.Eppure non si spiegava ancora come potesse essere così tanto amico con Gwilym: era il suo esatto opposto.
A lui non piaceva particolarmente il rumore: appena stava troppo tempo in mezzo al caos gli veniva un forte mal di testa.
Gli piaceva stare sulle sue, al silenzio.
Quando non doveva studiare prendeva un libro e andava nei campi silenziosi a leggere il suddetto.
Ma non c'era mai un assoluto silenzio e a lui andava bene.
Mentre leggeva le sue orecchie percepivano il cinguettio armonioso dei passeri che planavano sopra al suo capo e andavano a depositarsi nel loro nido sugl'alberi all'ombra.
Ascoltava, in estate, il canto allegro delle cicale e l'acqua, che con la sua immensa calma, scorreva negli antichi canali, accarezzando i piccoli ciottoli e andava ad abbeverare le alte e bionde spighe di grano.Ma torniamo a quello che stavano facendo i due ragazzi.
Joseph non si era accorto che l'amico si era addormentato.
O meglio, se n'era reso conto solo quando gli aveva posto una domanda e non aveva ricevuto risposta.Si era grato nella sua direzione e il suo sguardo nocciola aveva incontrato le palpebre chiuse del ragazzo.
Il ragazzo sapeva ormai da qualche tempo della sua sessualità, ma non ne aveva parlato ancora con nessuno a causa della paura dei giudizi altrui.
Bloccato in quella posizione, girato verso di lui, aveva iniziato a scrutarlo:
Lo trovava bello, ma questo lo aveva sempre pensato: la mascella squadrata era coperta da una leggera barba mora e a Joe piaceva, da morire.
Pensava che la sensazione di quella corta peluria tra le dita fosse paradisiaca, come la sensazione che poco tempo dopo provò nel passare le mani nei capelli di Ben.
I due trovavano strane queste effusioni tra amici, insomma, lì non si usava, ma sapevano che Joe aveva origini italiane e che quindi aveva la tendenza a volere più contatto fisico con le altre persone invadendo così il loro spazio vitale.
Eppure a loro non dispiaceva in fondo.
Perché sì, la sensazione delle mani del poeta su di loro era piacevole, anche se il più grande dei tre era restio a mostrarlo.
Le labbra, custodi di parole mai pronunciate e di sentenze non espresse, erano normali, non troppo piccole, non troppo grandi ed ora erano socchiuse a formare un piccolo cuoricino per facilitare la respirazione del suo improvviso e quieto sonno.
I capelli erano sempre in ordine, come quelli di Joe ed ora erano mischiati a qualche granello di sabbia che, trasportato dal vento, sei era proprio depositato in quel punto fastidioso.Aveva incominciato a sussurrare parole sconnesse nel sonno quali come "bacino...", "ventre..." o "prima 206 e poi 207..." e il ragazzo più piccolo non aveva potuto far niente per trattenersi dalle risate.
Chissà cosa stava sognando, su questo si stava interrogando Joe.Poi, come fecero Adamo ed Eva, attirati da qualcosa di proibito, Joe si era sporto di più verso il suo viso e aveva appoggiato delicatamente le labbra su quelle di Gwilym dando vita ad un piccolo e innocente bacio.
STAI LEGGENDO
L'amore è un'arte
RomanceJoe e Ben, entrambi artisti, sono migliori amici, ma ci sarà una svolta, che in un giorno, cambierà le vite di tutti.